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martedì 30 agosto 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (299)

Giuseppe Leuzzi

“Domandi dov’è il Nord?”, si chiede Alexander Pope nella seconda delle quattro “epistole” in versi con cui ha composto il “Saggio sull’uomo”, 1730-32, che lo rese celebre in Europa: “A York è sul Tweed.\  Sul Tweed è nelle Orcadi, e lassù\ è in Groenlandia, a Zembla, o Dio sa dove”.
C’è sempre un Nord più a Nord. 

Mafie\antimafie
Le banche vivevano, quando avevano una funzione monetaria, di interessi: ora vivono delle commissioni che le leggi impongono a ogni cittadino, obbligandolo a far passare in banca anche la pensione sociale, con la scusa di impedire il riciclaggio. Il riciclaggio di che? Un pizzo anti-pizzo.

Il Sud è femmina
Nella gentile, malinconica “Idea of North” di Peter Davidson irrompe a sorpresa, tra scandalo e divertimento dello studioso, la ferocia leghista: “In nessun altro paese è il «nord un descrittore più instabile, mutevole e guizzante, definito e ridefinito minutamente, quasi chilometro per chilometro, per tutta la penisola. A Lucca, in Toscana, si riferiscono alle periferie del Nord come «Germania», e a quelle meridionali come «Africa»”. Lo stesso, in parte, in Germania – dove però i ruoli in rapporto alla ricchezza sono rovesciati.
Anche in forma di contagio: per un italiano del nord “il sud è il posto del bisogno, percepito dagli estremisti del nord come arido, fuorilegge, irretito nel passato. Mentre le percezioni meridionali italiane del nord vedrebbero la Lombardia e il Veneto come il bordo meridionale del mondo germanico, poco o punto italiano”.
Ancora Davidson: “Dire «partiamo per il nord questa notte» porta pensieri immediati di un posto duro, un posto di privazioni: montagne, tempo avverso, remoto dai centri urbani”. Mentre “dire «partiamo questa notte per il sud» porta associazioni di viaggi di piacere…, di clima benevolo, piacere e riposo – limoni, fontane, soffitti affrescati”. Senza pregiudizio. Ma “il Sud è femmina, il nord è maschio”.
Nel repertorio di Davidson, molto effuso sul nord come luogo dello spirito, manca una considerazione semplice: che è un’idea europea. Quella del Nord e quella del Sud, in antitesi e in concorrenza.  Di un pezzettino del modo, limitato. Di una parte di questo pezzetto, nomade e tribale, che mal si è riconciliata all’incontro con la civiltà. Che era al Sud, stanziale e matriarcale, domestica.

Milano über alles
Un inno, un peana, un trionfo la Milano del Procuratore Capo Greco al “Corriere della sera” ieri:
Nell’area metropolitana operano ben 123 imprese che hanno un fatturato superiore al miliardo di euro. Per fare un paio di esempi, sono solo 61 a Monaco di Baviera e 25 a Barcellona. Prevale l’industria, con un peso del 51 per cento del fatturato totale delle grandi imprese. Qui hanno sede 3.100 multinazionali estere, che sono un terzo di tutte quelle presenti in Italia. Nel raggio di 60 chilometri si realizza un quarto del valore aggiunto manifatturiero e dell’export italiano. In Lombardia, solo negli ultimi sette anni, sono nate 12.000 start-up knowledge intensive. Infine, vi risiedono oltre 200.000 studenti, di cui 13.000 stranieri”.
Il napoletano a Milano è miscela irresistibile.

