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martedì 28 agosto 2012

Secondi pensieri - 113

zeulig

Creazione – Ha il suo maggior supporto nella linguistica, seppure non in antitesi con l’evoluzione. Nei due requisiti, di carattere appunto creazionistico, di due filosofi che progettualmente ne sarebbero lontani, Bertrand Russell e Chomsky. Nella “Introduzione alla filosofia matematica” del 1918, e nelle “strutture sintattiche” di Chomsky, del 1956. Il creazionismo non vi fa rcorso perché è un’ideologia, forte spesso della fede religiosa, e quasi una politica (aborto, diritti gay). Per gestire la sintassi (la complessità), dice Chomsky, “gli esseri umani sono progettati in modo speciale”. Mentre Russell lascia insoluto il problema del “l’insieme degli insiemi che non contengono se stessi” (mondo), non sa dove collocarlo, su che poggiarlo.

Indizi – Non portano in nessun luogo, nella storia e in altri saperi. Se non per l’effetto curiosità.

Modernità – È cristiana. Lo è anche nelle forme ch si reputano al cristianesimo antitetiche: l’illuminismo, il laicismo, il materialismo. Se per modernità s’intende la giustizia (equità) e la libertà. Anche di pensiero. Non ce n’è altra, al di fuori del cristianesimo cioè.

Mondo - La mente è un sistema statico di concetti – relativamente: siamo sicuri che non sono mutati nei millenni della storia - mentre il mondo, che pure è immutabile, presenta grumi dinamici di problemi. Vi s’incontrano nane bianche, giganti rosse, e c’è chi sta sulle tracce di una media blu. Mentre le comete viaggiano allegre, agitando la coda. Pirandello, una volta che vide le stelle, se ne diede modesta ragione: “Ci saranno per la nostra notte, per farsi contemplare”. Le stelle fisse servono a gratificare gli astronomi, in quanto fenomeno di lontananza: sono illusorie. Reali sono quelle del medio evo mistico, cristiano e islamico, della fucina alessandrina. Un Dio ci manca che stia nei cieli. Nell’infinito dove ogni punto è un centro. Metafisico, su cui nessun dato fisico può influire, di massa o tempo.

Il mondo è recente: il Barocco è del presidente Des Brosses, 1739, e di Rousseau, 1752, il Rinascimento di Burckhardt e Michelet, l’Umanesimo di Voigt, 1859. O recente e antico, ma uguale. In quanto metafisico, ogni essere dell’universo è un centro. Su cui le stelle fisse sono ininfluenti e le bestie feroci. Provare a chiedere a una formica.

Cos’è una vita nel mondo? Un soffio. E la materia resta ignota. La massa mancante calcolata dai cosmologi fa pensare a un universo più grande di quanto si sa, forse cento volte più grande, come la Carina meridionale. Ma sono grandezze stolide. La luce è un guizzo. Le stelle cadono, si polverizzano, svaniscono. E dove vanno? Al piano di sotto. Che forse è a un milione d’anni luce, o a un miliardo, un tempo e un luogo infinitamente remoti. Nulla si crea né si distrugge, la natura è la grande uggia, se non c’è qualcuno che si dà da fare. È fesso lo stato del mondo, e degli uomini quando gemmeranno, sangue di nessuna madre. Sarà triste senza padri, non essere generati, non c’è continuità né illusione, finisce il ricordo. Ma sarà semplice: ognuno è un cubo, asimmetrico, e lì è la sua libertà - essere-per-la-morte, Heidegger l’avrà detto.

Storia - Storicità, Geschichtlichkeit, è Geschicklichkeit: essere inviati, assumersi il proprio destino, la storia umana è l’Essere che si rivela. La possibilità di accesso alla storia si fonda sulla possibilità che un presente sappia sempre essere-per-l’avvenire. Martin Heidegger è il Picasso della filosofia, il Pelé, il mago Houdini.
C’è un altro concetto della storia, e dell’essere nella storia, ed è quello filosofico, di Schopenhauer prima e ora di Heidegger: “Può anche succedere che storia e tradizione vengano livellate in un magazzino uniforme di informazioni, per l’inevitabile pianificazione di cui un’umanità pilotata ha bisogno”. Pilotata, dunque. “Noi oggi, in modo del tutto particolare, viviamo della, nella e con la storia”. Che non è il passato. O meglio, il passato non è ciò che passa, ma ciò che ancora resta da prima. Il passato come vera storia è ripetibile nel come. E il modo di questo ritorno è segnatamente la coscienza morale. Solo il come è suscettibile d’essere ripetuto. E non è che un inizio.
La storia nascosta da ciò che viene detto non costituisce causalità, tutto è volontà.

