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lunedì 6 dicembre 2010

Letture - 46

letterautore

U.Eco – “Dovresti sapere”, dice Eco soave a Magris sul “Correre della sera” sabato 28 novembre discutendo del complotto, a proposito del suo ultimo romanzo, “che la gente non sa leggere i romanzi”. La gente? E che lettura? "Quella”? C’è sempre stato il sospetto che dietro l’amabilità di Eco prosperasse una natura (meglio di lettura…) positivista. Non alla Taine, alla Lombroso, lo scienziato dalle scarpe strette.

Femminismo – I personaggi femminili di Margaret Millar, Patricia Highsmith, complessati, malinconici, schizofrenici, nemiche dei mariti. Che hanno sposato per scelta e che sono “normali”. Il femminismo è l’odio contro l’uomo applicato a un uomo. E' possibile che sia da esso derivato?

Freud – Simbolizza tutto, dal mito ineffabile al gesto banale quotidiano, attraverso il lapsus, al moto di spirito e allo stesso lapsus. Cioè, rende tutto insignificante.

Riduce la storia (l’esistenza, la libertà) ai primi vagiti: tutto l’inconscio, sogni compresi, è alla fine questa operazione. È scienza? È liberazione? È terapia? La vita pre- e post-natale riduce a Destino, piccolo borghese. Scientismo da dispensa popolare invece di Talete, turgescenze invece della poesia. Compreso l’atto di fumare, che per lui è ciucciare, dato che amava il sigaro, anche se si riempiva di tumori – su questo “Zeno” ha perso un colpo… La sua pan sessualità è una crosta di cicatrici.

La psicanalisi è cognitivamente insignificante. Può essere efficace terapeuticamente, via iterazione?
La blanda ossessività scientizzata come antidoto dell’ansia? Ma è una cura che non libera (guarisce). La psicanalisi equivale, terapeuticamente, a un chirurgo che lasci al paziente la pancia squarciata, ponendogli in bella vista le masse cancerose, e invitandolo a tagliarsele, mentre lo ammonisce che quasi certamente si ricostituiranno. La verità in sé non terapeutica? È che non la verità emerge dall’analisi, ma l’ammonticchiarsi delle nevrosi freudiane – non è la malattia una creazione (invenzione, transfert) del malato?

Nell’ordinario (“vado dall’analista”) è una pecetta, per quanto astuta. Talvolta, certo, una mano santa: l’imposizione delle mani, un tocco rassicurante. Ma per palati forti. Uccidere il padre e la madre, razzolare nello sporco, e in una realtà che è sempre un’altra cosa – il bello, in particolare, è brutto, il bene è male: la ricetta non è fatta per guarire i deboli e bisognosi. La scuola del sospetto è un forte esercizio intellettuale, ma è terapia debole per chi non è forte.

La scuola del sospetto – dietro la bellezza c’è devastazione – fa molto Ottocento (Baudelaire, etc.). Ma è papa Innocenzo: tutto è disfacimento e morte. È una logica paradossale, se Freud ha una logica: siamo tutti morti. Siamo altro. Ma alla fine, dietro ogni passaggio, resta l’inconsistenza (inesistenza). Legare l’eros alla colpa, e la colpa all’eros, e di una violenza estrema. È il sadismo di chi governa, col disprezzo, ogni gesto. O la malattia creazione del malato (somatizzazione): Hitler subliminale, la distruzione del soggetto, e anche del riparo.
La disgregazione non ha valore terapeutico. È un atto antisociale (parentale, familiare, personale), e quindi antietico.

È intrepido, nel senso che è un medico, vuole risolvere i problemi. E razionale. Per quanto preso al laccio dell’agudeza, che chiama trasgressione (che èè un percorso conoscitivo prima di essere un fatto, comportamentale o chimico), resta un logico, coerente con una cultura classica, quella che riconosce il sano e normale, anche se critica i due concetti – poiché si pone scopo terapeutico. Ma per ciò stesso è un semplificatore. Per essere medico più che per essere frastornato dal gusto della sottigliezza. Di un medicina tradizionale.
La psicanalisi non può essere se non una medicina. Anche se ha arricchito il vocabolario e la psicologia, e la stessa filosofia, di molte novità. La medicina dovrebbe restare nel “complesso” – in parte nell’irrelato. Il caso singolo. Mentre eventi come le epidemie, le malattie cioè dei grandi numeri, inspiegabili prima che inattaccabili, o il dilagante desiderio di malattia (la medicina preventiva), con quali strumenti psicanalitici si spiegano? L’Es è troppo generico. Sono fatti di massa, a sostrato sociologico. Forse anche storico – oggi l’industria della sanità, psicanalisi compresa, che come ogni industria crea il suo mercato, la malattia.

Il suo rapporto speciale con Roma, altra madre, sempre invitante (castrante).

Italiano – È da qualche secolo un dover essere più che un modo d’essere. L’italianità è letteraria, e la letteratura è da Cinquecento mimesi, imitazione regolata.
Si rinvigorisce nel Novecento durante il ventennio. Con la lingua arditamente vecchia (antica) e innovativa post-avanguardie, degli anni Trenta: Bontempelli, Gadda, Contini, Longhi, con prolungamenti in Landolfi, e lo stesso ermetismo, che pure sa di Ronda. La scrittura della Repubblica è omologata, sosteneva Pasolini quarant’anni fa, all’insignificante. Oggi direbbe di peggio: la Repubblica c ha tolto la lingua.

Linea – Nel fascismo era l’obbedienza (conformismo). È rimasta nell’editoria, dove la libertà d’opinione dovrebbe essere invece massima: c’è la linea politica del giornale, e la linea editoriale dell’editoria.
La linea editoriale (“La Vs proposta non rientra nella ns linea editoriale”) è riaffermata in vecchia carta da ciclostile, su una lunga riga sgraziata, senza margini – solo l’inchiostro è fresco, grazie alle stampanti. È lascata ai magazzinieri? A vecchie segretarie?

Noir – La morte, essendo l’unica cosa certa, ha a lungo eccitato la paura in quanto manifestazione del sacro. Del mistero cioè, dell’incerto, la certezza restando incomprensibile (Kafka). Nella razionalità una cosa certa è, semplicemente, non crea sorpresa né paura. Si teme la sofferenza, che vene dalla malattia o dalla violenza, criminale, familiare, personale. In quanto turbamento dell’ordine.
Il noir è il racconto del dolore-violenza, non della morte: il morto, la morte, vi sono inespressivi.

Natura – È “mimesi artistica”, dice Oscar Wilde. Ma vale al contrario: la natura è l’arte al suo meglio, è difficile imitarla.

letterautore@antiit.eu

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