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giovedì 4 ottobre 2012

Il mondo com'è (112)

astolfo

Cuccia – Si vorrebbe dirne bene: il più fantasioso e meno caro creatore di capitali dell’industria italiana. A volte contro l’industria stessa, per l’incapacità dei suoi dirigenti, da Valerio agli Agnelli. Uomo di fede e forza, sprecato nell’Italia meschina. Ma ha imbroccato solo fallimenti: troppo poco, troppo tardi, giusto per “salvare” – oggi di dice più correttamente sprecare - e non per creare. Una banca d’investimenti che si fa vanto di salvataggi, tutti destinati inevitabilmente al fallimento. Olivetti 1. Montedison. Rcs. Banche d’interesse nazionale. Generali dalle ali tarpate. Olivetti 2. Uno Spregiava i giornali e si è preso il “Corriere” – pagandolo pure poco, uno scandalo. Mentre ha accusava d’invadenza Mattei e l’Eni, che ha combattuto con ogni mezzo, uno dei gruppi più attivi. E Milano, la Lombarda? La Cariplo dell’uomo pio Giordano Dell’Amore vantava a fine anni 1980 la creazione di 350 mila aziende nella regione. Cuccia non ha creato nulla, e ha distrutto molto. Sotto la pretesa di salvare il salvabile.

Fiat – La storia si può aggiornare, ma sempre sulla stessa linea, della sopravvivenza. Sentire Romiti che discetta in tv e dà lezione di buon management è raccapricciante: Più ancora perché nessuno lo contraddice, mentre tutti sanno: il ruolo di contrasto con ogni innovazione e ogni investimento, la sua Fiat doveva solo “fare il bilancio”.
All’ennesima crisi fu salvata all’inizio del millennio da Fazio, governatore della Banca d’Italia - peraltro vituperato - che ne impose il salvataggio, con crediti in conto capitale.
Patita come strapotere in Italia, immagine che essa stessa variamente accredita, non ha mai contato e non conta nulla. In politica, s’intende: nell’opinione pubblica, nel “palazzo”.

Imperialismo - Sono migliori i governanti dei governati, quasi sempre. È il paradosso del potere, che però non è un paradosso. Gli antichi romani l’impero governavano per identificazione, come già i greci, benché litigiosi, le loro colonie, per cui tutti volevano essere greci, pure i persiani. Gli in-glesi hanno imposto al mondo la rasatura ogni mattina per vendere il gillette. Ma il rasoio è buonissimo. Anche l’amministrazione era buona. Sarà per questo che l’India ha mantenuto l’Inghilterra per un paio di secoli. Senza cannoni né fruste. Molto civilmente, l’India comprava dalla Inghilterra tutte le merci che non avevano più mercato in Europa, alimentava il Gold Standard, e consentiva con le sue rupie agli inglesi di comprarsi le bistecche e le cose buone del mondo. O si può dire al contrario: gli inglesi, dovendosi radere ogni mattina, fecero un ottimo rasoio.
Ma l’India non ha cattiva memoria dell’Inghilterra. Che ne beveva a sua volta il tè. Ma, direbbe P. T. Bauer, dopo avercelo introdotto, dopo avere insegnato agli indiani a coltivarlo. Non ha cattiva memoria di Venezia l’ex giovane d Rodi che fece il marinaio all’Arsenale. O di Roma il tirolese dell’impianto di sci a monte, che fece il granatiere alla caserma Macao. Ci sono alti e ci sono bassi nella storia come nella vita di ognuno. Gli ebrei, che si lamentano di Roma, dove sarebbero senza? Nel Medio Oriente seminomadi. Certo, uno può cascare sui cappuccini ignoranti invece che sui gesuiti. Sarebbe stata un’altra Italia se, come l’India, avesse avuto gli inglesi invece dei borboni e gli asburgo. In quel momento decisivo per la formazione delle nazioni che fu l’Ottocento una scuola di libertà e buon’amministrazione invece che di polizia, censura, caserme. E di carbonerie e bombe. Anche le italiane sarebbero migliorate, invece di aspettare squittendo gli ufficialetti impomatati in divisa. Si dice il Risorgimento incompiuto, ed è vero, non ha portato l’Inghilterra in Italia, malgrado gli anglofili Cavour e Garibaldi. L’Italia era per quattro quinti austriaca, Lombardo-Veneto de-presso che ora è invece ricco, il Regno, i ducati, la Toscana.

Il Commonwealth britannico fu stupendo modello di democrazia dell’imperialismo,
E resta da definire l’imperialismo antimperialista. Un imperialismo che la conquista chiama liberazione, contro il fascismo, il colonialismo, il comunismo.

Gli inglesi in India, dice Marx, fecero la prima rivoluzione sociale dell’Asia. L’Africa la rivoluzionarono i missionari, ignoranti la gran parte e col mal di fegato, nonché il re del Belgio, che impose la pace - per avere braccia da lavoro, certo. L’imperialismo ha bloccato le razzie e i conflitti endemici, insegnato le lingue e l’amministrazione, preparato i risorgimenti. L’etnia sbriciola, l’imperialismo unifica. Ha fatto guerra all’Africa e all’Asia per profondervi edifici durevoli, piazze, porti e viali. Anche con durezza. Feroce fu l’Italia, la grande proletaria, che in Etiopia, Libia, Somalia non fece poi che quello, solide murature. Mentre la decolonizzazione sarà la trovata degli africani per tornare all’antico: possono ora razziarsi e annientarsi dandone la colpa all’Europa, all’imperialismo europeo magari religioso. Non è bene gravare i poveri di utopie, ma in Africa pure il mahatma Gandhi fu razzista.
O bisognerà forse, con i santi “stolti” di Bisanzio, “diventare stolti per essere saggi”. La decolonizzazione forse è liberatoria, di sicuro non è indolore. Si capisce che l’America voglia imporre la democrazia ai popoli del mondo, la stragrande maggioranza, che ne sono privi.

Si discute se l’Europa nella sua missione civilizzatrice abbia lasciato qualche traccia e non soltanto rovine, ma quel che è certo è che essa già manca. La trasmissione e l’incrocio delle culture sono buona pedagogia, benché impositiva. Ci sono colonie buone. I focesi di Elea, che colonia superba, tra Senofane, Parmenide e Zenone. Senofane, che Elea creò, veniva da Efeso, dove c’era Eraclito. Superba filosofia, ci devono essere colonie. L’assimilazione arriva col colonialismo, che dunque è liberazione. Se è l’applicazione planetaria dei lumi e del principio di uguaglianza: al sole della civiltà si dissolvono le paure, e gli stenti di troppi millenni.

Tartufo – È ritornato, e non sempre ha dismesso la veste talare, seppure non più gesuitica. Non più di famiglie ricche ma d vip. Meglio se della cultura – ma non disdegnando qualche milionario, purché eccentrico: polemisti, direttori, Grandi Giornalisti, scrittori, attori, attrici. Anche quote rosa, purché attraenti. Le donne di casa in calore sono sostituite dalle vamp. Caste.
Il consigliere spirituale ritorna come opinionista invece che come istitutore domestico. E, nella secolarizzazione, come compagno nella ricerca di Dio – che sempre non risponde - invece che come moralista.

astolfo@antiit.eu

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