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mercoledì 27 gennaio 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (273)

Giuseppe Leuzzi

Potere insindacabile ai prefetti di sciogliere un consiglio comunale per l’onnipresente concorso esterno in associazione mafiosa. Basta la parola: il contenuto non conta, non si fanno inchieste giudiziarie, non si condanna nessuno. Giusto per tenere in soggezione il Sud. Per fare anche un po’ di carriera e lucrare un po’ di diaria. La mafia è porto franco dell’inefficienza dell’antimafia, di prefetti e questori.

“Voi non ci site mai quando il mio bene svanisce”, urla al giudice calabrese che presiede alle misure di prevenzione, il protagonista calabrese di “Saltozoppo”, il romanzo di Gioacchino Criaco, un killer in libertà vigilata al quale hanno rapito l’innamorata: “Non ci siete mai stati. Voi arrivate sempre dopo, a chiedere conto del male”. In effetti è così: nessun pizzo, sopruso, ricatto, l’armamentario degli “avvertimenti” mafiosi, è stato mai punito preventivamente.  

Banche disastrate nel Veneto: i soci di Popolare Vicenza e Veneto Banca hanno dovuto reintegrare il capitale per non vederle fallite, si erano mangiate tutto. Non è la prima volta e non sono i soli casi - Antonveneta, ha portato al quasi fallimento il Monte dei Paschi di Siena che se l’era comprata. Ma questo non fa il Veneto truffaldino. Il leghismo è un’ottima corazza protettiva. Come un prete che si assolve, ne mentre che rampogna i parrocchiani, peccatori.  

Quei levantini greci non si sanno fare i conti
La Danimarca, cinque milioni e mezzo di abitanti, ventimila rifugiati nel 2015, si appropria dei beni degli stessi. In conto futuri servizi. La Grecia, il doppio di abitanti, un paio di milioni di rifugiati nel 2015, viene per questo espulsa dalla Ue. Non proprio espulsa, si fa un muro tra la Grecia e la Macedonia.  Perché non ha saputo impossessarsi dei beni dei rifugiati. Anzi, non li scheda nemmeno.
Il perché in realtà non si sa. Ma tutto avviene senza scandalo: il Nord fa sempre bene, il Sud fa sempre male, il Nord ha ragione, il Sud torto. E poi, i greci non sono greci? Cioè levantini. Cioè imbroglioni. I danesi, che sono forse i più ricchi d’Europa, sono considerati, oculati, ordinati. Uno legge i giornali e strabilia. Non quelli danesi, quelli italiani.
È vero che la Grecia è grande tre volte la Danimarca. Ma si disperde tra seimila isole e isolotti. Dite che potrebbe tenere i profughi a mare, ammollo?

Un Nebenland, o il matrimonio infelice
Le renitenza alla leva militare obbligatoria, per sette anni, la primissima novità dell’unità, fu al Nord uguale come  al Sud. La prima statistica dei processi per “procurata inidoneità” alla leva, nel 1870, censisce 134 casi, di cui solo la metà, 67, al Sud. La statistica è riportata da Luigi Lombardi Satriani in “Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud”. Ma è vero che l’odiata leva fu la prima causa dei rigetto dell’unità subito dopo gli entusiasmi. Insieme con la carta moneta, il centesimo, la manomorta (i beni ecclesiastici appropriati dai borghesi servivano a sfamare e curare i poveri), e più tardi, 1868, l’imposta sul macinato. La Sicilia, che già nel 1862 si ribellava, viene presto rappresentata dai cantastorie come un povera sposa cui il matrimonio è riuscito infelice – la sposa maledice il giorno del matrimonio.
Emilio Sereni, “Capitalismo e mercato nazionale in Italia”, sarà dello stesso parere: “Il mezzogiorno diviene, per il nuovo regno d’Italia, uno di quei Nebenländer (territori dipendenti) di cui Marx parla a proposito dell’Irlanda nei confronti dell’Inghilterra, dove lo sviluppo capitalistico industriale si è bruscamente stroncato a profitto del paese dominante”.

