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venerdì 8 marzo 2024

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (553)

Giuseppe Leuzzi
“«Troppi 100 e lode al Sud». E il governo fa integrare il diploma con i test Invalsi”. Cioè con dei test in cui Milano fa meglio del Sud alla maturità.
È un titolo di giornale che sembra uno scherzo, e invece è un decreto. Ci sono programmi per le scuole e norme per gli esami, ma il governo del Ponte fa una legge speciale razzista – l’ha fatta sabato scorso, senza dirlo a nessuno.
 
È costante nelle graduatorie della felicità (soddisfazione, benessere….), anche non settentrionali, “di organismi indipendenti”, la prevalenza dei paesi nordici – in Europa. Perché sono basate sull’autostima:  si chiede agli abitanti di ogni paese se sono soddisfatti, di questo o quel servizio, o condizione. Un olandese si dirà soddisfatto del suo sistema sanitario anche se per essere accudito da un’ambulanza o un pronto soccorso bisogna essere in fin di vita (vero). Mentre un italiano si dirà insoddisfatto. L’autostima è metà del successo – del benessere.
 
Il governo Andreotti del 1989 lo storico Barbagallo diceva (“Napoli fine Novecento. Politici, camorristi, imprenditori”, 1997) “il più meridionale” della storia d’Italia, “perché metà dei ministri sono meridionali”.  Dopo aver detto – fatto dire a Paolo Cirino Pomicino – una trentina di pagine  prima: “In cinque anni abbiamo avuto più fondi per Napoli che in cento anni di unità d’Italia”.

Il Sud non ha un centro

Il presidente della Regione De Luca il 16 febbraio porta i sindaci della Campania a Roma contro il governo: “Non ci dà i fondi Pnrr”. Il governo risponde per bocca del ministro Fitto, pugliese, che manca la lista dei progetti da finanziare, che la Regione Campania doveva fornire. Fulmini di De Luca. Che però il 29 manda infine la documentazione necessaria.
Tutto fuorché lavorare – un poco.
Sui fondi Pnrr il De Luca inadempiente però non si risparmia l’ultima parola: “Siamo in battaglia, è il  destino del Sud”. Ma è un altro equivoco: la Sicilia è difficile che si identifichi con Napoli – anche la Calabria (e forse neppure la Puglia). Anche sui capipopolo, che a Napoli invece piacciono  - un po’ smargiassi (non mandare la documentazione, e protestare).
Il Sud è molto diverso – e semmai nutre verso Napoli più rancori che verso Torino.
Napoli è una metropoli. Meridionale, è la città più grande del Sud, ma non la metropoli del Sud.
Il “Sud” è un concetto geografico, non ha un centro, sociale, politico.
 
L’amore di sé
“Pure cotali regioni sono misera stanza di sterilità e di fatica; contorte e scapigliate le arborature, umili e cadenti le case, disadorne vi appaiono le chiese, meschini e quasi accozzagli del caso  i villaggi; ma sopra tanta apparent deformità si spande invisibile, e attragge l’animo senza passare per gli occhi, una cert’aria di pace serena che non abita le champagne più ubertose e fiorenti”. Non lesina entusiasmo Ippolito Nievo, in apertura del racconto giovanile “Il Varmo”, il piccolo affluente di pianura del Tagliamento che ha formato una landa pietrosa, per la “sua” terra. Bella facendo anche la povertà, della natura.
Tutti i particolari che descrive sono poveri, e scintillanti: “Là pertanto dalla nitida ghiaia sprizzano ad ogni passo le limpid perenni fontane, e di sotto alla siepe sforacchiata dal vento effondesi un profumo di viole più delizioso che mai, e per l’aria salubre e trasparente piove da mane a sera il canto giocondo delle allodole; là pascolano armenti di brevi membra e sottili che morrebbero mugolando innanzi alle colme mangiatoie della bassa….”.
Il sottosviluppo è psicologico, prima che di risorse. Di gente in pace con se stessa.
 
