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lunedì 29 agosto 2016

La colpa del fatalismo è di Platone

Un’aurea trattazione, che dice tutto dell’islam come lo conosciamo alla prima pagina, benché risalga al 1980: “In un’era come la presente, nella quale il sentimento religioso sembra in molte parti del mondo affievolirsi notevolmente, l’Islam è fra le religioni una delle più attive e vitali”. Ma dire l’islam una religione è improprio: “Dīn “(che usualmente si traduce poco esattamente come «religione» nelle lingue occidentali) è qualcosa che abbraccia sia la nostra religione sia la nostra politica, è regola di vita, legge, mentre le mancano le connotazioni sacerdotali-ritualistiche”.
Dice anche, sempre nell’introduzione, come avrebbe potuto, potrebbe, essere un altro islam: “L’islam ha subito fin dalla seconda metà dell’Ottocento una profonda rielaborazione ad opera di quel «modernismo» che, al contrario del movimento cattolico dallo stesso nome, non presenta, dal punto di vista islamico, caratteri di vera e propria «eresia» ed è andato sempre più conquistando ampi strati – anche popolari – di musulmani”. Del “nuovo” islam trattando all’ultimo capitolo, sulla contemporaneità, ma il libro è del 1980. Due ispiratori enucleando, Mohammed Iqbal e Moahmmed Abduh, poi annegati dall’onda fondamentalista del khomeinismo – e dalla rincorsa antisciita, antiraniana, del wahabismo in funzione pilota dei sunniti. Che sono, dice subito Busani, il 90 per cento dei musulmani. E non sono anti-occidentali, si può aggiungere, ma sì per battere il khomeinismo anche su questo terreno. Prorio mentre il khomeinismo si accorda con l’Occidente… - non bisogna divagare, la levantinizzazione è sempre in agguato nel mondo islamico prossimo.
In sei capitoli vengono esposte e comentate la teologia, la legge, la mistica, le comunità non sunnite, specie lo sciismo, la storia, la modernizzzione.Con un’utile guida alle trascrizioni fonetiche. Un’appendice dello stesso Bausani sul movimento Bahai, derivato dell’islam, cui lui stesso apparteneva. E due aggiornamenti a cura di Stefano Allievi, al 1998: la bibliografia disponibile e “L’islam nel mondo”, un atlante ragionato.
Alcune notazioni si segnalano ancora oggi come “nuove”. Partendo dai fondamentali. “Caratteristica dell’islam” è “l’assorbimento della teologia nella legge”: “Chiamare la legge religiosa dell’Islam, la šarī’a, «diritto musulmano» o «dirito canonico» è piuttosto equivoco”, e limitatvo, la šarī’a si occupa di tutto, dalle decime alle pulizie corporali, nonché del culto e della preghiera. Sunna è propriamente “modo di fare” e “modo di vita”, ed è “l’insieme del «contegno del Profeta» espresso con detti e fatti tramandati dalla tradizione”, compresi “i silenzi del Profeta”.
Che altro? Gli studi islamici di astronomia erano esatti e avanzati nel modo arabo e islamico fino al XIImo secolo. Omar Khayyam era un matematico e astrologo. Il poeta pakistano Mohammed Iqbal, capofila della scuola modernizzatrice del sub-continente indiano, auspicava, prima del diluvio khomeinista e integralista, un “ritorno” del mondo islamico alle radici razionaliste e attivistiche delle origini, il fatalismo e la rassegnazione imputando agli influssi “greci”, alla penetrazione profonda, nell’islam del X-XI secolo, del neo platonismo.
Su questo punto, però, la tesi del poeta confligge con la storia. La cosa è notoria, e lo stesso Bausani precedentemente la spiega, documentando “l’introduzione nel mondo islamico della filosofia e della terminologia greche, attraverso il grande flusso di traduzioni” in arabo, “opera per lo più di cristiani, che va dall’VIII al X secolo”. E attraverso i Sabei di Harran, Alta Mesopotamia, comunità ellenistica che combina l’antica religione astrale babilonese con la gnosi: parlavano arabo, e traducevano dal greco e dal siriaco – era Sabeo il grande astronomo Al Battani (m.929). Ma è vero che la tradizione greca che veicolavano era platonizzante.
L’islam è in sé meno fanatico degli altri monoteismi. La teologia, pur ovviamente trascendentista, non è irrazionalista. Le stesse leggi e il “messaggio del Profeta”, che ne sono l’ossatura e vanno credute per fede nelle questioni escatologiche, di vita o di morte, debbono essere credute se e finché non ripugnano alla ragione. Sono pratiche e non sacramenti i suoi cinque pilastri: la professione di fede, la preghiera, l’elemosina rituale, il pellegrinaggio e il digiuno – la professione di fede è come il giuramento in tribunale, e basta per entrare nella “comunità”.
Giusta anche la valutazione storica del’islam, la cui espansione Bausani presenta come miracolosa: “Un espandersi che in pochi anni (632-650) causò il crollo di una delle due maggiori potenze mondiali di allora, l’Impero Persiano, e sconfitte e perdite territoriali enormi all’altra, l’Impero Bizantino (paradossalmente è come se oggi l’Albania sconfiggesse la Cina e l’Unione Sovietica!)”.
La condizione odierna della donna è invece sicuramente oppressiva. Il velo non è precetto, è notorio, né nel “Corano” né altrove. Anzi la donna deve avere il volto scoperto nella preghiera, nel pellegrinaggio, e davanti al futuro marito. Bausani, si spinge a dire che “l’Islam è, in genere, antifemminista come il Cristianesimo”. Ma la donna non è nel cristianesimo, nemmeno nel diritto canonico, “oggetto” di diritto.
Alessandro Bausani, L’islam, Garzanti, pp.223 € 13

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