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lunedì 30 ottobre 2023

Il mondo com'è (467)

astolfo


Ignatius Sancho
– È stato il primo africano a esercitare il diritto elettorale in Gran Bretagna, nel 1776. Schiavo affrancato, negoziante di coloniali, musicista, polemista, per l’abolizionismo, in innumerevoli lettere, e in due drammi.
Era nato nel 1729 su una nave negriera in rotta verso l’America. La madre morì subito dopo l’arrivo al mercato di destinazione, nella Nuova Granata, la colonia spagnola oggi suddivisa fra Colombia, Ecuador, Panama e Venezuela. Il padre si suicidò subito dopo. Il gentiluomo cui il bambino era stato venduto se lo portò con sé a Londra – Ignatius, così battezzato da nome del vescovo spagnolo, aveva due anni – e lo lasciò in affido a tre sorelle di Greenwich. Che lo soprannominarono Sancho perché così si immaginavano il Sancho del “Don Chisciotte”. Con loro Ignatius visse per diciotto anni. Alla maggiore età passò nelle case di Lord Montagu (John Montagu, secondo duca di Montagu), un gentiluomo che frequentava le tre sorelle di Greenwich, e aveva provveduto a fargli apprendere lettura e scrittura, consigliato personalmente le letture da fare, avendo rimarcato nel giovane africano una forte disposizione alla letteratura.
Ignatius servì in varie case dei Montagu come maggiordomo. Nel 1768 Thomas Gainsborough ne fece il ritratto, tra una posa e l’altra di Lady Montagu per il suo proprio, famoso, ritratto. Ebbe anche la possibilità di sposarsi, con una giovane africana delle Indie Occidentali – con la quale avrà sette figli. E nello stesso 1768 scrisse una lettera presto famosa a Lawrence Sterne, per invitarlo a unirsi al movimento abolizionista – Sterne fu sorpreso dalla coincidenza, poiché stava scrivendo una scena a Lisbona che era dispiaciuta al suo viaggiatore, di disprezzo verso un africano, rispose eloquentemente a Ignatius, e rese pubblico lo scambio. Ignatius divenne così un personaggio pubblico.
Lord Montagu lo aiutò anche ad affrancarsi, come commerciante, con un suo proprio negozio di coloniali. Ignatius divenne presto parte prominente del movimento abolizionista della schiavitù, con varie pubblicazioni letterarie (saggi, drammi), e lettere a giornali – firmate talvolta “Africanus”.
Il negozio gli servi anche come salotto, che personaggi in vista frequentavano: lo stesso Gainsborough, l’attore shakespeariano David Garrick, il violinista torinese Felice Giardini, molto famoso a Londra, tra gli altri. Ignatius si dilettava infatti anche di musica – autore di una “Theory of Music” di cui però non resta traccia, e di quattro collezioni a stampa di canzoni e danze.
In quanto “provvisto di mezzi propri”, aveva il diritto di votare, e lo esercitò, nel 1776 e nel 1780 – l’anno in cui morì. Divenendo per questo molto popolare, come “lo straordinario Negro”, etichettato come il primo africano a esercitare il diritto di voto. 
 
Newgate Calendar
– Era il bollettino inglese delle esecuzioni capitali. Mensile, inizialmente pubblicato dal direttore della prigione londinese di New Gate. A metà Settecento la testata fu piratata da piccoli editori che vi pubblicavano chapbooks, brevi storie, molto colorite, di crimini e criminali per qualche verso famosi, specie per la crudeltà. Pubblicazioni economiche, che presto divennero le più diffuse.  
 
Red Letter Scare
– Il panico della “lettera rossa”, si diffuse a Londra nel 1924, alla vigilia delle elezioni parlamentari. Una lettera da Mosca che sarebbe stata scritta e inviata da Zinov’ev, in qualità di presidente dell’Internazionale Comunista, al Comitato Centrale del partito Comunista britannico per incitarlo a un’attività di agitazione a fini di sovversione politica. Una lettera pubblicata dai giornali con grande clamore quattro giorni prima del voto, che allarmò molto il pubblico, suscitando un’ondata di repulsione contro il laburismo, oltre che contro il partito Comunista. Un documento fabbricato, probabilmente dal Secret Intelligence Service britannico (Sis), per favorire il partito Conservatore al voto – che poi vinse, contro le previsioni.
 