La squalifica del Sud è recente, è unitaria
C’è una faglia nella letteratura del Grand Tour, dei viaggiatori in Italia che raccontavano i propri viaggi – un filone letterario cospicuo: l’unità d’Italia. Dapprima l’Italia è uguale: rovine, vino, nobiltà, avventura, se non altro un po’ di pittoresco. Con l’unità si moltiplicano i viaggiatori al Sud, soprattutto donne, attratti dall’impresa e dal mito di Garibaldi. E qui comincia, con molto buon cuore, la squalifica del Sud. Tante “milady”, anche se mezze calzette al loro paese, chaperonate normalmente da gentiluomini savoiardi, conti, prefetti, ufficiali, trasformano l’orrido, la natura selvaggia, in orrore, sudiciume e bestialità.
Al Sud era venuto anche Dumas, che ne scrive, ne continua a scrivere, come di ogni altro luogo e popolo. Ma saranno pochi come lui, due o tre, Gissing, Norman Douglas. Non ci sarà più luce al Sud.
Prima non era così. Il Sud era visto com’era, ricco e povero, abitato da gentiluomini e da diavoli, e da poveri diavoli. Pittoresco, cioè “strano”, cioè “diverso”, ma non il mondo del male. Prima si possono suddividere i viaggiatori memorialisti in tre categorie, a seconda che al Sud si trovino: come altrove (Courier, Custine, Dumas), in un mondo diverso ma stimabile (Edward Lear), a disagio. Poi, apertosi il Risorgimento, venne la squalifica del Sud. Per motivi politici, che nelle loro espressioni più alte sono palmerstoniani. Ma dopo Teano diventano imperialisti.
Il parallelo è sconvolgente fra la squalifica del Sud nel 1860-1865 e la “squalifica del negro” nel Cinque-Seicento. Le varie “Milady”, incongrue più che avventurose viaggiatrici nell’Italia del  S ud post-unitario riunisce le due esperienze: potrebbero essere palmerstoniane (oggi si direbbero – un marxista le direbbe - agenti di Palmerston, di Londra, degli Usa) riciclate – prestate ai Savoia per creare l’immagine dei Savoia, delle infuencer in concept.
La squalifica del Sud riproduce in tempi ridotti, concentrati, quasi fulminei, la squalifica del negro, se non è scorretto usare la parola – dell’africano nero. Gli africani non hanno costituito una meraviglia (una meraviglia negativa) fino a una certa epoca. Nella storia d’Europa, fino alla Bibbia compresa, s’incontrano regine nere, principi neri, amanti nere, madonne nere - di un colore diverso ma normale. La squalifica dell’Africa comincia col proselitismo (le conversion in massa, le missioni) e con le piantagioni. Con l’economia coloniale dell’America, che sfruttava i neri perché in quell’epoca  venivano razziati nel Golfo di Guinea, dal Senegal all’Angola, dagli arabi e dagli stessi potentati neri – la razzia era un’arma, a fini di riscatto o di vendita. I missionari non erano razzisti, non discutevano se gli africani avessero un’anima, e tuttavia erano corrivi.
Non furono, e non sono, i missionari le  menti e l’anima più eccelse del mondo cristiano. Normalmente erano , e sono, persone prestanti fisicamente, di spirito semplice, senza grandi bagagli o bisogni culturali. Sempre attoniti di fronte alla diversità, che non si spiegano. Sono all’origine della favola  “però, sono buoni”. Anzi, della favola dell’africano “bambino cresciuto”. Ma non sono stati i soli – con i mercanti di carne umana – a squalificare l’Africa. Con alcuni scrittori, d’inventiva corriva e ripetitiva. E qualche papa, p.es. quello delle “diez mil toneladas de negros” che si potevano commerciare, Alessandro IV Borgia.

I missionari più intelligenti, i gesuiti, nel 1575 la pensavano così – in un  rapporto citato da Tacchi Venturi, “Storia del Compagnia di Gesù in Italia”: “Le montagne della Sicilia e della Calabria sarebbero indicate come luogo di noviziato per i missionari delle Indie. Chiunque sarà riuscito nelle Indie di casa nostra (de acà nell’originale, n.d.r.) sarà eccellente per le Indie lontane”. Ancora nel Seicento il Sud fu “las Indias de por acà”. Però senza condanna, come una cosa diversa, difficile da conquistare.

Il Sud come Indie deve molto ai gesuiti, che vi s’inventarono missionari. Non avevano il coraggio d’imbarcarsi, ma non volevano restare indietro a Francesco Saverio e Matteo Ricci. “Queste Indie di qui”, si scrivevano, “queste montagne della Sicilia sono Indie”, “India italiana”, “Indie d’Abruzzo”, “Indie di Calabria”, “in queste Indie”. Ma non dissimilmente pensavano di altri luoghi e altre popolazioni – i gesuiti sicuramente sono superbi. La squalifica del Sud  altra cosa, è totale e irrimediabile, ed è recente, postunitaria.


Cronache della differenza: Napoli

In “Napoli fine Novecento” Francesco Barbagallo, che vent’anni dopo celebrerà “Napoli, Belle Époque”, nota in apertura: 1973, c’è la crisi del petrolio, a Napoli c’è il colera.

Napoli record, della Rca evasa, l’assicurazione auto obbligatoria, dei premi Rca più cari, delle liquidazioni danni automobilistici più ricche. Da un capo all’altro, non c’è limite allo spregio, col beneficio della corruzione.

Ha, da sempre, il record dei veicoli non assicurati, e il record della Rca più alta. In ragione delle tante truffe alle assicurazioni.  Si direbbe una pena autoinflitta, ma non per caso.

“Sono oltre 500 mila le imprese attive in Campania” – “Corriere della sera – Economia”. Con  eccellenze nella logistica, la farmaceutica (biotecnologie), spazio, “con un ecosistema particolarmente innovativo per il Paese”. Più i settori tradizionali, agroalimentare (“nel 2022 il valore delle esportazioni regionali ha superato i 10 miliardi, con un aumento del 30 per cento rispetto al 2012”), e turismo. Cosa manca alla Campania per definirsi una regione industriale? La cultura, si direbbe – la cultura della produzione e della promozione, invece che del “colore”, il caffè, la piazza, la canzone, e la camorra.

Il “delegato” di Polizia a Milano, napoletano, è “il mussulmano” per i personaggi milanesisssimi di Gadda, “Un fulmine sul 2002”, 21: chiamato a dirimere una confusa questione parentale, “il mussulmano inverdì, pareva un califfo che avesse colto un infedele nell’harem…Malano era più forte di lui” – Malano.


Un onorevole spara a Biella e la notizia è:  neanche a Napoli. È una notazione razzista (leghista), il presupposto. è che a Biella tutti sono belli-e-buoni, anche i fascisti. Ma è, dovrebbe essere, attestazione di uno status speciale, la metropolis Napoli, con tutti i suoi san Gennaro, e le sue baraonde per lo scudetto, è probabilmente la citta italiana più innovativa, anche tecnicamente, e cosmopolita, più capace di assorbire, e di adattarsi.

leuzzzi@antiit.eu


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