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martedì 7 dicembre 2010

La sinistra chiusa in se stessa col Pd

A questo punto, dopo tre anni di vita e tre segretari, si può dire il partito Democratico afflitto dalla tabe dell’ottocentesco onanismo. Che può essere una notizia buona o cattiva a seconda dell’opinione di ognuno, ma è sicuramente cattiva in quanto il Pd ammorba così tutta la sinistra. Nato per aprirsi, come deve fare ogni cosa che nasce, sopravvive aggravandoli con i vizi vecchi, specie della componente Ds, gli ex Pci – che poi sono in realtà il partito. L’autorefenzialità, che per un partito nuovo suona assurda. Il “panaceismo”: come il popov d’antan, il Pd ha la soluzione di tutto, anche se non se ne ricorda una - la scuola? l’università? la sanità, l’opera, il cinema, i rifiuti di Napoli, la Salerno-Reggio Calabria, i treni veloci? L’incapacità di adeguarsi al nuovo, di conoscerlo, di governarlo, acuta in campo sindacale. Un partito che vive di parole d’ordine, che solo Roma è abilitata a promulgare. Specialmente incupito, nel 2010, dal centralismo democratico, il vizio per eccellenza, in cui Partito ha sempre ragione, il Capo ha sempre ragione, con i suoi vice e vice-vice, e tutti scattano all’unisono in un solo grido. Il che avviene specialmente nelle redazioni, dei talk show, dei grandi giornali, e l’effetto è imbarazzante, la sincronicità, l’allineamento, delle cronache e dei commenti. Ma senza effetto politico, non positivo. E dappertutto, sempre, il double-standard, la doppiezza del vecchio Pci. Le furbate di Fazio, il ciqnantenne che si finge bambino, ed è sempre vittima si soprusi, lui che è così onesto, puro, intemerato… I dossier, le intercettazioni, le indiscrezioni, che il Partito si presta a patrocinare. E le lacrime versate sui tagli alla cultura. Mentre la legge di Stabilità veniva fermata alla Camera (dai neo statisti finiani) per stanziare 134 milioni di spesa aggiuntiva, a fondo perduto, a favore dei giornali. In aggiunta ai circa 200 milioni già stanziati. Senza nessuna critica a questi trasferimenti pubblici a imprese private, i giornali non sono la Fiat, mentre manifestazioni e proteste sono state organizzate per i tagli alla cultura.
In politica l’effetto è la ribellione infinita, se non in serie, di scissioni e fuoriuscite a ogni elezione a sindaco o a presidente di Provincia o di Regione. Riccardo Milana e gli altri ex popolari a Roma che lasciano il Pd perché tutte le cariche vanno agli ex diessini non è un caso isolato – la risposta a Milana del neo federale Miccoli è anch’essa in “linea”, tutto un programma. Più numerose le scissioni e le ribellioni a sinistra, dove il coraggio non manca. Mentre è fallito si può dire in partenza l’obiettivo per cui il partito Democratico è nato: espandersi al Centro, occupare il Centro. Che si ritrova occupato stabilmente dalla destra, da Berlusconi, Bossi, Casini e Fini, e più dopo la fronda di questi due a Berlusconi. Alla fronda il Pd non reagisce, anzi se ne compiace: invece di smascherare i due ex giovani, s’immagina di usarli come ariete per scardinare il bersaglio grosso, Berlusconi. Nella scissione di Fini, criticandola invece di gioirne, sbugiardandone l’opportunismo, ha avuto l’occasione forse maggiore di imporsi al Centro, e invece si limita ad assecondarla. Per il vizio dell’autoreferenzialità che nei vecchi diventa insopportabile. Il sindaco di Firenze Renzi che va da Berlusconi per impegnarlo nei provvedimenti per la sua città suscita solo l'indignazione di Bersani.
L’esperienza dell’Ulivo era e sarebbe ancora l’unica possibile per il Pd: un movimento più che un partito, federatore di diverse esperienze e personalità. Almeno fino a che un nuovo sentimento unitario non sia maturato. Ma questo cozza contro il vecchio gruppo dirigente ex Pci, che “non molla”. Nascondendosi dietro l’esigenza di semplificare la politica, per consentire al regime parlamentare di funzionare, cioè di esprimere un governo stabile. Ma la stabilità è un’altra cosa, riguarda il sistema elettorale e i poteri del governo: che il capo del governo sia premier, cancelliere o capo dello Stato, cioè eletto dal voto e non ribaltabile. Mentre il Pd lavora all’inverso, a un governo debole con un partito forte, specialista in ribaltoni.

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