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sabato 16 febbraio 2013

La modesta proposta di Berto per Grillo, 1971

“Una rivoluzione qualunquista”, vede Berto alla fine guardandosi attorno. E questo è Beppe Grillo. O: “Il potere piace a tutti, è per questo che si fanno sempre rivoluzioni”. Ha cominciato con Shakespeare: “In verità, c’è poco da scegliere tra mele marce”. Il secondo pensiero è: “Ma c’è, poi, questa libertà per la quale rischio di finire in galera?” Dunque niente di nuovo nei quarant’anni dacché Berto ha tentato di dare un contributo al rinnovamento, con una sessantina di micro-saggi: l’Italia segna il passo non da ora. C’è anche la “condizione di non-speranza totale, quale il mondo non aveva ma conosciuto prima” – avendo i due sistemi politici, liberale e marxista, “finoggi lavorato affinché i cittadini fossero più infelici di quanto la natura non abbia a suo modo stabilito”. Che è esagerato, ma non nella sfiducia verso la politica (europea).
Di notevole c’è che lo scrittore, passato per uomo d’ordine se non di destra, argomenta con Mao e la contestazione, Marcuse, Dutschke, don Milani. Anche questo un segno d’immobilità – di anestesia? Forse è l’irrilevanza del sinistra-destra quando tutto è immobile. La sola novità (sorpresa) è che Berto vedeva con tristezza la chiesa sconfitta dal comunismo, mentre il contrario stava per avvenire, da lì a dieci anni. Anticlericale, gramsciano in più punti, Berto è antifascista a suo modo – che non si saprebbe dire veritiero, ma certo precorritore: Il fascismo, non la resistenza”, scrive, “era stato l’unico fenomeno di base nazional-popolare che si fosse verificato in Italia dai tempi di Cesare Augusto” - benché gestito a “un livello di prodigiosa superficialità.
“Da sinistra”, invece, Berto argomenta articolo per articolo l’assurdità di molta parte della Costituzione, e questo è deprimente. Significa che, malgrado tutto, quarant’anni fa c’era meno conformismo di oggi – meno sovietismo. O è Berto maoista sornione. La modesta proposta è l’innesto nel corpaccione qualunquista della borghesia italiana di un po’ di maoismo. Un misto di volontarismo e Realpolitik nell’accezione di Berto – si finisce sempre in Grillo. Ma il presupposto è imbattibile, la critica dell’esistente, da intendere dell’opinione pubblica: “la minoranza attiva e degenerata della borghesia italiana” che “si chiama radicalismo” è attiva a produrre “falsa coscienza e falsa cultura”. Una degenerazione incurabile: “Quando l’intellettuale è preso dall’ambizione di guardare ogni cosa dall’alto ha perduto, con le qualità umane, ogni possibilità di contatto con gli altri uomini: non esce da se stesso e dalla cerchia ristretta e selezionatissima dei suoi pari”.
Giuseppe Berto,  Modesta proposta per prevenire

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