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Quanta russofilia, e russi in Italia
Molti socialisti,
e molte donne ed ebrei, categorie cui l’accesso all’università era vietato in Russia,
presero a fare gli studi a fine Ottocento in Italia, i più a Napoli, Torino e Pisa.
Nel marzo del 1913 Gork’kij e gli altri russi di Napoli-Capri potevano ideare un
“Primo congresso delle organizzazioni russe culturali, sociali ed economiche in
Italia”, che si tenne a Roma, in una biblioteca russa, la “Leone Tolstoj”, che
allora esisteva, in via Sistina. Molto poi si farà per gli esuli della
rivoluzione d’Ottobre, isolati rispetto ai grandi centri dell’emigrazione,
Berlino, Parigi, Londra, ma presto e bene inseriti.
Antonella D’Amelia,
che ha coordinato una serie di progetti Prin dedicati ai russi in Italia, e ha
pubblicato a Mosca tre anni fa, insieme con Daniela Rizzi, l’enciclopedia “La
presenza russa in Italia nella prima metà dell’Ottocento”, raccoglie qui nove
ricerche, dettagliate e ottimamente raccontate, di grande lettura, su varie
attività e vari personaggi della cultura russa attivi in Italia nel primo Novecento.
Le esposizioni internazionali in voga a Fine Secolo, fine Ottocento, e i
padiglioni russi nelle esposizioni italiane, fino alla rivoluzione d’Ottobre.
Come Torino diventò la “capitale del cinema” italiano, attrazione irresistibile
per i russi. Lo straordinario torinese Riccardo Gualino, artefice di mille iniziative,
compresa una “Nuova Pietroburgo” in Russia prima delle fibre sintetiche in
Italia – che Mussolkini non eviterà di mandare al confino a Lipari. Il Sud come
“cartografia fantastica”, specie Napoli, Capri, Sorrento e la Calabria. Le più
ampie, e finora uniche, ricerche e ricostruzioni della scena tearale italiana
tra le due guerre, così vivace, e di interesse vasto, si direbbe popolare,
sebbene innovativa, di ricerca. Soprattutto a Roma: attorno ai Bragaglia (la
Casa d’arte e il Teatro degli Indipendenti), al Teatro d’Arte di Pirandelo, a
Rosso di San Secondo, e ai tanti artisti russi che hanno movimentato le scene:
Pëtr Šarov, Tatiana Pavlova, Jia Ruskaja, Ivan Mozžuchin, i Pitoëff (una prima vindication
dei Pitoëff, si può aggiungere, il regista e l’attrice, bizzarramente
dimenticati nelle storie del teatro, che tanto hanno fatto tra l’altro per il
teatro italiano a Parigi nel dopoguerra, soprattutto Pirandello, e ancora negli
anni 1960). Il pittore armeno Sciltian. Il Teatro Romantico Russo. I Sacharov –
teatranti. Il teatro ebraico Habima. Nella russofilia tra le due guerre, specie
negli anni 1920, prima che anche nella cultura Mussolini privilegiasse l’autarchia.
Con molti à coté
interessanti e importanti. Il recupero di Respighi, attraverso le sue
fortune tra i russi e in Russia. Il ripescaggio di Ruggero Vasari e Vinicio
Paladini. Una ricerca è dedicata alla diaspora ebraica dopo la rivoluzione, a Trieste
e altrove. Il ruolo della Casa d’arte Bragaglia e del Teatro degli
Indipendenti, sempre targato Bragaglia, una storia di cui capita di sentire parlare
ma della cui proiezione, nella capitale e in Italia, non c’era ancora una rappresentazione
altrettanto significativa.
L’arte russa in
Italia è anche, di scorcio, una rassegna degli eventi artistici delle città italiane
che ne videro la parteciapzione, a Fine Secolo e primo Novecento. A Torino in
particolare, ancora un po’ capitale, e a Roma. Ancora in piena guerra, fino al
1917, Stravinskij annota nelle “Cronache della mia vita” una concentrazione a
Roma di artisti russi “sbalorditiva” – compreso lui stesso, a Roma per collaborare
alla lunga tournée dei Balletti Russi di Djagilev, che il 7 maggio al Teatro
Costanzi, l’Opera di Roma, a una festa per il coreografo Leonide Massin,
dirigecva brani dei suoi “Petroushka” e “Oiseau de feu”, e il poema “Fuochi d’artificio”.
