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venerdì 25 ottobre 2013

Il mondo com'è (150)

astolfo

Giornalismo – “Qui tutto si vuole individuale al massimo e destinato al massimo all’uso della massa”, scriveva Jünger nel 1932, “Der Arbeiter”, la condizione dell’uomo contemporaneo.

Grillismo – Jünger l’aveva previsto? Che nell’“Operaio” del 1932, “Der Arbeiter”, scriveva: “Si comincia infine a vedere che un’umanità molto uniforme è qui all’opera e che il fenomeno degli scontri di opinione deve connotarsi come uno spettacolo che l’individuo borghese rappresenta ripartendo i ruoli. Tutte persone radicali, cioè noiose, il cui tipo comune d’alimentazione consiste senza eccezioni nel monetizzare i fatti in opinioni. Il loro stile comune si definisce come un entusiasmo ingenuo scatenato da non importa che punto di vista, non importa quale prospettiva, di cui essi abbiano l’esclusiva – e dunque come il sentimento di un vissuto unico nella sua forma più svalutata”.

Islam - La democrazia si dice incompatibile con l’islam perché, quella cultura non prevedendo la salvezza individuale, né per i segni della grazia né per le opere, è ad essa estraneo il fondamento della democrazia, l’uguaglianza tra i soggetti. Inoltre, si dice, l’islam è intollerante.
Locke, un tempo, dalla tolleranza escludeva sia la chiesa cattolica che gli atei. Ma è pure vero che sono alcuni secoli che i cristiani non vano più ammazzando nessuno.

Khomeini da mullah di Najaf, o Kerbela, a leader antiscià: erano gli ani Settanta, in cui i gollisti senza de Gaulle tentavano di fare le scarpe all’America in Medio Oriente, promettendo i Mirage a Gheddafi, invitando il re saudita Feisal a Parigi, costruendo per Saddam l’agognata centrale nucleare, e per lo scià, inizialmente, fermandosi al gossip, le amicizie parigine dei Farah Diba, l’organizzazione della festa del bimillenaria del 1972. Carter, Huyser e lo scià. Il Deuxième Bureau francese monta un pulpito a Khomeini a Neauphle Le Chateau, non lontano da Parigi, che presidiano robustamente, aprendogli nel contempo le vie della comunicazione in tutte le forme, discorsi, video discorsi, cassette vide, cassette audio, e provvedendone i mezzi.

Il fondamentalismo è la paura dell’Occidente. Il fondamentalismo è una malattia islamica, ma nutrita e. fino a un certo punto, gestita dall’Occidente. Il mondo arabo era diverso. Donne, fiori, dolci, pederastia, tramonti. Poesia, filosofia, estrema disponibilità – integrazione – all’Europa. Malgrado il colonialismo.

Sex free – L’amore che non vuole sesso. Il movimento,iniziato vent’anni fa nelle università del Sud degli Stai uniti, e risalito un a decina d’anni fa al Nord-Est, il Massachusetts Institute of Technology, a Princeton, e a Harvard, è sempre attivo. Dei “club di astinenza” si formano nelle università. In reazione al permissivismo residuale degli anni 1960. Ma con la pretesa di fare una rivoluzione e non una controrivoluzione: lo Harvard Abstinence Club si chiama “True Love Revolution”, la rivoluzione del vero amore.

Stato-mafia – Già Jünger lo intravedeva, scrivendo nel 1932 la sua anamnesi del mondo contemporaneo, “L’operaio”, senza scandalo, come un dato di fatto: “Si vedono sorgere grandi affaires in cui il giornalista trascina lo Stato alla sbarra della ragione e della virtù, e dunque, in ogni affaire, alla sbarra della verità e della giustizia. Assistiamo anche qui a un’offensiva sottile che prende una forma difensiva, e lo Stato liberale, che non è che un’apparenza, soccombe con tanta più certezza a questa offensiva in quanto essa si svolge al tribunale dei suoi principi fondamentali. Il quadro non sarebbe completo se non si vedesse simultaneamente la relazione che esiste tra la libertà di opinione e l’interesse. Si conoscono perfettamente i legami tra questo genere d’indipendenza e la corruzione. Che, spinta a conseguenze estreme, non disdegna sussidi estranei, intellettuali e finanziari”. Appellandosi, premetteva, alla libertà.
Jünger non poteva conoscere naturalmente il Procuratore Capo Messineo né il suo vice Teresi, ma la procedura sì - da buon cristiano, che sa di Pilato e Caifa.

Terrorismo - Torna, con le celebrazioni del centenario della nascita di Camus, il suo dissidio con Sartre. Nato con la stroncatura, nel numero di maggio del 1952, dell’ “Uomo in rivolta”, il saggio più propriamente filosofico di Camus, su “Les Temps Modernes”, la rivista di Sartre, a opera di Francis Jeanson. Per riequilibrare i pesi con Sartre, che in queste celebrazioni fa figura dello staliniano in malafede, si è ripercorsa da più parti la diversa posizione dei due amici-nemici a proposito del terrorismo. Prendendo come spartiacque più propriamente la questione dell’Algeria che non l’esistenzialismo – lo stesso Jeanson sarà in prima fila nel 1957, nel conflitto allora scoppiato, creando la rete di sostegno all’Fln algerino detto dei “portatori di valige”. Camus, francese d’Algeria, restava in fondo per l’assimilazione, e contrario a “ogni” violenza, non distinguendo fra guerra di liberazione e colonizzazione. Benché nello stesso “Uomo in rivolta” avesse celebrato i nichilisti russi del 1905, e i loro attentati, come “portatori di valore”. Sartre è per la guerra di liberazione. Fino a spingersi nel 1961, nella prefazione ai “Dannati della terra” di Fanon, a concludere: “Abbattere un uomo bianco è dare con una pietra due colpi, sopprimere nello stesso tempo un oppressore e un oppresso; restano un uomo morto e un uomo libero”.
È l’argomento che molta sinistra europea vicina ai palestinesi agita nei confronti di Israele. Sartre si spinse anzi a sostenere nel 1972 i terroristi palestinesi nell’attacco all’Olimpiade di Monaco: gli atleti israeliani erano dei militari, e quindi era un atto di guerra. Salvo dissociarsi nettamente, da ogni punto di vista, qualche anno dopo, dando un’intervista allo “Spiegel”,  dal terrorismo tedesco.

astolfo@antiit.eu

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