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lunedì 4 agosto 2014

Secondi pensieri - 183

zeulig

Barbarie – Si dismette nella storia come freccia. Come di uno sfondo remoto, o un contorno, che sfuma e si dissolve. Mentre è l’unica costante della storia, che sempre inevitabilmente  ritorna alla barbarie – è sostanza stabile e non volatile, né adulterabile. Uno storico, per  esempio, troverà molta barbarie nell’Europa odierna, specie a Bruxelles.

Chiarezza – S’intende l’opposto dell’oscurità ma non lo è: è il cammino della filosofia, attraverso la materia della filosofia, che non può essere che oscurità. Che è a sua volta una sorta di miniera che sempre si ricostituisce: più i filosofi fanno chiarezza su questo o quell’aspetto, più l’oscurità si slarga, e se fa posto in un punto s’ispessisce in un altro. 

Edonismo – È “termine greco spregiativo” per W.Pater - che lo reintrodusse con gli studi sul Rinascimento. E a proposito del “Dorian Gray” di Wilde ne preciserà il limite: nei “troppi elementi di un mondo non particolarmente raffinato dentro e attorno a sé”.
Pater aveva un problema, ribatté Oscar Wilde, che pure era cresciuto coi suoi scritti, gli “Studi sul Rinascimento” e “Mario l’Epiureo”: aveva paura della sua ombra – “è ma stato vivo?”. In clima vittoriano era una prudenza necessaria. Ma ovunque il piacere si deve negare.
Lo stesso Wilde precisa, in senso estetico e anche morale, l’inversione nei termini di Pater, ne “Il declino della menzogna”. Si ha arte, e cultura, quando “la vita viene affascinata dalla nuova meraviglia (l’arte, nd.r.), e chiede di essere ammessa nel suo circolo incantato”. La cultura e l’arte si dissolvono quando “la Vita prende il sopravvento e porta l’arte fuori, nel suo territorio selvaggio”.

Equità – Equo è per Simone Weil, “L’ “Iliade” o il poema della forza”, Ares, il dio della guerra. Ares uccide coloro che uccidono. Che detta così sembra una faida, interminabile. Ma impone e estremizza il concetto della pena. È anche, si potrebbe aggiungere, il precetto biblico, o ebraico, dell’occhio per occhio, dente per dente.

Galileo – O della resistenza: se debba essere radicale, oppure finalizzata.

È filosofo,oltre che scrittore e scienziato. Se la matematica è il linguaggio di Dio. Non il calcolo, ma l’armonia delle cifre, delle proporzioni, delle relazioni – degli “incastri”. È in questo senso, divino, che gli antichi elaborarono i fondamenti della scienza, gli antichi greci. Quando, cioè, coinciarono a cogliere le costanti nella varietà delle cose, dei fenomeni. Delle regolarità.  Enucleando la logica, la pensarono , se non la dissero, divina. Nel suo costante adeguamento, è un punto fermo.

Heidegger - Senza il nazismo, molto resta inspiegato, della vita e dell’opera. Col nazismo no.
Il nazismo lo diminuisce? Diminuisce tutto perché è finito nell’ignominia.  Ma ha combattuto, temuto, fino all’ultimo. Essendo più che meno: più temibile che debole, più efficiente che disorganizzato, più interiorizzato che superficiale, e infine più attraente che repulsivo. Più nazionale e popolare, anche in senso gramsciano. Antisemita, antislavo, antilatino: quattro generazioni si sono succedute dopo Hitler e l’Ausrottung della Germania e non sono bastate a mutare l’opinione. La barbarie del nazismo è molto profonda : radicale e radicata.

Jeanne Hersch, che ne ha opinione irriverente, da  allieva di Jaspers e ebrea, solleva però più punti deboli. Come l’uomo del sì e del no insieme. Della chiarezza e dell’oscurità. E soprattutto della forza. “Ho già scritto una volta e lo riscriverei”, insiste nell’intervista del 1996 con “Sic et non”, la sua ultima, “che Heidegger è qualcuno che gode dellla forza. La ama, ama costringere… Non vuole avere ragione, vuol essere il vincitore. È questa la sua verità. La sua verità deve diventare la mia”. Per aggiungere in fine, pensosa, sottolineando: “Non ha un vero pensiero”.  Peggio: “Ha una propensione (Liebe) per una sorta di Notte di Valpurga, in cui le tempeste imbrillantano le cose”.
Un mago, come lo voleva Hannah Arendt? Jeanne Hersch insiste: “È uno ingegnoso. S’ingegna di trovare formule inattese, che all’improvviso sbocciano e lasciano intravedere qualcosa, che finora non era stato visto... Non dico che le sue parole non abbiano nulla di creativo. Hanno qualcosa di creativo ma non la chiarezza della verità per la libertà”. 

A tratti è pleonastico più che magico: di Welt weltet che vuol dire, il mondo mondeggia? O der Raum raumt, lo spazio spazieggia?

Nichilismo – Il più rigoroso è cristiano. Anche mussulmano, e ebraico, di tutti quelli del Dio unico. Un Principio e un Termine la cui ascesa è, come diceva Blake, “scendere nell’annientamento del proprio io”.  Si ascende a Dio, già Dante lo sapeva, andando all’ingiù. Bisogna essere umili, fino all’annientamento.

Sogno – È spesso in forma teatrale – mise en abîme: sogno di sogni. “Tutto quello che vediamo dormendo  è sonno”, direbbe Eraclito.

Storia familiare – Muore appena nata, con la paternità – con fecondazione eterologa e l’utero in affitto. O era già alle origini una forma di selfie? Diavolo di un Freud, anche il selife  ha inventato.

Tre – Il fondamento delle numerologia suona all’origine come il mare. Fu chiamato thlatha dagli arabi che lo inventarono. Il mare come dell’immensità? Un’idea, nata dall’assonanza, con lieve variazione vocalica superimposta al numero? Resta ambiguo anche nella Cabala.

Vanità – “Per vanità avevo fatto a meno di lei” – della vanità (Oscar Wilde, nella polemica seguita alla pubblicazione del “Dorian Gray”. La vanità dell’umiltà. Che non può non essere atteggiata.

zeulig@antiit.eu

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