La percezione
L’onorevole Enrico Ferri positivista lombrosiano, socialista poi fascista, indirizzò la Camera il 14 dicembre 1901 in questi termini: “Nel Nord vi sono casi di delinquenza, e sono eccezioni; nel Sud sono invece eccezioni le oasi di onestà”. Non sono diverse oggi le cronache milanesi, specie del “Corriere della sera”, ma non è questo il punto. Il punto è che – la cosa naturalmente non è vera – questa è la “percezione”. Come del tempo, che si percepisce magari più freddo, o più caldo, di quello che è. Senza torto per nessuno, queste percezione è dei meridionali per primi.
Solo che del clima la percezione è un dato tecnico-scientifico, ancorato a misurazioni e dati di fatto, quella del Sud è un’aggressione. Già Gramsci lo sapeva, poco meno di un secolo fa, annotando fra le sue letture in carcere il fastidio che gli procurava il “materialismo” (positivismo) di Antonio Graziadei, altro socialista e futuro accademico, con le generalizzazioni. Sull’Italia, pettegolezzi non innocui. “Sugli «italiani» in blocco, tutti senza carattere, vigliacchi essere civilmente inferiori”, che definiva “una vera e propria retorica deprimente da falso furbo, tipo Stenterello-Machiavelli”. E sul Sud: “Il materialismo storico di Graziadei assomiglia a quello di Ferri, di Niceforo, di Lombroso, di Sergi, e si sa quale funzione storica questa concezione biologica della «barbarie» attribuita ai Meridionali (anzi ai sudici) ha avuto nella politica della classe dirigente italiana”.  

Black Africo
Cominciò Alvaro, che nel sussidiario “Calabria”, o nella conferenza sulla Calabria che tenne alle dame fiorentine del “Lyceum” nel 1928, parlò di africoti dispersi per l’Emilia negli anni 1920, dopo un terremoto o un’alluvione, che si nutrivano masticando paglia. Poi venne il contributo di Tommaso Besozzi, “L’Europeo”, 1948: “Ad Africo esistono solo tre case provviste di latrina e ci sono solo tre persone che posseggono un ombrello. Ma, essendo le strade del paese troppo strette perché ci possa passare un ombrello, se ne debbono servire solo quando vanno a Bova o a Motticelle. Le mucche, in ogni stagione, vagano libere per la montagna e nessuno le segue, perché non danno latte. I pastori, per accendere il fuoco, battono la pietra sull’acciarino…”. Non avevano i fiammiferi.
Il pezzo, ripescato con orgoglio da africo.net
continua così: “Non hanno vino, né formaggio, né olio, né ortaggi. La terra non dà frutto. L'anno scorso ci fu uno che dissodò un campo nuovo e provò ancora una volta a seminarci grano: ne seminò trentadue chili; ne raccolse trentaquattro”. Ma che ci avranno fatto i duemila africoti là sopra?
Poi venne Stajano contro don Stilo: qui non siamo più nella fame ma nel sottogoverno – che il giornalista milanese scambia per mafia (e oggi riedita). Ora vengono i Criaco, di Africo Africo, coi mitra, la droga, la ‘ndrangheta, affiancati a santi e santini, su cui giurare: una favola, mentre è gangsterismo facile, una  piccola Chicago anni 1920 del proibizionismo in chiave cocaina. Non una favola anti-‘ndrangheta, la quale si guarda dagli omicidi, se non per questioni di concorrenza interna – la ‘ndrangheta viaggia cl codice penale: vuole solo arricchirsi sul lavoro degli altri. Dunque, le anime nere esistono.
Gian Antonio Stella, riproponendo venerdì sul “Corriere della sera” il reportage besozziano, lo introduce così: “Quando arrivò la prima corriera, ad Africo sembrò quasi fosse atterrata un’astronave”. Però, sapevano di astronavi.

leuzzi@antiit.eu

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