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giovedì 11 aprile 2013

La faticata indennità parlamentare

L’indennità parlamentare è recente: è stata istituita nel 1912 con un codicillo nella legge che estese il diritto di voto, da circa 2 milioni a oltre 10 milioni di aventi diritto. Lo Statuto Albertino la vietava, art. 50. Fu introdotta a “titolo di rimborso delle spese di corrispondenza”.
Prima, i deputati ricchi e potenti lo facevano come le vergini – “non lo fo per amor mio ma per far piacere a Dio”. I socialisti invece dormivano, quando proprio dovevano andare a Roma, nel vagone ferroviario, usufruendo del cosiddetto “permanente” delle Ferrovie, a cui avevano invece diritto gratis.
L’ipocrisia della questione traspare tutta - fino al 1887, quando lo studio fu pubblicato - dalla prima delle “Questioni di diritto costituzionale e di politica”, di Domenico Zanichelli, che la biblioteca della Camera ha digitalizzato:
“Il giorno 8 Luglio 1848, mentre nella Camera dei deputati si discuteva l’unione delle Provincie lombardo-venete al Piemonte, fu proposto, come aggiunta alla legge che sanciva essa unione, dal deputato Palluel un provvedimento per il quale ai rappresentanti non stipendiati dallo Stato era concessa un'’indennità di L. 15 al giorno durante la sessione. Nonostante gli applausi delle tribune la proposta fu respinta. Pochi giorni dopo, il Senato respingeva una mozione del genere presentata dal senatore Stara.
“Nella tornata del 28 Gennaio e 1 Febbraio 1850 la Camera dei deputati discusse di nuovo la questione dell’indennità a proposito d’una petizione d’un certo Costa di Novara nella quale appunto si propugnava questo sistema. Con 87 voti contro 44 l’Assemblea passò all’ordine del giorno puro e semplice su di essa. Il 14 Gennaio 1852 il deputato Bastian tenta di dimostrare là convenienza di accordare un’indennità ai rappresentanti : a lui si oppone recisamente il Conte di Cavour, e l’incidente non ha seguito. Dopo questi vani tentativi nel. Parlamento Subalpino non se ne fecero altri.
“Nel Parlamento italiano i deputati Grispi e Petruccelli presentarono, il 9 Giugno 1862, alla Camera un progetto di legge pel quale venivano concesse L. 25 ai senatori e deputati per ogni seduta parlamentare. Sopravvenne la chiusura della sessione, e la proposta non potè essere discussa. I proponenti però tornarono alla carica il 15 Febbraio 1864 comprendendo l’indennità in un disegno di legge intitolato « Modificazioni alla legge elettorale e disposizioni relative alla Camera dei deputati », ma anche questa volta la chiusura della sessione impedì che si discutesse
innanzi alla Camera tale argomento.
“Il 12 Marzo 1874 il deputato Brescia-Morra propose di concedere ai deputati un’indennità mediante un gettone di L. 20 per ogni seduta della Camera alla quale intervenissero. La proposta non fu presa in considerazione.
“Durante la discussione della nuova legge elettorale politica i deputati Crispi e Morana presentarono emendamenti pei quali si concedevano ai deputati L. 25 al giorno durante il tempo in cui è aperta la sessione (Crispi) oppure per ogni giornata di presenza alla Camera (Morana). La questione fu lasciata in sospeso essendo stata ritenuta connessa coll’altra dello scrutinio di lista. Il deputato Luigi Ferrari sostenne allora un emendamento analogo che fu combattuto, molto debolmente, dal guardasigilli Zanardelli, ma respinto dalla Camera. Venuto in discussione
lo scrutinio di lista, gli onorevoli Riberi e Cavallotti sostennero di nuovo il principio dell’indennità, e 1’onorevole Crispi il 7 Marzo 1882 presentò un apposito progetto di legge che fu svolto e preso in considerazione alla Camera, ma non mai discusso.
“La XV legislatura uscita dal suffragio allargato non fu chiamata ad occuparsi di questa questione, ma sembra che nella XVI ora in corso si voglia risollevarla.
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“Solo una volta nel Parlamento Subalpino si sostenne che collo stabilire un'indennità non si feriva l’art. 50 dello Statuto. Si disse che lo Statuto aveva inteso di proibire la fissazione d’un onorario, d’uno stipendio ai deputati e ai senatori, non già il rimborso delle spese che essi incontravano per l'esercizio del loro mandato”. Senza effetto.

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