Il buco è dei cervelli
Si può anche dire, è vero, con gli economisti leghisti (Luca Ricolfi, per esempio, quello del “Sacco del Nord”, a opera del Sud, che ogni anno gli sottrae 50 miliardi…) che il Sud è un pozzo senza fondo: i soldi vi si spendono, molti o pochi, ma il divario aumenta invece di diminuire. Il divario di produzione e reddito col resto d’Italia e del mondo. Un caso unico più che raro – la Germania orientale, che veniva da cinquant’anni di privazioni, si è rimessa in sesto in una generazione: non proprio alla pari, ma ci va sempre più vicino. E la ragione è forse solo una: che dal Sud se ne vanno i cervelli. 
Si direbbe, polemicamente, che la moneta cattiva scaccia la buona. Ma, senza dare giudizi su chi parte e chi resta, e senza fare paragoni, il Sud s’impoverisce invece di arricchirsi perché forma e poi espelle i suoi cervelli. La statistica del fenomeno non si tiene, ma è all’evidenza.
Il fenomeno  stato studiato per le economie in via di sviluppo, ex Terzo mondo, ma è altrettanto consistente e influente al Sud.
Il tema si può anche vedere come quello della classe dirigente, di cui ogni comunità si dota. La fuga dei cervelli, figli di padri di iniziativa, impone praticamente a ogni generazione un mutamento di classe dirigente. Per esperienza si può testimoniare un passaggio del testimone tre volte in tre generazioni. Dai proprietari terrieri e artigiani di qualità, con figli professionisti, liberali, ordinati, ai democristiani popolari, alcuni veramente poveri, tutti arruffoni. Da questi, dal free for all, testimoniato dai paesi incompiuti - dell’abusivismo finito nelle fauci delle banche -, ala generazione attuale, che non si occupa più della comunità, ma ha i suoi (piccoli) impieghi fuori, alla Regione, alla Provincia, all’Asl, alla Comunità montana, negli ospedali e dintorni, con al tredicesima e anche la quattordicesima, e “vive” letteralmente fuori – fa anche la spesa fuori.
È un modo radicale per sabotare il futuro. Certo, a differenza della mafia, non fa vittime. Ma non accumula e anzi disperde

Calabria
Caccuri è un piccolo paese di mille e poco più abitanti, arroccato nel cosentino, con un castello, nei secoli intitolato alle famiglie proprietarie, dotato di un premio letterario, quest’anno alla quinta edizione. Opera dell’associazione Amici dei Caccuriani, presidente Giordano Bruno Guerri. E quest’anno ha premiato Gianluigi Nuzzi, Pierluigi Battista, Edoardo Boncinelli, Elena Stancanelli, Valerio Massimo Manfredi, Vittorio Sgarbi e Ferruccio de Brttoli, in una kermesse di tre giorni.
Caccuri è famoso perché vi nacque Cicco Simonetta, il cancelliere di Francesco Sforza. Al quale portò in moglie Polissena Ruffo, castellana pro tempore del suo paese. Col premio, il paesino mantiene alta la vocazione settentrionale. Si è italiani, ferventemente, solo al Sud.

Si diventa “infante” – erede al trono – nel Regno delle Due Sicilie assumendo il titolo di Duca di Calabria. Dagli Aragonesi in poi l’erede al trono di Napoli è Duca di Calabria. Alfonso d’Aragona è duca di Calabria quando sposa Ippolita Sforza nel 1465. Maria Carolina, duchessa di Palermo, deve così diventare duchessa di Calabria. Ma il titolo le viene contestato dai parenti a Madrid. Una storia – ancora – per ridere.

“La pianificazione fisica del turismo in provincia di Reggio Calabria” è uno studio, corredato di cartine  grafici, tabelle, più alquante carte di dettaglio ripiegate fuori testo, commissionato a una società di urbanistica a Napoli nel 1964. I turisti devono ancora arrivare, dopo mezzo secolo. Anche se poi ci sono stati i Bronzi, etc.

Anna Maria Ortese, “Il cardillo addolorato”, p. 17, ha “la dolcezza stordente di una marina jonica nel mese di maggio”.

È “materia” attorno all’Aspromonte il pus, la purulenza. C’è da farne una filosofia? La montagna della ‘ndrangheta disincarnata? Non si può. Ma era la montagna sacra. Fino a “La prevalenza del cretino” – Fruttero e Lucentini: “Quanto sarà grande questo terribile Aspromonte”, il “Luogo dell’Inaccessibile”, l’“ultimo, romantico baluardo dell’’Ignoto”? “Mah, più  meno come le Langhe, come la Brianza, come il Friuli, ci risponde chi lo conosce, giusto per darci un’idea. A sorvolarlo in elicottero ci si mette di meno che ad attraversare Milano o Roma in automobile. Beh, ma allora?”

L’Aspromonte apre il best-seller newyorchese di Luca Di Fulvio, “La gang dei sogni”, come un luogo remoto, di povertà, stupidità, sporcizia, sopraffazione. Dove il padrone è “biondo” - un “padrone” nell’Aspromonte? il romano Di Fulvio ce ne mette tre, anzi quattro, e tutti fanno figli, di stupro, biondi… Mentre è una montagna gentile, aperta da tutti i fianchi alla luce, al mare.

leuzzi@antiit.eu

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