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lunedì 25 gennaio 2010

Le filosofe dissolvono la Nazione

Tradotto in francese “L’Etat global”, ha come titolo originale “Who sings the Nation-State?”, un po’ spregiativo, del genere “chi se ne frega dello Stato-Nazione”. Butler e Spivak, specialiste di letteratura comparata (una specialità di cui in precedenza Spivak aveva decretato paradossalmente la morte, ma forse voleva dire la rifondazione) a Berkeley e alla Columbia di New York, discutono allegramente in seminario il breve saggio del 1951 di Hannah Arendt “Il declino dello Stato nazione e la fine dei diritti dell’uomo”, in parallelo con le politiche attive degli anni 1930e successivi di apatridia, di privazione della cittadinanza. Butler, californiana e quindi bilingue, che i latini sans papiers vorrebbe al governo in Usa, rileva “un ethos antidemocratico in Arendt”, che la libertà considera non “una capacità naturale” ma piuttosto un esercizio. E quindi in Agamben, che, in "deriva schmittiana", ipotizzerebbe una impossibile “vita nuda” al di fuori della politica. Entrambe valutano poco il neo costituzionalismo di Habermas, dell’Unione europea come “democrazia cosmopolita”. Ma poi Spivak, la post-neo-marxista benemerita del concetto gramsciano di “classe subalterna”, si abbandona a tante habermasiane comunità di lingua, storia e sangue, insomma geopolitiche (sulle quali ha pubblicato nel 2008 un libro, “Other Asias”): la Cina, con Taiwan, l’Indonesia e l’ex Indocina “sono una regione”, l’India e il Pakistan, con Sri Lanka, Bangladesh, Sikkim e Nepal fanno l’Asia del Sud, etc.. Pezzo forte è l’Asia dell’Ovest: l’Iran con il Caucaso e il Transcaucaso: Georgia, Armenia, Azerbaigian e Cecenia... Un partecipante al seminario giustamente pone a questo punto la cruciale questione: sì, ma come conciliare confucianesimo e buddismo?
Il contributo più notevole sarà la citazione di Simon Gikandi, un altro letterato, specialista di letteratura caraibica, professore a Princeton d'inglese: Gikandi ha capito, dice Spivak, che "il genocidio si fonda spesso su dei racconti", e che "l'idea mitopoietica della storia ha un potenziale distruttivo" - ma non anche uno costruttico, come sa chi he letto Erodoto, oltre che la Bibbia (il problema, s'intuisce, è che Israele bastona i palestinesi nel nome dei racconti biblici)? "Un'idea mitopoietica della storia, è dove la storia si sta facendo", conclude Spivak, e si vede che, pur indiana, conosce poco l'Asia. la durezza dell'Asia.
Resta da accertare se il cosmopolitismo potrà portare a una democrazia globale. Ma questo lo hanno già discusso seriamente Habermas e Derrida.
Butler, Judith e Spivak Gayatri C., Che fine ha fatto lo Stato-nazione? , Meltemi, pp. 93, € 13

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