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domenica 28 agosto 2016

Secondi pensieri - 275

zeulig

Capitalismo – Si radica nella teologia? Terminologicamente sì, anzi vi sprofonda. “Speculari” è “osservare, esplorare, sorvegliare”, dice il Mariotti. “Speculare” è nella mistica medievale “sprofondare nella contemplazione religiosa, fino all’estasi”.  La banca centrale “crea” la moneta. La moneta “crea” la ricchezza. L’impresa “crea” posti di lavoro, e li “salva”. Il credito si lega alla fede. Debito in tedesco è legato anche alla colpa. desco anche .
Si radica anche nella pastorizia, certo, sempre terminologicamente (logicamente): vengono dalla pastorizia stock e pecunia, e il pound-sterlina.
Il capitale è brutta bestia, è materia in azione. Talora si dichiara, con le sorprendenti definizioni del denaro, sempre s’infiltra con inarrestabile magnetismo. Lievita pervasivo sul pecus inerte, della materia dei fantasmi ma solido. È aggressiva manifestazione del diavolo - la lussuria è al confronto piccola cosa, se non per la sua forza angelica? Max Weber avrà avuto il merito, con Gotheim e Sombart, di studiare i fattori religiosi, oltre che sociali, del capitalismo – e Fanfani dopo di loro, il senatore, i cui tomi gli Usa studiano più di Weber.

Si è portato nell’apologetica sinonimo di Proteo, ma finisce per esserlo. Poiché prospera – ha prosperato – con ogni regime: dittature, militari e non, totalitarismi (comunismo, nazismo), mafie, apartheid, lo stato islamico, lo stato ebraico, la democrazia.

Coscienza – È pre-scientifica, e sempre in alterità alla scienza. Sempre in ritardo sulla capacità di astrazione, O non interessata, implicando l’astrazione un calcolo combinatorio. Prescinde dalla matematica, si compiace del pregiudizio (nazionale, politico, culturale, tribale, anche d’interesse: l’ideologia), e delle volizioni (ambizione, amicizia, sopravvivenza\sopraffazione). Fermi autorizza la costruzione della bomba atomica, Fermat non l’avrebbe fatto?
Si può dire – i matematici lo dicono – che la coscienza ha un’impronta pre-scientifica. Ma è indomabile. Uno dei pochi – l’unico? – domini inaccessibili al calcolo. E dunque? La razionalità del calcolo (scienza) è limitata.

Decostruzione – È la rovinificazione (Zerstorung) di Walter Benjamin. Che Benjamin trovò in Schlegel: “L’opera d’arte si completa solo col critico che anticipa anche i suoi successivi, fino a scoprirne il suo «intimo segreto»”.

Dio – Non ha paragone con gli ateisti, che sono dogmatici indefettibili. Al punto di negare la possibilità di un’intelligenza superiore alla loro. Superbi quindi, anche.
Nulla  invece di più controvertibile delle Sacre Scritture, quali che esse siano, storicamente, logicamente e perfino grammaticalmente, scombinate e anche confuse – la parola di Dio non può essere confusa. Compilation più speso di storie, stili, costrutti diversi nello stesso capoverso.

In Grecia rideva anche degli uomini: sottraeva loro tutti gli spazi, anche il riso che si vorrebbe esclusivamente umano.

Ironia – È la forma conoscitiva dell’incredulità.

Nazionalismo – Entra massiccio nel pensiero con la filosofia tedesca, dal Settecento alle guerre mondiali, metà Novecento, infettando l’identità nazionale (i “caratteri originari”) e per conseguenza l’azione politica, spesso sovrastata dalle identità bellicose. Nella dottrina del Volk, che non è tanto popolo o comunità popolare, ma comunità di spirito e di “sangue” (storia, tradizione, usi, mentalità, e quindi privilegi). Da Herder, o meglio da Fichte, a Heidegger, e al nazismo - Herder usa Volk in posizione aggettivale, il suo soggetto è il Geist, spirito (spirito del popolo, spirito della nazione, spirito nazionale, e genio del popolo, o carattere nazionale), ma delinea la cosa. Compreso Hegel, e quindi i tanti hegeliani, che ancora dominano il pensiero centro-europeo. La questione hanno posto del compimento della storia, nel primato. Ovviamente razziale, anche se non dichiaratamente. E dell’origine (del primato) della lingua. Il disadattamento di Nietzsche sarà alla tradizione cristiana, e all’ideologia della filosofia tedesca, compreso l’ario-germanesimo.
Fichte e Hegel reagivano all’occupazione francese, ma accidentalmente. Dapprima peraltro – dichiaratamente in Fichte – in reazione alla rivoluzione francese. Che per la Germania significò guerra e conquista, ma questo è vero anche per l’Italia e altri paesi europei, che invece se ne avvalsero. Poi in senso anche reazionario, o della rivoluzione conservatrice, come usa dire.
Il Volksgeist, lo spirito del popolo, viene attribuito a Hegel 1801, “La costituzione della Germania” – ma era già in uso in Herder. Che lo definisce in questi termini: “È un soggetto di natura universale, ma determinato: è un popolo”.

