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martedì 9 giugno 2015

L’altro Petrarca

Un paio di eleganti scarpette variegate (di pelle vaïr), in dono a una ragazza di paese a Vaucluse, la fantasia di una vecchiaia con gli amici di gioventù, Vaucluse come luogo della solitudine, il cagnolino Zabot, “trottola”, un anticipo della tardo novecentesca “morte dell’autore”. Un libriccino di una dozzina di epigrammi slegati, incredibilmente attraente, per più motivi. E non c’è pure Mafia Capitale? Il testo titolato “Un nemico pubblico” è attorno a un innominato ma romano eponimo, detto in chiosa “praepotens sed perniciosus”.
I brevi componimenti latini qui tradotti sono sparsi per i vari codici, nella varie opere e nelle lettere, rapidi e non riscritti, sebbene sempre finitissimi e in punta di penna, a margine di una riflessione, opera di distrazione. Circa 800 di questi versi sono stati contati. Niente in sé, e tuttavia danno un altro Petrarca. Un’altra persona e un altro poeta. Non programmatico, non teorico. Anche per l’aiuto di Francisco Rico,  il filologo spagnolo autore de “Il sogno dell’umanesimo”, e di Boccaccio e Petrarca “Ritratti allo specchio”.
Rico ha avuto l’idea della breve silloge, ed è l’autore della scelta. Che presenta con note sbrigliate ai singoli componimenti, ricostruzioni finissime dei contesti, e due brevi saggi. Uno sulle ambizioni di autonomia che l’intellettuale Petrarca non ha mai smesso di coltivare, tra tante difficoltà, ad Avignone, a Napoli, a Pisa, a Parma, a Padova, a Milano, proponendosi a questo o quel regno, principato o repubblica. Di lasciare il servizio della famiglia prelatizia dei Colonna, per quanto benevola, e accudire alla letteratura. Mentre divisa l’opus magnum, il grande poema epico che non scriverà. E uno, estremamente denso, sul petrarchismo. Partendo dal concetto medievale di expolitio, l’artificio retorico di “tirare a lucido” la stessa cosa. Ciò si faceva, dice Rico con Geoffrey de Vinsuf, “Poetria Nova”, “per due vie: dicendo la stessa cosa in vari modi, o dicendo avari modi della stesa cosa”. In queste istantanee è diverso.
Il componimento che Rico intitola “Gabbiani”, sull’amicizia con Ludovico di Beringen, musicista fiammingo, e sull’amore, sottinteso di Laura, ribalta il “Canzoniere”: “La Laura del «Canzoniere» è un a belle dame praticamente sans merci, inaccessibile e schiva. Qui gi inidizi dicono putosto che lei corrisponda all’amore del poeta… Non siamo di fronte allo stesso mondo e alla stessa Laura”.
Francesco Petrarca, Gabbiani, Adelphi, remainders, pp. 101 € 1,92

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