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domenica 17 maggio 2015

Il mondo com'è (216)

astolfo

Bisanzio - Fu allegra. Si ballava, per le strade risuonava il hasapiko, quasi una tarantella, Hadjidakis l’ha riscoperto. Anche se da tempo aveva rotto con Roma, per la superbia del patriarca Fozio, che pure fu benemerito bibliofilo. Ben prima delle manovre del santo Gregorio Palamas, contro le quali si infrangeranno i tentativi unionistici di due generosi calabresi, i frati basiliani Barlaam e Pietro Vitale.

Il monachesimo italogreco fu relativamente esente dall’infezione polemica dello scisma. Molti monaci erano arrivati in Calabria da Costantinopoli nell’Ottavo secolo, in fuga dalla lotta iconoclastica, gli altri in fuga dalla Palestina e l’Egitto dopo la conquista araba, in cerca di pace. Ma ha perso ogni funzione – ora tenta di ricostituirsi, a san Giovanni Therestì e qui o là, ma è poca cosa. L’aveva persa già nel Quattrocento, quando si svolsero i primi, e ultimi, tentativi unionistici, a livello conciliare.

Glamour – È svanito con la licenza, e con la secolarizzazione totale che è il mercato. Il tappeto rosso a Cannes è più posticcio che negli anni 1950-1960: pettinature, trucco, abiti, pose. Più falso anche, allora qualche attrice, qualche attore ancora si credeva, credeva in se stesso: c’erano le dive i divi, oggi sono tutti impiegati del catasto – portano il nudo come se avessero freddo, carni secche, fardate, visi senza carattere. Catherine Deneuve, che ha memoria dei tempi passati, lo dice giustamente: “Ma le dive non esistono più”.

Guerra fredda – Si stava meglio quando si stava peggio? Emanuele Severino non ha letto il libro di Sergio Romano che svolge questo paradosso, “In lode della guerra fredda. Una controstoria”. Ne ha sentito parlare, e dice che dice le stesse cose che lui ha detto molti anni prima. Che lui Severino molti anni prima avrebbe detto benefica la guerra fredda, in quanto precludeva la guerra reale, con gli scoppi e morti. L’aveva detto anche a Bobbio, che invece temeva il peggio. Ora dice (sul “Corriere della sera” di giovedì 14): “È il venir meno della guerra fredda a spiegare la crescente pericolosità del mondo”.
Non è solo autorappresentazione e autoelogio. Severino (Romano non si spinge a tanto, si limita al paradosso)  traspone nell’arma assoluta l’autorità dello Stato. Contro ogni condizionamento di  parte, “democraticistico”. Rifacendosi a Luigi Einaudi.

Lavoro femminile – È stato a lungo italiano, latino, mediterraneo. In casa, nei campi, nelle lavorazioni artigianali, domestiche (tessitura, sartoria, conserve) e fuori. La donna americana vi si è avvicinata tardi, e più attraverso il lavoro femminile immigrato, la donna inglese tuttora è restia, e nel mondo germanico in genere. In Francia da mezzo secolo la politica demografica favorisce la donna in famiglia rispetto al lavoro, senza  ripensamenti, anche se si è dovuto fare maggior ricorso al lavoro immigrato. Solo in Italia peraltro il lavoro è considerato l’occupazione per eccellenza della donna – ne è un segno anche il recordi mondiale italiano della maternità ritardata, sotto e sopra i quarant’anni.

Luddismo – La resistenza all’innovazione è soprattutto dei sindacati. La distruzione delle macchine  innovatrici fu diffusa soprattutto nel Cinquecento, secolo più di altri innovativo e anzi “esplosivo”: Macchine e procedimenti innovativi, nel trebbiatura, la tessitura, perfino la stampa, pure di conio recente, erano causa di proteste e moti anche sanguinosi, a opera delleorganizzazioni di arti e mestieri. Si rompevano le “arti” tradizionali, le gilde, o sindacati di allora.

Mancession – L’industria degli accessori maschili, compresi quelli dello sport e della fitness, supera probabilmente quella tradizionale femminile, delle borsette, i foulard, i cappelli etc. Una trentina d’anni fa era già possibile  contare tredici accessori maschili per la palestra, diciotto per lo sci, ventisette per il trekking, sport povero, ventidue per la pesca, otto, costosi, per andare in moto. Ad essi va aggiunta la cosmetica, sempre più vasta. E l’adozione degli accessori femminili. Fino alla Manx, la guina Spanx maschile, al perizoma a laccio, e ai meggings, i leggings per uomo, o i mantyhose, o collant, e agli assorbenti (Tena Men). C’è tutta una linea di mangeria, o lingerie da uomo – Costanza Rizzacas d’Orsogna illustra su “Io Donna”.
È come se il femminismo avesse portato, più che a una maschilizzazione delle donne, alla femminilizzazione: l’uomo si carica di accessori, e più della donna ha sostituito le vecchie occasioni, mattino, pomeriggio, sera, con gli impieghi del tempo, lavoro, casa, week-end, sport. Per i cosmetici la linea uomo è quella in maggiore ascesa, allargandosi al manscara. Lo stesso trionfo della culinaria è maschile.  Un rovesciamento di ruoli: l’uomo si prende quello tradizionale della donna. Si potrebbe dire che si prende tutt’e due, anche quello della donna. Ma in realtà ha abdicato al ruolo tradizionale maschile. Che non era certo più quello del cacciatore e del procacciatore della selvaggina e di una capanna, ma era pur sempre attivo e fattivo. L’epoca sarebbe alla mancession, la recessione dell’uomo, o della virilità. Che non sembra malignità femminile.