Ruggero Vasari
– Immaginava un secolo fa una sorta di intelligenza artificiale. Si ricorda per essere stato, con Vinicio Paladini, l’artefice dei contatti stretti fra la cultura italiana e quella russa nei primi decenni del Novecento. Autore di drammi futuristi espressionisti, ebbe uno spicchio di notorietà con “L’angoscia delle macchine”, un dramma che prefigurava l’universo totalmente meccanizzato di molte distopie successive.
A Berlino nel 1923 conobbe e frequentò la poetessa Ol’ga Fëdorovna Revzina, che l’anno dopo sarà inviata da Mosca a Roma - era una spia – all’ambasciata sovietica, e sarà da lui introdotta negli ambienti delle avanguardie artistiche , il Teatro degli Indipendenti dei Bragaglia, i circoli, le riviste  – con lo pseudonimo di “Elena Ferrari” il “colonnello” Revzina divenne anche poetessa di nome.
 “Poeta, drammaturgo e gallerista cosmopolita, Vasari frequenta gli ambienti dell’avanguardia di Berlino e Monaco all’indomani della Prima guerra mondiale, fungendo da vero e proprio ambasciatore del futurismo italiano all’estero e ponendosi come ponte culturale con circoli espressionisti” (Antonella d’Amelia, “La Russia oltreconfine”, 117-118). A Berlino, luogo di transito dopo la rivoluzione d’Ottobre di scrittori e artisti russi (Šklovskij, la futura Esa Triolet, Remizov, Belyi, Erenburg, Berdjaev, Bulgakov, molti esiliati sul “piroscafo dei filosofi”), animato da molte avanguardie artistiche dopo la sconfitta, Vasari animò nel quartiere di Charlottenburg la galleria d’arte Casa  Internazionale degli Artisti, ispirata al modello berlinese della Casa delle Arti russa, e vi espone Boccioni, Depero, Prampolini, Pannaggi. Fondò e diresse il periodico “Der Futurismus”, per sostenere il primato del futurismo italiano nell’innovazione teatrale e dell’architettura scenica. Mentre per la rivista “L’impero” mandava corrispondenze approfondite sulle avanguardie russa, tedesca e francese. Nel 1922 aveva organizzato a Berlino, a marzo, una mostra che fece epoca, “la Grande Mostra Futurista”, al Graphische Kabinett, una elegante galleria sul Kurfürstendamm, dove ai futuristi italiani aveva affincato artisti di altri paesi, specialmente russi. Vera Idel’son vi aveva esposto un quadro astratto, intitolandolo “Compenetrazioe  degli io del poeta Vasari”.
Con Vera Idel’son Vasari avviò un rapporto stretto, coinvolgendola in numerose iniziative futuriste. Soprattutto a Capri. Dove nel 1924 organizzò al Quisisana una rappresentazione  di “teatro sintetico” con Marinetti rimasta negli annali per i fischi. E l’anno dopo, sempre al Quisisana, un “Superbalfuturista”, sempre con Marinetti, che invece divertì.
È attorno a “L’angoscia delle macchine” che raggiunse notorietà negli ambienti teatrali, e più inteso il rapporto con Vera Idel’son. Nel 1924 “L’angoscia delle macchine” doveva andare in scena al Dramasticher Theater di Berlino, regista Fred Antoine Angermayer, costumi e scene di Vera Idelson, ma il teatro fece bancarotta prima. Idel’son allora adattò scene e costumi per la VolksBühne, il teatro del popolo, ma il progetto poi abortì (bozzetti e costumi saranno pubblicati l’anno dopo dal periodico d’avanguardia “Der Sturm”, con un numero speciale dedicato al dramma di Vasari). Idel’son non si diede per vinta: essendosi spostata a Parigi nel 1926, il 27 aprile 1927 metteva in scena “L’angoscia delle macchine” al teatro Art et Action. Con due recensioni entusiaste: una su “L’Impero”, anonima ma molto ampia e in stile Vasari, e una, anch’essa entusiasta,  a firma Giuseppe Mazzesi, su “La Gazzetta”, il giornale di Messina, di cui Vasari era originario. “Ampliando il diapason tematico dei drammi di Karel Čapek (“R.U.R”, 921) e Romain Rolland (“La Révolte des Machies”, 1921) e del film muto italiano “L’uomo meccanico”, 1921, Vasari descrive un mondo del futuro meccanizzato , in cu su una stazione aerospaziale tre despoti, Bacal, Singhar e Tonchir, dominano un regno delle macchine e un popolo di robot” (Antonella d’Amelia, cit.).
Oltre che di Idel’son, si deve a Vasari anche l’avvicinamento all’arte italiana di Niklaus Strunke, l’artista lettone che, a Berlino con una borsa di studio del suo paese, è convinto da Vasari a studiare e operare in Italia.  
Su wikipedia Vasari vanta la bio più scarna, una riga – legarlo alla nobile famiglia Basile-Vasari di Santa Lucia del Mela (Me).

astolfo@antiit.eu

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