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giovedì 19 gennaio 2012

La bufala tedesca

Molto si perdona alla Germania, per non si sa quale motivo. E anzi s’immortala, sotto la voce eccellenza tecnica, se non la primazia: chimica, meccanica, elettronica. Mentre ci alluviona di bufale. Ultimo il famoso termometro al gallio che non misura niente, non va né su né giù. Roba che la Cina, per dire, non si sogna nemmeno. Dopo il sacco ormai colmo di additivi e coloranti per il cibo, di cui ci fa ingozzare dalla serva Commissione di Bruxelles, velenosissimi. Si veda la mozzarella blu, il conservante di cui più non si parla. Le imitazioni di caciotte, salami, formaggi. O l’enchiridia coli nell’insalata, il detergente che fece epidemia – non dichiarata – di morti. Oltre alle innumeri specialità medicinali, e macchine e pratiche ortopediche e salutiste di nessuna utilità, quando non nocive come l’aspirina.
Per molti anni nel dopoguerra i tedeschi giravano i mercati con la cassettina a tracolla. Con mutilazioni vere o presunte. A spacciare unguenti miracolosi. Pelapatate, affetta pomodori e altri ritrovati metallurgici che si rompevano al primo tentativo a casa. E le famose lamette Sollingen, che tante facce hanno deturpato. Mentre primarie ditte alpine spacciavano come lana cenci di Prato. A lungo il gillette è stato buono, finché è rimasto inglese. Da quando l’ha preso la multinazionale Procter and Gamble, che fa fabbricare le lame in Germania, ogni sicurezza è finita. Per non dire delle supercar micidiali, pesanti, ingombranti, ingestibili. Col privilegio di regolamenti comunitari di comodo per emissioni e pesantezza. Dopo aver portato al fallimento la Chrysler, che la Fiat – la Fiat – ha in pochi mesi reso lustra e efficiente.
La Germania ha molti nemici. Che la dicono arrogante, e questo non è da dimostrare, la prima metà del Novecento basta e avanza. Ma l’arroganza della Germania legano alla stupidità. Mentre la sua forza è proprio la stupidità, ma degli altri.

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