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giovedì 7 agosto 2014

Il traditore onesto

Il poeta della fame, della terra, delle erbe, delle piante, delle acque fu arrestato e processato dopo la guerra come collaborazionista dell’occupante nazista. Passò due anni in manicomio, dove redasse queste note, nelle quali ripercorre la vicenda giudiziaria. Fu infine condannato a una pena pecuniaria, cioè alla povertà. A casa sua ma nel disprezzo: pacchi di suoi libri gli venivano buttati dai concittadini nel giardinetto.
Malgrado la sconfitta, è uno che non si scusa e non si pente. Nobel del 1920, aveva mandato nel 1939 la medaglia-ricordo del Premio in omaggio a Goebbels. Hitler non gli era piaciuto, un chiacchierone – gli aveva parlato per ore di una ferrovia da costruire nell’estremo Nord della Norvegia. Ma ne scrisse e pubblicò l’epicedio dopo morto a guerra perduta, il 7 maggio 1945.
È un traditore che non si nega: “Scrivendo, dicevo ciò che credevo”. E che cosa credeva? “Che la Norvegia avrebbe occupato un posto assai eminente fra i paesi germanici d’Europa”. Il suo credo è onesto, cioè manifesto – non il tipo “non sapevamo”, “non volevamo”. “Tengo in alta considerazione il rispetto per l’autorità giudiziaria del mio paese”, conclude: “Ma non più in alto della mia coscienza del bene e del male”.
Era stato esempio della cultura del Blut und Boden, sangue e terra. Filotedesco anche nella prima guerra, antianglosassonne, poiché antidemocratico, fin dalla giovinezza. Pur avvalendosi, come notò Thomas Mann, “di influenze americane”, oltre che russe, nella scrittura.
Knut Hamsun, Io traditore

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