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domenica 24 gennaio 2010

Le tangenti sui film Rcs non erano reato

C’è un precedente alla costituzione di fondi neri con l’acquisto di film in America. Un precedente enorme, che può aver ispirato il procuratore De Pasquale contro Berlusconi e famiglia. Ma finito con un’archiviazione, chiesta dalla Procura. Nella pur tempestosa stagione di Mani Pulite. Di fronte al gip Aurelio Barazzetta, e al suo più famoso collega, il giudice giudicante più famoso di Mani Pulite, Giuseppe Tarantola. A opera di Carlo Nocerino, tardo entrante nel pool giacobino di Milano, ma esperto di bilanci (ha istruito e gestisce l’accusa al processo contro Tanzi per la Parmalat). Per i buoni uffici di Pier Giusto Jaeger, avvocato, giurista e persona per bene, tanto per bene che fece abbuonare da Nocerino alla Rcs 1.300 miliardi di soldi scomparsi in un viluppo di pratiche illegali, acclarate come tali e non contestate dai colpevoli. Nocerino, il “sostituto procuratore col ciuffo alla Elvis Presley” (Cinzia Sasso di “Repubblica”), spartiva evidentemente la filosofia del procuratore anziano col quale collaborava, Francesco Greco, che nel febbraio 1997 si candiderà alla guida della Consob: “Nei confronti delle aziende abbiamo sempre agito con la massima attenzione, anzitutto partendo dal principio che la responsabilità penale è personale”. In questa ottica lo stesso dottor Nocerino ha tirato fuori a settembre del 2007 i Moratti dal falso in bilancio della loro azienda Saras in occasione del collocamento in Borsa, disponendo un rinvio a giudizio per un ignoto vice presidente.
I fatti del caso Rcs sono narrati in Giuseppe Leuzzi, “Mediobanca Editore”, un libro del 1997 ancora reperibile. L’archiviazione disposta da Nocerino è del 1999, senza nessuna indagine di polizia giudiziaria, e malgrado i revisori dei conti avessero accertato, non contestati, varie pratiche illegali, per alcune diecine di miliardi, solo spulciando le carte fornite dall’azienda, una minima parte di esse: manager e autori pagati in nero in Svizzera, fondi neri creati alle Bahamas, acquisti incauti a prezzi folli appunto di film in America, e il travaso di fondi da Rcs alla Fabbri Editore, che Furio Colombo, il futuro direttore dell’“Unità”, presiedeva per conto della famiglia Agnelli. Il giudice Tarantola, quello del tangentone Enimont, vide la vicenda sbriciolarglisi da lontano: era passato al civile, dove il giudizio di responsabilità, aperto con fascicoli di fuoco di ognuno degli ex manager contro gli altri manager (uno dei più infuocati era Cobolli Gigli, il futuro presidente della Juventus di serie B), si squagliò con l’archiviazione in sede penale, nessuno più chiese i danni a nessuno.
Del colossale ammanco, accumulatosi nell’arco di tre-quattro anni, dopo il passaggio della Rizzoli-Corriere della sera nell’orbita di Mediobanca-Gemina e degli Agnelli-Ifi, la cifra più cospicua era stata trasferita dalla Rizzoli-Corriere della Sera alla Fabbri Editore e cioè all’Ifi, agli Agnelli. La seconda più cospicua era quella del comparto film-video, sotto l’avventurosa gestione di Luca Cordero di Montezemolo: 250 miliardi di lire, scomparsi quasi tutti. Fu Claudio Calabi, un direttore generale nominato alla Rcs da Mediobanca, e far emergere il 15 marzo 1995 il primo “buco”, 447 miliardi. All’assemblea del 23 giugno Raffaele Fiengo, del sindacato dei giornalisti del “Corriere della sera”, chiede di fare luce sull’acquisto della Fabbri Editore dall’Ifi e sull’acquisto della Carolco, una dissestata casa di produzione cinematografica americana. Il 6 agosto la Consob denuncia Gemina e Rcs alla Procura. Calabi cambiò i revisori dei conti: alle incriminate Arthur Andersen e Cooper & Lybrand sostituì prima Reconta Ernst & Young, quindi Kpmg Fides di Lugano. Altri 276 miliardi spariscono il 26 settembre. Due mesi dopo ne spariscono ancora 307, e a fine anno altri 145 – in tutto 1.175 miliardi, ma il conto finale sarà di 1.300.
Kpmg, analizzando appena una ventina di documenti, tutti forniti peraltro dalla Rcs, inorridisce, e il 9 febbraio 1996 si cautela. Denunciando in un rapporto preliminare una serie di reati e aggiungendo: “Tenuto conto delle limitazioni, altre eventuali operazioni con parti correlate, operazioni anomale o fatti censurabili, potrebbero esistere e non essere evidenziate nella nostra relazione”. Per “parti correlate” s’intendono i proprietari, i manager, i controllori contabili, i consulenti di un’azienda. Le “operazioni anomale” sono una diecina di artifici (operazioni a rischio “precostituite”) per creare disponibilità extra-bilancio, cioè fondi neri.
continua

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