Cerca nel blog

lunedì 22 settembre 2008

Si parla di fascismo per non dire sovietismo

Ritorna curiosa, ma sempre col suo surrettizio significato, la questione se l’Italia sia al fascismo. O con l’“eterno fascismo” degli italiani tirato in ballo da Piero Ignazi, collaboratore del “Sole 24 Ore”, sul n.3 del “Mulino” col saggio “La Destra trionfante”. Oppure con la questione del fascismo, se sia “male assoluto”. Entrambi gli aspetti li risolleva Paolo Mieli, lo storico direttore del “Corriere della sera”, pubblicando sabato 20 una scheda al vetriolo di Giuseppe Galasso sullo scritto avventurato di Ignazi, vecchio di cinque mesi, mentre nella pagina delle lettere il curatore Sergio Romano entra diretto nella questione del “fascismo male assoluto”. Espressione che fa risalire al viaggio di Fini a Gerusalemme, e quindi a un motivo politico continente, e dice “priva di qualsiasi rilevanza storica e un po’ troppo enfatica”. Portando a sostegno le considerazioni “contenute in una lettera di Norberto Bobbio al filosofo Augusto Del Noce del 18 gennaio 1980,… pubblicate in un numero della rivista "Micromega" dell'anno seguente” (la lettera è in realtà del 1989, la pubblicazione del 1990). Bobbio, esperto di scienza politica, e uomo prudente, vi si esprime contro l’assolutizzazione, del fascismo come della democrazia.
C’è un pizzico di irrisione nella polemica, in carattere con l’estrema autonomia intellettuale di Mieli. Ma è una polemica ambigua – ridicola - al quadrato: si vuole impedire al fascismo di essere fascismo? Il fascismo rivendica il totalitarismo.
C’è da sospettare quando s’imbordellisce l’attualità con la storia - Berlusconi è abbastanza Berlusconi per doverlo fare fascista. E' il seguito dell’equivalenza tra Resistenza e Salò? La convergenza di Violante e di Alemanno, per semplificare, si sa che è intesa al solito reciproco riconoscimento con assoluzione dei due totalitarismi. La verità dell’attualità sarebbe semplice: siamo tutti antifascisti, l’Italia si è vaccinata con il disastro della guerra, se non con l’abiezione delle persecuzioni. E allora?
Allora, il sospetto deve avanzarsi che si parla di fascismo e antifascismo per non parlare di sovietismo. Che l’Italia non ha cancellato. Il totalitarismo da cui ci dobbiamo difendere non è il fascismo ma il sovietismo, che è più spesso un mondo chiesastico, quando non è ex Pci: quello che non si vuol dire è che l’Italia è un paese sovietico per troppi aspetti.
In un saggio per la rivista di Assisi “Rocca”, anticipato sul sito di “Micromega”, Raniero La Valle argomenta che “certo il fascismo non tornerebbe con le camicie nere e l’olio di ricino (oggi si usano le spranghe), ma al di là delle forme, c’è un contenuto profondo del fascismo, un classismo ontologico, un’antropologia della disuguaglianza, una concezione esclusivista del potere, un primato della forza e, non ultimo, un culto del denaro, che fanno del fascismo un archetipo politico che sottende e può esplodere in qualsiasi società”. Tutto questo però non è fascismo, ha solo le stigmate del deprecato liberalismo.
Ma anche nel pensiero avulso di Assisi i punti di contatto dell’Italia di oggi col sovietismo dovrebbero risultare più numerosi e insidiosi che non quelli di La Valle col fascismo. L’inefficienza pubblica eletta a sistema e protetta dal sindacato, inclusa la giustizia, un mercato opaco, controllato nel solo interesse del capitale, un’informazione non veritiera (più di quella di Berlusconi, giacché esprime governi che perdono le elezioni), la strafottenza dei pubblici poteri, dalla spazzatura agli acquedotti, la minuta corruzione, dagli appalti all'orario di lavoro. Con un governo politico di destra ma con un apparato istituzionale, quello che assicura la continuità, sicuramente di sinistra: il presidente della Repubblica, i capi della Rai, della Corte Costituzionale, del Csm, di quasi tutte le autorità di controllo del mercato, della Banca d’Italia, delle banche, dell’editoria, del sindacato politico, una nomenklatura, una casta?, più spesso non edificante.

Nessun commento: