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venerdì 1 dicembre 2017

Profumo di donna nel Superuomo di Nietzsche

Si celebra per gli uomini eccezionali cui si è accomagnata, Nietzsche, Rilke, Freud. Se ne legge la biografia come di una allumeuse, quali andavano ai suoi anni tra le donne di mondo, ricche o intellettuali, comunque belle, in mostra nelle capitali del momento, Roma, Parigi, Berlino, e perfino di bella horizontale, facile a letto. Ma questa di Peters, mezzo secolo fa, ne restituiva la figura a parte intera – poi consolidata con la traduzione delle sue opere, nessuna banale: il personaggio fa aggio sull’opera, che invece non demerita. Di donna anzi non facile, innamorata solo del giovane Rilke, la metà dei suoi anni, poco meno, che poi lasciò perché potesse “crescere”, acquisire esperienze, esprimesi liberamente.
Un libro denso, di una vita piena. Non “liberata”, non se ne poneva la questione, ma libera. Fino al  matrimonio “in bianco” col barbuto professor Andreas. La giovane russa fu a ogni momento arbitra della propria vita. Scelse di vivere castamente con Paul Rée, “fratello e sorella”, a preferenza del focoso Nietzsche,  senza alcun calcolo di convenienze, per seguire l’impulso a un rapporto di amicizia. Così come con altri, tra essi Rilke, visse e viaggiò in intimità. Da Rée al marito un pattern si può stabilire, non lusinghiero: di un ancoraggio maschile solido per una serie capricciosa di relazioni passionali. Ma non diminutivo.
Al centro logistico del libro una non peregrina lettura di Nietzsche nell’opera centrale “Così parlò Zaratustra”:  il superuomo è una rivalsa, dell’amore rifiutato, della sconfitta con Lou. Non un pettegolezzo, come può sembrare. Nietzsche si appropria di Zaratustra, che non è quello storico, lo svuota, lo fa il se stesso infelice, che in pochi giorni del febbraio, 1883, dopo aver deciso con l’opera precedente, “La gaia scienza”, di prendersi un riposo per riesaminare la sua filosofia, scrive “un libro per tutti e per nessuno”. Linguaggio grandioso, allusioni bibliche a iosa, e una professione di superiorità in acuto contrasto col suo personale strato di prostrazione. Per una vindicatio che subito Nietzsche proclama il suo capolavoro. Il rifiuto di Lou era stato grave perché Nietzsche, notava Peter Gast (e Nietzsche stesso scriveva alla madre e alla sorella), “vedeva in lei qualcuno del tutto straordinario; l’intelligenza di Lou, così come la sua femminilità, lo portavano al colmo dell’estasi”.   
H.F.Peters, Mia sorella, mia sposa. La vita di Lou Andreas-Salomé


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