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lunedì 8 giugno 2015

Miracoli a Milano

Mr Bee mette mezzo miliardo nel Milan. Forse. Di soldi non suoi. Per un progetto di merchandising. Tanto basta per sprofondare Milano nelle meraviglie. Il “Corriere della sera” schiera quattro grandi penne dello sport e due pagine per magnificare il “magnate”. Uomo ricco, viene detto, ricchissimo, dai molteplici interessi e dai visionari investimenti. Stessi toni, benché più sulla meraviglia (“ma chi glielo fa fare?”), sapendo che nel calcio c’è poca trippa, della “Gazzetta dello Sport”. “La Repubblica” è cauta, l’editore De Benedetti sa chi è Mr Bee, che dice “fantomatico”. Ma spreca anch’essa pagine in lode del salvatore del Milan.
Questo Mr Bee è forte di Gls, Global Legend Series, una specie di campionato di vecchie glorie europee inventato per l’Asia da Fabio Cannavaro – una sorta di circo ambulante. Sigla che usa per far capire che gestisce i cartellini di numerose vedettes mondiali del calcio. Di suo è un immobiliarista, dice. Di una famiglia di immobiliaristi. Diventata ricca in Austrialia, dice.  È un viziosissimo name dropper. A Enzo Currò di “Repubblica” dice che del suo “progetto Milan” ha parlato con Rothschild. E lascia intendere che Rothschild lo ha presentato a Berlusconi. Mentre ha parlato, forse, con l’ufficio Rothschild a Milano, un nome prestigioso che però fa solo consulenza d’affari. E così via di questo tono, da Obama alla regina Elisabetta, tutte le porte gli sono aperte.
Ma è alto e magro, e fantasioso, e la città è ai suoi piedi. Milano, la crema del giornalismo milanese, non distingue tra arabi e cinesi. Tra principi arabi e borghesi cinesi. Tra patrimonio, di cui gli emiri arabi sono ricchissimi detentori, e affari, che invece in Cina e dintorni sono una specialità. Una distinzione pure elementare.
Era successo con Thohir, il “magnate” dell’Inter. Che per la verità, essendo indonesiano, all’apparenza non è così spregiudicato come i frombolieri cinesi. Ma il “magnate” Thohir non ha speso nell’Inter un euro, e usa il club milanese per pagarsi interessi elevati, sull’8-9 per cento, sui prestiti alla stessa società che riesce a intermediare da banche asiatiche. Un mediatore di affari, con sede alle Caymane.
Più miracolosa di tutto è la supponenza ambrosiana: ritenere i furbissimi, abilissimi asiatici dei selvaggi, con l’anello al naso. Lieti e grati di essere sbarcati nella piccola Hong Kong che è Milano, minuscola, senza il mare.

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