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martedì 5 agosto 2014

Il mondo com'è (183)

astolfo
Egemonia - Si torna ad abbellirla, abusando di Gramsci, ma è il potere. È come disse l’imperatore analfabeta Sigismondo ai Padri della chiesa e dotti orientali riuniti al concilio di Costanza, in particolare a un vescovo che gli rimproverava gli errori di grammatca: “Ego imperator Romanus supra grammaticos sto”.

Europa – Sul n. 51 dello “Spiegel” 2008, alla vigilia di Natale, Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia, spiegava: “L’Europa ha un grosso problema riguardo alla cooperazione. Ogni singolo Paese è, in termini di deficit e di risultati economici, in una situazione significativamente peggiore rispetto a quando l’Unione europea si è costituita (attorno all’euro). La cooperazione è quindi cruciale. Ma se la Germania, che rappresenta la maggiore economia, la rifiuta, non esiste alcuna cooperazione”.

Feticcio – È Hitler nella precoce (1933) denuncia del nazismo di Lion Feuchtwanger, “I fratelli Oppermann”. Il doppio dell’autore, che non si capacità come questo possa succedere in Germania, alla fine sbotta: “Avevano scovato tra i ferri vecchi un feticcio e veniva da vomitare al pensiero che c’erano dei professori universitari i quali bruciavano incenso a quel feticcio, e c’erano giudici che emanavano sentenze in nome di quello stesso feticcio. Era un commedia schifosa. Sul trono c’era un re in mutande e il popolo inginocchiato ne vantava i magnifici paludamenti…”. Non un pazzo, dunque Hitler ma un feticcio. È più persuasivo.

Si inaugura un campo petrolifero in Nigeria. Questa la cronaca che “La morte è giovane”, romanzo in via di pubblicazione di Astolfo, ne fa:
Altri capi hanno dichiarato juju la mattina della cerimonia il cespuglio al centro della rotatoria fra il villaggio, la piazzola degli elicotteri, il terminale e i campi. Sacro cioè, impossibile passare, sacrilegio calpestarne  l’ombra. Uno di loro, di prima mattina, ha chiesto del capo. Guardingo, temendo i soldati. L’espatriato che fa la guardia a Osanyefu gli ha offerto gioviale una Coca-Cola e cento dollari, sapendo di che si tratta. È stato un errore. Gli altri capi, che si tenevano rispettosi discosti, si sono allora manifestati, e il palaver è partito, la trattativa. Il chief esploratore ha raccontato dei cento dollari. Provocando borbottii di rifiuto e smorfie, le maschere dell’irritazione: il juju non vuole soldi, vuole il giudice. E questa è stata la parte più difficile, cercare un giudice che sancisse i cento dollari.  
“È subentrato il panico: la mattina anche in Nigeria non è facile trovare un giudice. Ma il nome dell’Ente è risolutivo. E il giudizio è lesto sulla stessa rotatoria, e non senza solennità, mentre atterrano gli invitati e un certo grado di emozione, l’arrivo delle autorità da Lagos non potendo tardare. Il giudice sbuca da non si sa dove, alto, corpulento, gli occhi arrossati, sulle spalle una toga nera, si calza una parrucca di crini grigi, chiede brusco di che si tratta, zittisce i capi, vuole che ognuno esponga la sua rimostranza, non fa domande, e statuisce: cento dollari bastano per l’uso del juju. Con una coda che colma i capi: cento dollari a testa e una carta. Una dichiarazione di sacralità, che tornerà utile se qualcuno vorrà cambiare destinazione d’uso al cespuglio che fa da rotatoria”.
Non è un caso eccezionale, la narrazione prosegue: “I capi esplicano la loro funzione di preferenza dichiarando juju questo e quello, un albero da abbattere per le esigenze del cantiere o di una strada, o una semplice mangrovia. Juju mobile è una cassetta rossa della posta inglese, che rifiorisce qua e là dove uno spostamento o un cambiamento si prospetta, souvenir d’una gita in città, poiché qui la posta non si distribuisce. Ogni albero, sentiero, anfratto può essere dichiarato juju, nel concetto inglese della legalità come game, e il divieto va monetizzato.
“Ogni poche mattine, ma anche con preavviso di minuti se c’è urgenza, si pronuncia il giudice di pace. Molti sono giudici di pace, ma il tipo è unico: è un signore bene in carne, con panciotto slacciato sul ventre prominente, le froge larghe, le guance butterate, gli occhi iniettati di rosso, la parrucca di crine sintetico. Sia il giudice che il ricorrente vanno pagati: si fa il giudizio per sapere di quanto, e normalmente si paga di più il giudice perché riduca l’oblazione”.
La moneta nigeriana è il naira, ma il dollaro vale di più, come dappertutto in Africa.
La monetizzazione del sacro è peraltro consueta in ogni sito turistico. In Africa per  esempio tra i Masai, tribù che ha fatto del turismo una professione,  e il sacro espone come folklore.