Oversharing – È l’ultima angoscia, l’eccesso di condivisione. Di date, luoghi, eventi, amori, storie, passioni, figli, pets. Maria Teresa Cometto segnala da New York questa preoccupazione in termini di mercato pubblicitario. Poiché si sa che i social forum, face book, linkedin e altri, sono in realtà delle mailing-list mirate a fini commerciali. Autocostituite e autogestite, e perciò più affidabili. Una innovazione delle strategie di marketing, e in questo senso geniale: poiché è l’utente che “si fornisce” in abbondanza, in abitudini di spesa, gusti, capacità di spesa. Ma sono anche un dispendio di effettività o emotività. Come buttare tutto dalla finestra, nell’intento di condividere - la condivisione è emotivamente selettiva. Se non ora, presto la novità sarà satura (matura, obsoleta).

Russia - Si celebra a Mosca il 9 maggio la Vittoria contro il fascismo nel mondo – non contro il nazismo, l’odio dei tedeschi è solo occidentale. Oggi come ai tempi di Breznev – e presumibilmente di Stalin. La Russia è da un secolo filotedesca.
Una sorta di relazione speciale c’è sempre stata tra la Russia e la Germania, dai tempi di Pietro il grande. Fatta di principesse fattrici e reggitrici, di volenterosi e abili immigrati e, a partire dal 1917, di accordi sempre reciprocamente convenientissimi. Dalla pace separata, all’assistenza militare  tedesca all’Armata Rossa di Stalin, anche dopo il 1933 e l’ascesa di Hitler alla Cancelleria a Berlino  L’alleanza con Hitler portò alla Russia nel ’39 l’Ucraina polacca, con Bielorussia, Bessarabia, Estonia, Lettonia, Lituania. La liberazione della Germania dal fascismo nel 1945 – dopo la follia dell’attacco di Hitler alla Russia - le portò la Polonia tutta, con Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria e un terzo della Germania abbondante, più Sakhalin e le isole Curili. La Russia  non ce l’ha fatta con la Finlandia, ma non per colpa della Germania.
Sosteneva Giorgio Galli nel 1970 (“La tigre di carta e il drago scarlatto. Il pensiero di Mao tse.tug e l’Occidente”) che la Russia non ha la democrazia perché non ha avuto la caccia alle streghe: è “mancato il rapporto sfida-risposta”. Si spiegherebe perché l’America vi indulge, da Salem a McCarthy. Si spiega anche l’ingovernabilità anarcoide succeduta al sovietismo, cui Putin ha dovuto mettere riparo con mano dura.
A meno dell’ortodossia, che è sempre stata severa in Russia. Anche con Stalin. E col papa: il pio Solov’ëv fu detto eretico per avere apprezzato a Roma la messa del papa..

È l’antilatinità che ha portato Costantinopoli a Mosca, che così può pretendere di essere Roma e Gerusalemme insieme. Ufficialmente dal tempo di Ivan il Terribile, il primo zar (cesare), di fatto da molto prima. Per colpa dei “franchi”, cioè degli Occidentali – gli stessi greci i fichidindia chiamano fichi franchi. Ancora nel 1812 Napoleone invadeva la Russia per “dare una lezione al grasso bizantino” Alessandro I. Ma più conta l’antilatinità, sotto le sue varie specie: laicismo, antipapismo, sradicamento, l’etnodissoluzione, la remissività, il ritiro.

La resurrezione ha ruolo preminente nella “vera fede”: l’uovo, l’agnello, la redenzione, il “Christòs anesti”, Cristo è rinato. Dopo che Dio, cioè, è arrivato sulla croce al bordo del nulla. La miscredenza ha penetrato l’Occidente col rifiuto della resurrezione, il mistero pasquale. In un primo tempo lo rifiutò pure l’Est: fu sulla Redenzione che l’aeropago di Atene, che fin lì sembrava accettare la rivelazione di Cristo, licenziò san Paolo: “Di questo magari ci racconti un’altra volta”.

astolfo@antiit.eu 

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