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venerdì 10 febbraio 2017

L’anima dell’arte è il corpo

“L’impressione che nutre la poesia è sempre mutevole, nel disegno invece è una, e in sé più effimera”. “Solo dalla libera resa dei corpi si sviluppa un autentico senso dell’arte… I più importanti maestri, soprattutto nell’antichità, … erano sommi interpreti di corpi vestiti in quanto esperti del nudo”.
Una silloge di “Pensieri sull’arte” divagatori e pratici insieme. Il disegno di Raffaello è “preparatorio”. Quello di Dürer è già “un’espressione artistica”: non vuole “altro mezzo figurativo dal chiaroscuro”, “evocherà i colori, ma senza tradurli” – con un’ambizione perfino superiore: “Sa che il colore della realtà distruggerebbe proprio quel mondo spirituale che fra tutte le arti il disegno soltanto condivide con la poesia”.
Di suo, Klinger è legato ala forma espressiva semplice dell’incisione – e più a quella erotica, a scuola di Félicien Rops. Scelse la via più facile, ma rifletteva molto sul disegno, i colori, la pittura. Poco più che trentenne collazionò una sorta di trattato, “Pittura e disegno”, 1891. Un saggio breve, una sessantina di pagine, redatto in forma di frammenti (un buon terzo sono qui presentati in una nuova traduzione, della stessa curatrice), che ebbe varie ristampe e lettori illustri, Kandinsky tra gli altri. “Primo esploratore di una soglia onirica”, lo ricorda Claudia Ciardi, che ne promuove il ripescaggio. In una nota che ne colloca l’opera e la riflessione al centro del rinnovamento artistico di fine Ottocento-primo Novecento. Con molti legami con la scena tedesca (Monaco di Baviera, Vienna, Berlino), e anche con l’Italia (Böcklin, De Chirico, Savinio – i due fratelli erano peraltro passati anche loro da Monaco).
Max Klinger, L’incanto della vita, Via del Vento, pp. 38, ill., € 4

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