Viene nella filosofia tedesca col romanticismo. E poi con l’ideologia della Grande Germania. Ma ha terreno fertile nella Riforma, nell’Io e il mio Dio. La correlazione non è necessaria, ma così è stato – e torna a essere. Volk è più pregnante di popolo, già con Herder che pure non ne fa molto uso: implica una sorta di “essenza”, un estratto, razziale e linguistico, mitologico, ed è una comune linfa in una comunità nazionale, la “comunità di destino” o “di spirito”. Se popolo è legato alla futura “classe”, Volk ne è antitesi, è il minimo comune denominatore – non tanto minimo, occorrendo in un’ideologia nazionalistica, primatista ,  imperialista. In questo senso è patrimonio di quella che si è convenuto chiamare in Germania “rivoluzione conservatrice”, da Cantimori fascista in poi, volendo  bene alla Germania, e altrove è la reazione – che è pur sempre distruttiva (rivoluzionaria).
Volk è nel Novecento anche di più: è esclusivo, contro gli ebrei e ogni altro inquinante, i latini, gli slavi, etc. Ed è il calderone di una “spiritualità superiore” – senza più: non c’è altro spirito all’infuori di quello tedesco (nessun filosofo tedesco studia – riconosce - filosofia fuori dai confini dopo Cartesio). Una stupidaggine, ma così è – si perdona molto alla Germania: perché, se non di altro, è feconda di cattedre?

Novità – È circonfusa di nimbo positivo. Gli spagnoli invece a lungo hanno usato come saluto: “Que no haya novedad!”. Gli eventi totalmente negativi sono sempre una novità, il terremoto (maremoto, tifone), la morte spesso, e l’incidente ovviamente.

Potere – Quello perfetto appare una distopia, perturbante per lo stesso potere, il controllo totale.
Lo assimila, nota Enzensberger, “Tumulto”, 82. “al famoso paradosso della carta geografica”: “Una planimetria perfettamente uguale a ciò che rappresenta raddoppierebbe la realtà e sarebbe superflua”.
Il potere è “perfetto” se elastico. Adattabile, estessibile, e soprattutto esercitabile. È un esercizio in furberia, anche in senso buono, di sopraffazione e coercizione che non può privarsi dell’ “oggetto”. Non “controlla tutto” per poter esercitare il controllo – il dittatore totale si farebbe una rivoluzione, per evitare la noia.
È plastico, e meglio si esercita indirettamente, e non completamente – dopo non avrebbe più senso.

Ruminazione – È il solo veicolo di novità, che è il motore della durata: la rimasticatura. O l’eterno ritorno dell’uguale. In politica, dalle guerre ai consigli dei ministri, è sempre l’“Iliade”. O la cultura, a maggior ragione, con l’interpretazione, l’ermeneutica motore della storia.

Selezione - È reazionaria – non si può non dire: è evidente. “Un antico, per riconoscersi più uomo, si confrontava, umiliandosi e annullandosi, agli dei. Un moderno, per riconoscersi più uomo, si confronta, applaudendosi e congratulandosi, alle bestie. Uno guardava avanti, quest’altro è voltato indietro. Uno sentiva di avere ancora da attuarsi…” – Emilio Cecchi, “Le bestie sacre” (in “Pesci rossi). Uno inventava san Pietro, il moderno lo zoo.

zeulig@antiit.eu

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