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domenica 17 maggio 2015

Renzi asfaltato nell'assalto all'Inps

Non c’è solo l’affarismo milanese (Monti, Passera, Boeri) dietro la confusione montata contro la previdenza pubblica. Cioè l’affarismo c’è, e avido: si tratta di liquidare l’Inps e prendersi in gestione i suoi 300 miliardi di pensioni annue, per 22 milioni di famiglie. L’affare è enorme, le zanne quindi affilate, sotto le maschere professorali. Ma questo disegno è possibile per la debolezza, se non è complicità, della Funzione Pubblica. Dal governo, al Tesoro, agli enti economici quali l’Inps.
La sinistra Pd non è immalinconita e in ritirata come si dice, anzi vede già l’abbattimento del “tiranno” Renzi. Per la sua incapacità di gestire la mina pensioni, la prima che si è trovata al governo. Facendosi montare una questione irrisolubile sulla sentenza della Corte Costituzionale. Che furbescamente pensa di disinnescare rinviando la decisione al dopo elezioni. Ma avallando le cifre esagerate messe in giro da Passera, Monti e Boeri proprio per creargli problemi. Sarebbe l’evidenza, secondo i suoi nemici interni, della scarsa capacità di tenuta di Renzi al primo inciampo.
Gli oppositori interni dicono anche di peggio. Che Renzi forse non sa, ma sicuramente non può sottrarsi alla sua constituency, che sarebbe l’affarismo finanziario che lo ha sostituito a Monti e Letta. Ma non c’è bisogno di crederci per dire che Renzi si è lasciato imbracare. È il Tesoro, l’ex ministero delle Finanze, che sbarella e dà cifre assurde. Mentre il presidente renziano dell’Inps Boeri e il sottosegretario Zanetti, uno di Monti, si divertono a dire le pensioni un furto. Tanto, loro non rischiano nulla, non sono in politica
È una sorta di harakiri, va aggiunto, anche della Funzione Pubblica. Che da se stessa dice: se non è privato non funziona. Una insipienza che ognuno vede – quando le pensioni saranno gestite da Generali non saranno più un furto?
I due argomenti vengono infine collegati. La scarsa reattività di Renzi di fronte all’imprevisto, in una campagna elettorale che potrebbe troncarne la carriera, è dimostrato dalle argomentazioni che si fa imporre da Tesoro e Inps: che bisogna togliere ai vecchi per dare ai giovani, e che la riforma Fornero ha liberato risorse per i giovani. Improntitudine. Possibile nella passività di fronte all’affarismo che da qualche tempo contrassegna i media, ma che su questo argomento sbatte contro cose che tutti sanno. Che la Fornero non ha fatto giustizia ma cassa – non un euro dei risparmi è andato all’occupazione dei giovani, o a una migliore gestione dei loro accantonamenti previdenziali. E che i giovani hanno vissuto per sette anni ormai, e tuttora vivono, a spese dei vecchi, di quelli che sono in grado di mantenerli.
L’argomento anti-Renzi della sinistra Pd non appare infondato. Su sei milioni di pensionati toccati dalla sentenza Renzi fa capire che ne salverà due a parte intera e due a metà, lasciando gli altri alla deriva. Le pensioni, nel suo perenne selfie, suppone così di gestire furbamente. Mentre il calcolo gli aliena tutt’e sei i milioni, e anche i non pensionati. Dov’è finito il rottamatore, se la lingua è tornata biforcuta? E il riformatore, se deve eliminare le pensioni? È come se Renzi mostrasse di ritenere l’innovazione e il riformismo un fatto di età, e non di cose fatte. La prima elezione vera in cui s’imbatte, in effetti, potrebbe risultargli letale.



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