Hitler – È Catilina, oltre che feticcio, sempre nel romanzo profetico di Feuchtwanger. Nella diagnosi del preside François, tedesco di origini ugonotte, preside del Liceo dove si ambienta un filone dei “I fratelli Oppermann”: “Parole ripetute in coro, discorsi incendiari, agitazioni senza scrupolo, il più misero dilettantismo”. Un’evocazione a cui mancò l’essenziale: “«Speriamo di trovare presto anche tra noi un Cicerone»”, concluse”.

Parlamentarismo – Si assiste, oltre alla gazzarra, a miriadi di dichiarazioni senza senso di personaggi sconosciuti e senza spessore, che l’informazione conformista, Rai, Sky, Mediaset, grandi giornali, ci impongono. La lite continua, col conformismo dei media, mettono in mostra - un’inquadratura non costa, un’intervistina non si nega a nessuno - folle di personaggi incredibili se non si vedessero, per il cipiglio, l’abbigliamento, le eccentricità da oviesse, loro che sono i più pagati d’Italia, e le sciocchezze che dicono, concentrati, serissimamente seriosi. Gente di nessun nome e nessuna qualità occupa gli spazi e ha svuotato di ogni senso non il Senato ma il Parlamento tutto, con la complicità dei media. Quando non sono traffichini, alcuni noti per questo. Che mostri producono le elezioni? La domanda è qualunquista, ma cos’altro ci resta?
Il Parlamento è al centro delle Costituzioni, specie di quelle postbelliche. Che per questo non funzionano, a meno appunto di non esautorare il Parlamento, come è stato fatto in Francia e in Germania - e anche in Inghilterra: sono  giornali scandalistici che fanno cadere i governi non  Comuni. Il decadimento è forse storico, per l’avvento che il “privato” - il mercato, gli interessi preponderanti – ha preso nelle società, a danno della funzione Pubblica, di cui le Camere sono la fucina. Ma anche, in parallelo, generazionale. Il raffronto tra Napolitano e i suoi successori alla presidenza della Camera, da Pivetti a Boldrini, è improponibile, sono cose del tutto diverse.

Napolitano non è molto realizzativo. Ma un’esperienza ha fatto prima di grande efficienza, da presidente della Camera, nel ferale post-elezioni del 1992, tra gli attacchi alla lira e quelli alle istituzioni. Una Camera intimidita, messa sotto giudizio, è riuscito a condurre a una legislazione rapida e importante - quasi meglio che da ministro dell’Interno, quando bloccò il commercio di schiavi dall’Albania coi respingimenti. Dopo Napolitano, nella Seconda, non proclamata, Repubblica, le presidenze delle Camere sono state ridotte a orpello onorifico, un po’ come il futuro Senato. Al più per figure glamour, da Pivetti a Boldrini, e compreso Grasso - il cui titolo è di essere bello. E non si fa più una legge, se non per decreto e sotto fiducia.
 
Politica - Dice Sciascia che la politica è attività mediocre riservata ai mediocri. Si dice anche sui treni. Ma la politica gira attorno alla sacralità del capo: dal capo, per il capo, con il capo, è esercizio di comando prima che di controllo. Quella americana più, a suo tempo, della sovietica. Nel Pci allora più che nella Dc, anche se della Democrazia Cristiana i capi erano numerosi.
Quando si pensa alle notti fumose trascorse a menare il torrone, nelle sezioni di partito e sindacali, le cellule, i gruppi, i consigli comunali, provinciali, regionali, i comitati, tutto ciò ha un senso nella sacralità dell’esito: diventare capo. Arricchirsi si fa più proficuamente in altri modi, la politica si ama perché dà un’autorità.
Un gioco narcisista, caduco, eunuco. Inspiegabile: di mediocri spesso, più delle masse che in essi si specchiano. Ma i potenti e gli aspiranti richiamano a grappoli i ragazzi ambiziosi e le ragazze – anche se per parata, chi ha le chiavi dell’amore già comanda. È per questo la politica un esercizio attraente, per la vergogna della razionalità, Max Weber si arrampica sugli specchi. In Africa si vede, dove il potere è dappertutto transitorio, ma il suo fascino non scema e anzi si accresce.

Settanta – Gli anni Settanta di cui si favoleggia sono i Sessanta. Gli anni Settanta sono della politicanteria, della “linea”, della repressone. Del terrorismo. Dell’unisex. Dell’ardore femminista che tanti guasti ancora produce. Gli anni in cui l’Europa, con l’Ostpolitik e gli euromissili, fu per diventare sovietica.

astolfo@antiit.eu

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