“Artisti e
scrittori nell’Italia del Novecento” è il sottotitolo. Una ricostruzuione
letteraria (artistica), e insieme da social scientist, da critico
culturale. Un omaggio anche alla cultura italiana, viva, e di notevole attrazione
internazionale, negli anni fino alla seconda guera mondiale. Attorno al futurismo
e non solo – aperta a molte innovazioni. Un recupero corposo e prezioso di personalità
e epoche perdute o trascurate nelle sroie del Novecento it aliano. Per la
russofilia, “un altro aspetto dominante nella cultura dei primi anni Venti,
quando artisti, danzatori, musicisti, registi e attori russi invadono non solo
le ribalte dei grandi teatri (Costanzi, Quirino, Valle), ma anche i teatrini di
varietà e i cabaret (Apollo, Salone Margherita), immettendo nel teatro italiano
echi e suggestioni delle coeeve esperienze russe”. E per la vivacità dell’innovazione,
non ancora per un pubblico d’eccezione come ora avviene, ma come “fatto di
cronaca”, di discussione, di seguito largo.
Una rierca che gli
eventi hanno reso controcorrente. Ma di una realtà, la forte attrazione che
Roma e l’Italia ha esercitato su artisti e letterati russi, che ha trasceso
altri esocali eventi.
Con molti “quadri”
dell’Italia stessa negli stessi anni, vivacemente rappresentati. Di Roma agli
inizi del Novecento, di Torino che diventa la capitale dell’innovazione
(cinema, radio, telefono), della passoione per le Expo. Le meraviglie del
palazzo Stroganov, all’incrocio di via Sistina e via Gregoriana a Roma, di una
collezione orientale che fu famosissima – col romanzo del conte Stroganov, “che
possedeva miniere d’oro negli Urali, grandi latifondi, e fabbrche di vodca”, ed
“era il mecenate della colonia russa romana”. Molto D’Amelia ricava dalle memorie
del principe Volkonskij, centrali per la storia di Roma, bizzarramente non tradotte.
Il “romanzo” di Gor’kij, a Capri e a Sorento, con personaggi altrettanto fantasmagorici,
il poeta Zubakin, rosacruciano (della sua loggia “Stella” a Minsk faceva parte
Ejzenštejn). Il romanzo di Gualino. Lo sucltore Konënkov, la cui moglie è una
spia sovietica, e nella successiva emigrazione in America innamorerà Einstein e
Oppenheimer, per carpire segreti sulla bomba atomica. La spia “Elena Ferrari”,
al secolo Ol’ga Fedorovna Revzina, ufficiale combattente contro la controrivoluzione
in Russia, mutilata in guerra di un dito della mano sinistra, già in missione
in Turchia e a Berlino, che a Roma innamora mezzo futurismo. Oltre ai personaggi
più noti, Jia R uskaja, Tatiana Pavolova, Šarov, riproposti a figura intiera.
Una serie di racconti
mirabolanti, ma di una realtà che era essa stessa mirabolante – inconsueta, innovativa.
Registro anche, e testimonianza, delle radici europee della Russia, quella
zarista e quella sovietica. Una raccolta insieme storica e, si spera, seminale.
Di innumerevoli figure e filoni in larga parte ancora da arare. Di un mondo
molto colto, molto europeo. Molto presente per almeno un secolo nella cultura
italiana, direttamente e indirettamente.
Con una decisa
rivalutazione del futurismo in medias res, tra scenografie, costumi, musiche,
testi. Dell’impatto che Marinetti aveva avuto sulla giovane cultura russa,
poetica, pittorica e musicale.
Con una
documentazione fotografica ricchissima, e “inedita”: di persoanggi, scene e
costumi teatrali, pitture e sculture. L’indice dei nomi va su due colonne per
oltre venti pagine.
Antonella
D’Amelia, La Russia oltreconfine, Carocci, pp. 375 € 39
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