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sabato 20 agosto 2016

La Russia è un teatro

“Un semplice libro di viaggio che pure, a distanza di anni, non mi pare fallito”: così l’autore alla ristapa nel 1943, dopo la prima edizione del 1934, a ridosso della pubblicazione in forma di corrispondenze su “La Stampa”. Un’indagine del “caro estinto” – i maestri del titolo sono dell’Unione Sovietica - che si (ri)legge con interesse, quasi a ogni pagina. Beché vecchio di ottant’anni, e scritto da uno che Marcello Flores inconsultamente vuole fascista, di quelli che lo erano “dichiaratamente anche se non entusiasticamente”
Molti eventi, e un occhio esperto: Alvaro è uno che vede e ascolta. Con riflessioni forse non originali, ma non comuni, e sempre al punto, col senno di poi. Tornano, sotto altre forme, gerarchie e disuguaglianze: “Tutta questa umanità nuova dopo il dilusivio «ricosttuisce» istintivamente lw stesse forme di vita”, lo “stesso ordine, come l’ape ha in sé la forma della della sua crudeltà”.. Con un di più - o un di meno: “Nelle diversità delle classi v’è una crudeltà tuttta nuova”. Il sospetto, con la deunica costante. La mancanza di pietà – russa più che sovietica. Lo stermnio dei contadini, senza pietà appunto e nelle forme più feroci, compresa la fame indotta – “i contadini che vanmo nelle città a cercar pane”. Di diecine di milioni di contadini. L’“imponente «politica della carte»”, la plitica culurale. L’instabilità, nella cosiddetta sicurezza sociale: le statistiche dicono che “le aziende cambiano il personale di lavoro da tre a cinque volte l’anno”. Donne ovunque, in qualsiasi ruolo: “La Russia di oggi dorebbe fare un monumento alle sue donne”. Il culto dei russi per la poesia, che già più non c’era da noi. E di più per il teatro, “questa facoltà mimetica tra orientale e greca”, in strada, a casa, ovunque, anche a teatro: Alvaro, tragediografo in petto, ne è scioccato –– con la lettura più appropriata della novità Mejerchol’d. La guida obbligatoria, in genere donna, che deve controllare l’ospite, e gli parla per slogan. La lotta antireligiosa: “Il cristianesimo rimane sempre l’origine della concezione dell’individualità umana… Socialmente, oggi, è la fine della concezione cristiana dell’individuo; il bolscevismo fa dell’individuo un prodotto sociale, una conseguenza fisiologica e ambientale”. La pace dell’anima infine a sorpresa sul Volga, un’oasi, da Nizhni a Astrakan, una settimana di riposo, dell’occhio e della mente. :
Prosa briosa, e sempre esatta, misurata. “Non sono andato in Russia come uno dei transfughi intellettuali di cui abbonda l’Occidnete”, dichiara Alvaro alla fine, “i quali, disperando della civiltà, pensano al bolscevismo come a una soluzione bella e fatta. Di soluzioni questo assetto non ne dà nessuna. Dà un metodo, che è quello stesso delle nazioni in guerra”. Con “visioni” che saranno malapartiane (“Kaputt”, “La pelle”), della voga espressionista da Alvaro frequentata a Berrino. L’ufficio a Mosca dei matrimoni e divorzi: una stanzetta, in cui ognuno scrive qello che vuole. Il “misticismo” della pedagogia: tutto viene spegato a Alvaro ab ovo, come a un bambino: il pentagramma, il cervello, la lingua, la trottola, ogni cosa ha “una storia a partire dall’anno 1917”. O l’orrido: i bambini che alle stazioni bussano al vetro per chiedere “dàitie klièba, dàitie, dàitie”, dateci un po’ di pane, datecelo, datecelo. Le masse in eterno viaggio sui treni, su tutti i treni, in tutte le direzioni, senza una meta precisa.
A cura di Anne-Christine Faitrop Porta, curatrice assidua e purtroppo unica di Alvaro in questo millennio. L’edizione precedente,1985, per Memoranda, si avvale di numerosi contributi. Un risvolto di Fofi, che mette la raccolta in quadro: nella letteratura di viaggio, o di tipo giornalistico, “che sembra la parte più duratura di Alvaro”. Un’introduzione di Marcello Flores, che fa una disamina storica dei “viaggi in Urss” prima delle purghe, dai Webb a Gide, Céline, Aragon, Joseph Roth, e in Italia di Gaetano Ciocca, l’ingegnere, e il giornalista Bardi: un panorama in cui Alvaro spicca per vivacità e intelligenza, umana e politica. L’avvertenza che lo stesso Alvaro scrisse per la riedizione del 1943. Fofi, che riconosce a Alvaro in queste corrispondenze “pulizia e chiarezza, e lucidità e vivacità”, gli fa pure il complimento massimo, anche se lo ritiene riduttivo (“dispersiva creatività”): per l’impeto e il senso vigile della realtà, invece della chiusura di moda a quel tempo nella torre d’avorio della “letteratura”.
 “Una delle note più forti” del viaggio è “la rinascita dell’istinto”, femminile, materno. Con un’analisi delle più affinate – per esempio in parallelo con le analoghe letture che dell’Urss aveva fatto Joseph Roth – sull’“uguaglianza” nel socialismo: molto borghese. Partendo dall’aneddoto del russo di bassa condizone, forse un operaio, messo alla porta del ristorante dove pranza uno “straniero”: “La Russia è sul punto di stabilire i rapporti fra persone su un piano gerarchico, lomtao da quello che s’imamgina solitamente”. Mentre “nell’Occidente i rapporti si sono alquanto imbrogliati a scapito d’una certa gerarchia”, per la crescita della “classe media”, che comprende molti operai. Le sorprese sono molte.
Un racconto sorprendente, fortemente drammatizzato, evocativo, sono i “pezzi” sulla regione attorno a Bakù, sul petrolio. L’“oro fluido” invece dell’oro nero – il petrolio non é nero. Che dai tempi di Zoroastro, con le sue “nuove leggi”, ha governato quella parte del mondo, il “Fuoco Eterno”: “Quella fiammella fu il segnale manifesto della presenza di un Dio, che dall’antichità da qui sparse i suoi riti in India, e fino a Ostia, e dove oggi sorge la Basilica di San Pietro a Roma”. E ha  infine sostituito la “lotta per l’oro”, e ha trasformato la nostra civiltà. Vista nella desolazione spesso cupa della Russia, la desolazione attorno a Bakù e sul Caspio è febbrile, creativa. Il petrolio “non è l’idea della penuria. Piuttosto d’un bene più grande  della stessa natura, d’una ricchezza che ha sconvolto l’ordine dele cose”. Attorno al Caspio, “si assiste quasi a una trasmutazione degli elementi”. In atto da tempo, durevole: “Le vicende dei cercatori di petrolio, avventurose come quelle dei cercatori d’oro, sono già memoria lontana..Si chiusero quando Nobel … si presentò lacero e irriconoscibile alle truppe bianche che avevano tentato il dominio di questo lembo di terra nel 1921”. I fratelli di Alfred Nobel avevano all’epoca in Russia la maggiore compagnia petrolifera “integrata” al mondo, in concorrenza con i Rotschild, ed erano il primo produttore del petrolio del Caspio, che era il maggiore bacino di petrolio per l’esportazione fino all’avvento negi anni 1930 del Medio Oriente, per questo conteso più di ogni altro territorio dalle potenze europee della controrivoluzione.
Corrado Alvaro, I maestri del diluvio, Falzea, pp. 444 € 24

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