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domenica 17 luglio 2011

Prove beat a quattro mani, cercando lo scandalo

Si ascolta Brahms anche in questo ripescaggio, dopo la morte di tutti i personaggi a chiave, di un romanzo a quattro mani del 1945. Prima quindi che Françoise Sagan ne facesse la cifra della “generazione perduta” in “Buongiorno tristezza”, 1954, la generazione di Marlon Brando (“Fronte del porto”, 1954) e James Dean (Gioventù bruciata”, 1955).
Ascolta Brahms il diciannovenne Phillip, al secolo il bellissimo, alto, muscoloso Lucien Carr che tutti concupivano. E che, una notte di bevute, litigherà col pigmalione David Kammerer, che lo segue da presso da ragazzino e lo ha introdotto a Rimbaud e Verlaine, lo stordisce, lo crede morto e lo butta nell’Hudson, dove David affogherà. Al processo gli avvocati giocheranno la legittima difesa, contro un’aggressione sessuale, e la cosa venne così giudicata – poi Carr lascerà la poesia per l’Upi, l’agenzia di notizie, dove lavorerà apprezzato per quasi cinquant’anni alla Upi.
Burroughs e Kerouac, amici di Phillip-Lucien, riscrivono la storia per circa un anno, un capitolo l’uno, uno comincia dove l’altro finisce – quello che in giornalismo si chiama “fare rigaggio”, allungare il brodo. Ne resta un discreto quadro d’epoca, “generazionale”: di ventenni verbosi, omo o bisessuali, che però non fanno l’amore, più che altro si fanno, di qualsiasi elisir, spendendo l’“assegno fiduciario”, la rendita che i genitori hanno costituito per l’università. Ma senza il beat, non ancora: questa di Burroughs e Kerouac è più convenzionale e meno vera della storia reale. Una prova d’autore, la prima conosciuta di entrambi, per cultori della materia. O un “libro delle origini”, con le radici della maniera purtroppo scoperte.
Burroughs vi mostra, aveva 28 anni e si fa in tutta la storia di eroina una volta sola, una fulminante, aforistica, percezione del reale. La madre di Phillip è “una puritana moderna, capace di credere nel peccato senza credere in Dio. Anzi, credere in Dio era per lei qualcosa di troppo debole e peccaminoso… una proposta indecente”. Ma è l’unico sbalzo, con l’ipocondria mortale della stessa: “La sua unica preoccupazione ormai erano le sue malattie, che stavano pian piano assumendo forma organica dietro la spinta del suo forte desiderio di morte”.
Si conferma che il non lontano “Sulla strada” è ipercostruito, per riscritture evidenti, anche redazionali, forse per progetto: il mito della prosa spontanea si nutre con applicazione – i trentenni non saranno dissimili dai ventenni, accuditi dalle donne. Il maledettismo serve a ritmare l’esperienza, cioè l’esistenza. Fino al virtuosismo della frase corta, che prima di Getrude Stein e Hemingway è della Bibbia di re Giacomo, e i parroci praticano. Ma questa pre-tecnica beat si manifesta per finalità didattica: non la storia interessa ma come si costruisce. Che non è male, la retorica è il nocciolo della poesia. Se non che rimanda allo psicologismo che il taglio brusco doveva bandire.
È anche un quadro repellente. I personaggi sono in età di andare al fronte, ma la guerra nella loro Manhattan non c’è. Questi ventenni non solo non sanno nemmeno che c’è una guerra. Sono già i ventenni che hanno a ogni momento bisogno di tirarsi su, mangiando, bevendo, fumando, facendosi, ma qui in un quadro poso simpatico. Se mangiano sempre, e bevono, in dettaglio, in ognuna delle centocinquanta pagine, quantità spropositate di cibo e alcol, è perché l’America non conobbe il razionamento. Anche questo fa parte del quadro d’epoca, ma la cosa non è consolante.
James Grauerholz, dal 1974 amico e consigliere di Burroughs e dal 1999 esecutore testamentario del Fondo Burroughs, fornisce in appendice tutte le chiavi necessarie. Una in più è questa: Kammerer nel romanzo è chiamato Allen, e Allen è anche Ginsberg. Che con Phillip-Lucien adolescente aveva avuto “diversi incontri” sessuali (il poeta li apprezza in più tratti espliciti nei diari ora pubblicati, “The Book of Martyrdom and Artifice”). Un amore cui dedicherà nel 1956 “Urlo”, il poema dell’epoca. Ma solo nella prima edizione, Carr resterà fedele all’integrità eterosessuale sancita dal processo - le “chiavi” a volte sono noiose, le biografie non sempre esaltano.
Si conferma che in altre letterature i beat sarebbero una nota a pie’ di pagina, e più per l’ingenuità, il vitalismo di scrittori che sono stati o si vorrebbero ladri, pugili, lavapiatti. Dell’America che si specchia nelle squadre muscolose di hockey, basket, foot-ball, sport veloci di gruppo, di forza, avendo un cuore che è una macchina possente. Insipida ma per igiene. Ma restano parrocchiali i suoi maledetti, in un mondo d’idioti, le bestie da soma incolte che fu l’umanità della frontiera, se si montavano a dieci, dodici anni, benché anch’essi figli di mamma. Non si ride con loro, se scoreggiano è con intensità. Buoni cronisti sono, epigoni del neo realismo, di tele di fondo e quadri di genere.
William S. Burroughs-Jack Kerouac, E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche, Adelphi, pp. 179 € 17

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