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mercoledì 21 novembre 2012

La giustizia, una barbarie

La vendetta, per quanto normalizzata (generalizzata) dall’antropologia, è sempre la stessa che in Omero e nei tragici greci, giusta e ingiusta. La pena è uno scandalo per l’intelligenza.
Un’arringa in favore di pene “alternative a vocazione più preventiva o educativa che regressiva”. Sulla base della restorative justice dei paesi anglosassoni, e “delle esperienze più propriamente sostitutive sul modello della commissione «Verità e Riconciliazione» dell’Africa del Sud”, di Nelson Mandela e monsignor Tutu. Per incidere sul “cuore nero della giustizia violenta”. Che non ha più senso dopo l’esclusione della “vendetta” – di cui in Platone, anche in Aristotele – dal “risarcimento” giudiziario.
Ricoeur muove da un concetto semplice: “È la nozione d’interesse della legge che chiede di essere ripensata e riformulata, in collegamento col concetto politico di ordine pubblico”. Su un presupposto solo apparentemente eversivo: “La sicurezza come diritto non va senza la duplice soddisfazione da dare alla vittima e all’offensore. È come vittima potenziale, ma anche forse come offensore potenziale, che ognuno di noi ha diritto alla sicurezza”. Non trascurando “l’ineguaglianza delle condizioni di comparizione”, che fa delle prigioni il luogo soprattutto dei poveri.
Un saggio breve (concettoso), sintesi del lungo pensiero centrale del filosofo, “Il Giusto”, quindi vecchio di una ventina d’anni. Che si segnala come misura del ritardo, se non della barbarie, della giustizia per esempio in Italia, che si vuole la culla del diritto – il sistema penale è parte integrante de sistema giudiziario.
Paul Ricoeur, Il giusto, la giustizia e i suoi fallimenti, in E. Bonan-C.Vigna (a cura di), Etica del plurale. Giustizia, riconoscimento, responsabilità

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