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sabato 21 gennaio 2012

Secondi pensieri - (88)

zeulig

Amore – “Conquistare l’Amore (si fa) con l’amore senza misura” scrive Hadewijch d’Anversa, la poetessa del movimento delle beghine nel Duecento. Cioè delle donne che rinunciavano al principe azzurro e al matrimonio.

“Penso inoltre che sia molto meglio essere vittima dell’amore, piuttosto che vivere senza di esso”, scrive Susette Gontard, “Diotima”, all’amato Hölderlin il 31 ottobre 1799. Una concezione romantica, ma anche utilitaristica. Ragionevole?

Corpo - Nel pensare corrente (sanitario, estetico, funzionale) è il corpo-macchina, un organismo complesso ma al fondo meccanico, prevedibile e ora, grazie ai trapianti, pure scomponibile. Il corpo scientista è quello dell’Uomo di vetro presentato alla II Internazionale dell’Igiene di Dresda nell’state del 1930, un modello costruito con materiali trasparenti . Il modello di una lettura del corpo umano come “cosa”, come materiale inerte seppure vivente.

Il corpo, secondo Platone, è il sema dell’anima, ne è il segno e la tomba. E dev’essere vero, se l’escatologia della resurrezione vuole che le anime si ricongiungano ai corpi: ci sono dunque dei corpi senz’anima.
Il corpo è la prova di Dio secondo Locke: non ne sapremo mai abbastanza per affermare che Dio non può infondere sentimento e pensiero nella cosa chiamata materia.
Campanella arguto, che solo chiedeva cibo e vino, ai preti che lo torturavano, inquieti di “tanta preoccupazione del corpo”, rispose: “L’anima è immortale”.

È la filosofia per questo sterile, che è senza corpo – senza amore? Tra la filosofia tedesca, parole di parole, che ha cancellato il corpo e ogni altra fisicità, e la muta America, che parla solo col sesso, il quale appunto non parla.
Per l’orfismo il corpo è tomba e prigione dell’anima.
Lo stesso per la chiesa: “Memento quia pulvis es et in pulvere reverteris”, ricordati che sei polvere, l’unico materialismo è questo della chiesa, sotto l’apparente rifiuto del corpo. Che pure il divino sempre esprime in figure leggiadre. Ma l’unità è cristiana, di anima e corpo – dopo che aristotelica, ma sacramentata. Ugo da San Vittore, per esempio, è un estimatore: “Habent corpora omnia visibilia ad invisibilia bona similitudinem”, i corpi visibili rinviano ai beni invisibili.
È pesato a lungo il corpo, triste tabù semita, non riequilibrato in questo caso da Platone. Finché all’improvviso non è tornata l’armonia con sant’Agostino, per cui il corpo è l’anima, nudo. Il corpo nudo è antico incanto teologico, padri della Chiesa inclusi, dall’“Exameron” ambrosiano a Lattanzio, Cassiodoro e al Venerabile Beda, prima che estetico – sfuma se tutti i corpi sono nudi. Il mistero del corpo, della Passione e Resurrezione di Cristo, è centrale per il cristiano.

Il corpo libero è finito in celluloide, o peggio digitalizzato, e non c’è misura all’improsatura - nel Seicento erano licenziose le favole di La Fontaine.

Il gregge è il corpo del pastore, ne è l’estensione, il formicaio lo è delle formiche, l’alveare delle a-pi: ne estende il corpo e la mente, per i pascoli e oltre, nella lunga giornata senza tempo, nella transumanza. La fabbrica lo è dell’operaio, l’azienda dell’impiegato, il lavoro del lavoratore. I corpo è ora essenzialmente sociale.

Il corpo è lo spirito è di san Paolo prima di Berkeley. Debole se lo spirito è debole.

Dio – Non esistendo, è per questo difficile da rappresentarsi e concepire. A meno che non sia tutto in queste operazioni. Ma allora sarebbe pura esistenza?

È complicato, è il meno che si possa dire. L’eretica Guglielmina la Boema, che Dio sostenne essere femmina e se stessa incarnazione dello Spirito Santo, è sepolta e onorata nell’abbazia di Chiaravalle fuori Pavia. Con licenza, certo, del papa del tempo, che furbo si cautelava. Perché chissà, Dio è complicato, più delle donne.
Ci fu un tempo nelle Gallie in cui si battezzava “in Nomine Patri, Filiae et Spiritui Sancti”. Era per ignoranza, perché i preti non sapevano più il latino. Ma nella Bibbia a un certo punto i maschi svaniscono e contano le donne, Sara, Rebecca, Rachele, Debora, che fu profetessa e giudice, Gezabele, Ester, che chissà perché si dipinge fiamminga, senza sopracciglia e senza carattere, Anna, Elisabetta, Maria. È da una donna, Diotima, sacerdotessa di Mantinea, che Socrate apprende con Platone la dottrina dell’amore.

È per Beckett l’impossibile – Godot, il “deuccio, come “assoluta assenza di Assoluto”. Piero Boitani fa sul “Sole” domenica un breve, incisivo, excursus della convivenza di Beckett con Dante, dai suoi vent’ani fino al letto di morte, in un dialogo continuo. Nella posizione e nel ruolo di Belacqua, che per lui è “statica assenza di vita”, accucciato con la testa fra le ginocchia, negligente, pigro, impantanato nell’indecisione, che dice incomprensione (Giorgio Petrocchi invece lo trova “finissimo, pungente e un po’ malinconico…. Un artigiano”) . Uno che non si spiega il suo proprio destino, il destino di Beckett, intende dire Boitani.

Illuminismo – Si pubblicava a Napoli negli anni 1830 una rivista repubblicana, per un regime “ordinato e ragionevole”, “Le Charivari des deux Siciles”. Scritta da napoletani in francese, perché il francese, scrivevano gli autori, è “la langue qui permet le plus aisément à la parole de deguiser la pensée”. Da leggersi probabilmente in questo senso: perché il francese è una “lingua inoffensiva”, non essendo leggibile dai molti, fuori portata della censura. Il francese è diretto, e può essere violento, lo è stato con la Rivoluzione e con Napoleone. Ma è vero che l’illuminismo riesce a combinare il massimo di sovversione con un’apparenza di moderazione e anzi di ordine. Mentale, quindi sociale.

Mondo – Sta da tempo (Descartes?) per l’in sé, inafferrabile, inattaccabile. Di materia e storia, non scalfibile per incrostazioni fossilizzate. L’inconoscibile, qui e ora definitivo. Sta quindi per il male. E questo non è possibile.

Morte - “La vita non va vista dalla nascita alla morte, ma al contrario, dalla morte alla nascita”: il novizio di Serra San Bruno organizza la visita partendo dal cimitero, con questa ragione. E intende il redde rationem finale, cui tutta la vita infine si conforma. Ma apre non solo un’altra prospettiva, anche un’altra filosofia.

Santità – È volontà di fede, con intelligenza del mondo. Un’identificazione col mondo per separazione, anche critica, di rifiuto.

zeulig@antiit.eu

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