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lunedì 27 novembre 2017

Ma l’Africa siamo noi

“Il grande gioco per l’Africa, Roma rincorre Parigi e Berlino”. Si scrive, e magari si pensa, per orgogliosa ignoranza, senza complessi – l’ignoranza non è un peccato. Rincorrere la Germania in Africa, dove? La Francia invece è ingombrante, ma può vantare un solo esito positivo dopo la decolonizzazione, negli ultimi cinquanta anni? E trascuriamo quanto l’Italia ha fatto e sta facendo per salvare decine e centinaia di migliaia di vite africane, da almeno un decennio, senza misura con quanto tutto il resto della Europa ha fatto - cosa notoria anche nell’Africa più remota, ma, evidentemente, non in Italia, non nei suoi giornali.
Le sole occasioni di sviluppo la Tunisia e l’Algeria le hanno avute con l’Italia: la Francia ha cercato di chiudere le frontiere delle ex colonie ma in Nord Africa non c’è riuscita. E ora, da un decennio, briga contro l’Italia in Libia, a prezzo di disgregare la Libia e produrre migliaia di migranti morti o schiavizzati. Così come voleva prendersi l’Angola quarant’anni fa con gli affreux, truppe mercenarie comandate da (ex) ufficiali dei suoi servizi  E cinquant’anni fa del Biafra, l’area petrolifera della Nigeria, con forniture di armi de denaro. Ha mandato in malora esperienze di stabilità e progresso in Senegal, in Costa d’Avorio, in Malì.
Ma un censimento è inutile: la Francia è in Africa all’Ottocento. Molto presente, non ha offerto e non offre nulla di buono agli africani. La stessa Gran Bretagna ha grosse responsabilità in Africa, seppure se ne sia disinteressata ormai da tempo. Per esempio nello scompaginamento della Rhodesia per lasciare la parte migliore ai suoi coloni, in quallo che è poi diventato lo Zimbabwe di Mugabe.
L’Italia invece ha speso molto in Africa, del Nord e del Sud del Sahara. Ha costruito meno di quanto ha speso. Tanti i miliardi, in euro, buttati nelle sabbie somale. Ma ha dato sponde importanti allo Zambia, ex Rhodesia, all’Egitto, quando gli Usa diffidavano, alla Libia di Gheddafi e di prima, al Libano, e al Maghreb, con finanziamenti e con gli accordi economici ex Mec, per le colture agrumarie e vitivinicole - quando da Roma si alimentava ancora una politica mediterranea di quella che sarà la Ue, quando Prodi la avrà imbottita di Centro-Est Europa, cioè di Germania, che invece se ne dimenticherà, .
Molto l’Italia ha dato e dà nell’Africa a Sud del Sahara anche con i fondi della cooperazione, attivi omai da trentacinque anni. Che se in un primo momento si sono spesi per un export mascherato, da tempo sono indirizzati alla cooperazione dal basso, per iniziative sanitarie, di formazione, tecnologiche, socio-culturali. Che sono anche l’unico modo per la cooperazione allo sviluppo di prestare un aiuto efficace. Senza misura comparabile con la Germania, e anche con la Francia.


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