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giovedì 23 ottobre 2014

Anti-Proust, o vita dura in Normandia

“La gentilezza dei toni era riservata all’esterno”. I ricordi dell’infanzia, dell’adolescenza, e poi del rifiuto, della stessa scrittrice come un manuale di vita familiare, di paese, normanna, dei modi d’essere e di dire, di appena ieri e remoti, la laconicità, le puzze, la litigiosità. Allargati, attraverso i nonni, agli inizi del Novecento. Quando la vita dei più era, più o meno, bestiale. In forma di trattato di pacificazione col padre, “uomo di campagna”, in occasione della sua morte.
Una  ministoria di vita vissuta, della piccola gente. Una sorta di anti-Proust, involontario – giusto perché i luoghi sono quelli di molto Proust, Balbec-Cabourg, Trouville, Deauville, etc., e più per la concisione. Una memoria della “civiltà” contadina, quando l’evento memorabile di una vita d’uomo – la donna non “esisteva” – era la leva militare, sia pure al fronte. Poi trascorsa in vita operaia, senza entusiasmo, neppure di classe, e anzi rassegnati alle molte malattie. Infine in quella di bottegai.
La scoperta del padre da morto è genere diffuso. Da Annie Ernaux prima degli altri, Il posto” è di trent’anni fa. Ma l’esercizio è originariamente di Simenon, “Lettera a mia madre” e le tante memorie delle “Dictées”. Annie Ernaux l’ha trasposto nel mondo rurale, con originalità, che si fa valere alla lettura come genuinità. All’apparenza dimesso, un lavoretto, uno sfogo occasionale, per il padre e contro la letteratura-letteratura (un lampo polemico s abbatte su “L’expérience des limites” di Sollers, non citato), è un libro duro e durevole. Ben più di un manuale di antropologia – ammesso che se ne facciano sulla Normandia, luogo degli snobismi per eccellenza, come se la Senna vi portasse Parigi alla deriva fuori le mura: “Ho finito di riportare alla luce l’eredità che, qua do sono entrata nel mondo borghese e colto, avevo dovuto posare sulla soglia”. Un’eredità comune, si può aggiungere, al di qua delle Alpi, e comunemente rimossa, pur nello strasbordare delle autofiction  e i “mi ricordo”, del farsela addosso.
L’evocazione è anche un risarcimento: “Soltanto una memoria umiliata ha potuto far sì che ne serbassi delle tracce” – “Mi sono piegata al volere del mondo in cui vivo, un mondo che si sforza di far dimenticare i ricordi di quello che sta più in basso come se fosse qualcosa di cattivo gusto” . E s’intende autoumiliata, chi altri può essere “il mondo”? Annie, nata nel 1943-1943, diventa professoressa, la vita di paese scompare, il ciclo si chiude, viene il tempo della penna a sfera, uniforme – “nel dopoguerra cominciano a diffondersi le stanze da bagno”, il padre non se ne curerà mai, il bagno l’ha fatto costruire ma continuando a lavarsi in cucina. Il padre muore quando la figlia vince il concorso.
Annie Ernaux, Il posto, L’orma, pp. 114 € 10


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