L’esigenza della libera assunzione della techne, della messa in opera dell’essere attraverso il sapere, spiega Heidegger, è così che c’è la Storia. È una categoria primitiva, secondo la quale il pensiero si sarebbe trasformato nel rammemorare, e quindi nel compiacersi – la memoria è il Super-Io, direbbe Freud. Ma ci siamo lasciati alle spalle l’arroganza dell’Assoluto. L’essenza dell’essere, Wesen, non esprime una realtà ideale, ma è anzitutto verbo, verbum, fatum, detto, e quindi storia. La storicità è l’essenza estrema dell’essere. Che si rivela mentre si nasconde, o viceversa Questa sospensione, questa epoché, fa sì che l’essere sia epocale, cioè si riveli per epoche. L’essere è autorivelazione nella parola. È epoché, unità articolata di rivelazione e occultamento. L’epoca è deiettiva, muove da un massimo di rivelazione con un minimo di occultamento a un massimo di occultamento e un minimo di rivelazione. Ed eccoci: l’indigenza prepara la rivoluzione, il rovesciamento in una rinnovata rivelazione. Senza fiato. Bene, come vuole Giordano Bruno, ”i filosofi sono poeti e pittori, i poeti filosofi e pittori, i pittori filosofi e poeti”.

Un altro filosofo tedesco, due volte tale per essere ebreo, pare obiettare l’assurdità di un passato che è presente: “L’idea che l’intero passato possa essere raccolto nel sapere assoluto di un presente assoluto è assurda”, afferma Husserl d’acchito. Ma non chiude, schiude orizzonti infiniti: la vita è storia, “mondo finito, relativo soggettivo, con orizzonti infiniti aperti”. La storia del mondo quale infinita idea è l’idea del mondo proiettata all’infinito. Il mondo in revisione continua a mezzo delle infinite rappresentazioni che se ne fanno. Un passato indefinito oltre che infinito, attraverso le revisioni. Che non bisogna temere, troppi sono i danni del terrore della storia, al coperto dell’eterno ritorno e altri miti.

Tempo - L’irreversibilità del tempo, cioè il divenire, Einstein diceva di non crederci, pur lamentando di non saperlo dimostrare. Ma nessuno ci crede: oggi non è ieri, se non per pochi legamenti, persistenze esili e forse inutili.

Il tempo è lento: siamo com’eravamo, quel che è stato è. È il numen historiae di Plinio, il divino della storia. Si toccano nell’era della velocità i limiti dell’homo faber, logico, creatore. La via della scoperta va all’indietro, il tempo è reale in quanto memoria e attesa. Cos’è il tempo dell’uomo, quand’anche volasse tra le stelle? Un passo. Il primo di miliardi, di un numero di passi incalcolabile. Irrilevante.
L’uomo è nato da poco, si sa. E fa scemenze. “Quale scimmia arrabbiata gioca tali\insulse buffonate sotto il cielo\da far piangere gli angeli”, e Shakespeare. In una galassia ci sono stelle a miliardi, e le galassie sono cento o centomila, ma sono una minima parte della materia, sempre che l’universo sia piatto. La quantità non è qualità, ma non sempre. Lo spiega Orienzio nel repertorio di Gourmont: “La nostra fine non ammette fine, la morte, che ci fa morire, muore perennemente. Per l’eterno moto l’uomo vivrà in perpetuo”.

Si può dire pure al contrario, che il tempo è un macigno. O statico lo spazio, che approssima l’essere. Per avvicinare una stella attraverso la colonizzazione delle comete, la via più facile degli astrofisici, ci vogliono quattrocento anni.

Di Orienzio l’editore è Delrio, il gesuita che inventò le streghe. E non gli evita di dire, sempre nelle Comminatorie: “La gloria della carne è l’erba in fiore”. C’è chi non lo sa. Miliardi di anni inutili, e di stelle decrepite, senza mai aver vissuto. Dio per esempio non lo sa, che non è di questo mondo - se non dorme, pure lui. Ma l’uomo, che di quegli ammassi è parente, si agita ribelle. Un giorno chissà, come il tempo degli spaghetti al dente, anche il tempo dell’orologio sarà scandito diversamente, e i cento anni dell’uomo confermati più lunghi dei miliardi di anni luce del sonno stellare.

zeulig@antiit.eu

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