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domenica 7 aprile 2013

Lo scetticismo amabile di Eco, debole in filosofia

Il migliore Eco, che fa dell’ironia un’arte gentile, oltre che icastica, sempre avvolgente. Puro Settecento, argutissimo, con un pizzico di Seicento.
Verbalista goloso e repertoriatore onnivoro, dagli accostamenti sorprendenti e semplici. Brillante sempre, un Maradona dalle giocate imprevedibili sempre riuscite. Eccetto che quando ci infligge Peirce e la semiotica - anche qui non mancano. Incomparabile nella mimesi filosofica (estetica) e psicoanalitica. Con epifanie irresistibili -  Joyce, “massimo teorico dell’epifania”, ispirato dal “Fuoco” dannunziano, “che aveva letto e amato”, dal cap. 1, “L’epifania del fuoco”… Joyce è anche recensito da anonimo fascista, in un’appassionante summa della critica del ventennio - di “questo Giacomo Yoice, o Ioice, come scrive il Piovene”. La celebrazione del “sublime per eccesso” (la propria cifra romanzesca di Eco, derivata da Victor Hugo) è qui in ottima sintesi, dieci righe, pp. 174-175. E poi Eco è l’unico che ha accesso, nella sradicata riflessione contemporanea, alla medievistica, a Tommaso d’Aquino e Ildegarda di Bingen, Roberto Grossatesta, Bonaventura da Bagnoregio (non a Bacone: perché?), con i tanti Pseudo classici di cui si compiacevano.
Con molte fisse. Le cartografie, di cui è appassionato – rifà puntiglioso le bucce a Corto Maltese, “Ballata del mare salato”.. Il “punto fisso” – il “punto fijo” di Cervantes. La “polvere di simpatia”. . L’isola. L’isola che non c’è, prima di Johnny Depp e Edoardo Bennato – ah, la longitudine. Ma anche una godibilissima Repubblica Felice montata con i proverbi, la saggezza popolare - che subito la abbatte, abbatte la Repubblica e la Felicità.
Con l’esumazione di nomi e circostanze che sembrano d’invenzione: il deputato Riancey – un cattolico intransigente – che nel 1850 fece punire con una tassa i giornali che pubblicavano i romanzi a puntate,  feuilleton. Dopo gli studi di un Alfred Nettement, che avevano dimostrato la spinta diabolica, comunista, sovversiva, del feuilleton. E una compilation vertiginosa di agnizioni, da Dumas, Garibaldi, Hugo, Carolina Invernizio, Ponson du Terrail.
L’ironia si sublima in Eco. Da supponente a umile e quasi ovvia. Con effetto giocoso, senza iattanza. Il discorso riportando all’indicibile (indefinito). È debole in filosofia, l’ironia non lo consente - ma di buona stoffa, lo scetticismo amabile.
Umberto Eco, Costruire il nemico, Bompiani, pp. 339 € 12,90

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