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martedì 19 maggio 2015

Renzi perde 4-3

Doveva finire 7-0, finirà 4-3, e non sarà una vittoria ma una sconfitta (potrà pure finire 4-4, bisogna vedere quanto è duro ancora lo zoccolo ex Pci in Umbria). All’improvviso è frana, e proprio sul punto considerato più solido, il piedistallo di Renzi: sondaggi in calo, campagne elettorali di cui i media hanno problemi a celare le vergogne, in una settimana o poco più il colosso sembra sgretolato.
Ai primi ostacoli, la scuola e le pensioni, lo stesso Renzi si mostra imbizzarrito. A suo agio nelle beghe di partito, recalcitra davanti ai problemi quando si pongono. Nella conferenza stampa sulle pensioni sembrava perfino avere perso l’uso della lingua - “ricche” le pensioni da tremila euro lordi, “dare” 4-500 euro una tantum quando ne toglie tremila, più l’aggiornamento mensile, quel “togliere ai ricchi per dare ai poveri” a cui nessun povero ha mai creduto, giustamente, e il “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani” quando tutti si stanno facendo i conti degli aumenti comunali e regionali. Le elezioni cadono in un brutto momento, tra 730, Imu, Tasi, Tari, e ticket a gogò.
Può sempre finire 7-1, ma in discesa, per l’assenteismo, che peserà più sulla destra che sul Pd. E con percentuali che faranno vergogna all’Italicum, di meno cioè del 40 per cento.  La destra è divisa e litigiosa, e i sistemi elettorali delle sette regioni sono maggioritari e anzi plebiscitari: vince chi prende più voti, anche se pochi. Non ci sono percentuali minime, e non si fanno ballottaggi – eccetto che in Toscana, dove però il voto è sempre compatto, da qualche decennio a sinistra. E tuttavia il Pd rischia di non farcela, là dove, fuori da Umbria, Toscana e Marche, lo zoccolo ex Pci non c’è o si è dissolto. Nella dissoluzione del centro-destra, è il Pd che fa e disfa, e cioè Renzi. A favore dell’astensione, e del voto ancora di protesta, ora per Salvini oltre che per Grillo.

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