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mercoledì 29 novembre 2017

La favola di Leonardo, Machiavelli e Cesare Borgia

Come Leonardo e il giovane Machiavelli si sono incrociati nei primi anni 1500. In molti posti e per molti affari, senza mai nemmeno nominarsi. Alla corte di Cesare Borgia, a Urbino e a Imola, e a Firenze, nei circa due anni che Leonardo vi trascorse, reduce da Milano, dopo che i francesi – alleati del Borgia – vi avevano rovescito il suo patron, Ludovico il Moro. Senza mai nominarsi l’uno con l’altro quasi di proposito, pur essendo entrambi scrittori e annotatori minuti del giorno per giorno. Tra Leonardo e Machiavelli l’autore disegna “la conversazione muta della «Camera degli sposi»” a Mantova: “Due uomini senza dubbio si parlano, ma noi non li sentiamo”.
Su questo mancato “incontro”, che non può non esserci stato tra le persone, ma non se ne trova traccia sulla carta, lo storico medievista e moderno francese Boucheron costruisce un racconto affascinante. Non il solito giallo, come è d’ordinanza, ma una rappresentazione dal vivo dei due personaggi. Di Leonardo nella sua aggrovigliata personalità, e del giovane intraprendente, grande cronachista se non grande diplomatico, Machiavelli. Attorno a quello che avrebbe dovuto essere e non seppe essere, il creatore di una regno d’Italia. All’inizio e alle origini del secolo fatale per l’Italia che fu il Cinquecento, con le “discese” in un primo momento dei francesi, di Carlo VIII e di Luigi XII. Il Cinquecento, nota anche Boucheron, è il momento in cui l’Italia abbandona il suo “sogno di potenza”.
Altre imprese Leonardo e Machiavelli condivisero negli stessi primi anni 1500. Lo scolmatore” dell’Arno, il primo, nel 1504, impresa fallimentare, malgrado una enorme spesa: voluto da Machiavelli per portare i ribelli pisani alla resa, e confidato a Leonardo. E nello stesso anno l’appalto per la “Battaglia d’Anghiari” a Palazzo Vecchio, altra impresa fallimentare. Qui, finalmente, si ritrova la firma Machiavelli in calce a un documento di Leonardo, il contratto di affidamento dell’opera – un evento su cui tra i due c’è palese discordanza: Leonardo nel cartone preparatorio lo drammatizza, Machiavelli nella “Storia di Firenze” lo mette in burla.
Ma altri colegamenti, più sottili e vividi, sono ricavabili. Come il “tutto vivente” di Leonardo, concezione singolare, che il cap. VII del “Principe” ripete. Con un’ipotesi verosimile sull’icomprensibile fascino che il Valentino esercitò sul malizioso Machiavelli: che fu l’unico attore sulla scena, l’unico protagonista, con cui Machiavelli ebbe scambi diretti. Personali, ripetuti, distesi, di notte, senza l’ingombro degli affari e dei cortigiani, a Urbino più volte e a Imola.
Un Leonardo nuovo, l’esploratore tenace e inquieto della vita - dell’acqua, l’aria, la luce, le ombre, i mineali, e di ogni essere animato E il Machiavelli di sempre, operoso, lo scienziato, il primo che abbia osato avventurarvisi, ribaltando i principi aristotelici, della politica – Boucheron ha la “velocità machiavelliana”, di scrittura, di concezione, di soluzione. Unospirito analtiico, incessante, e uno pratico: “Machiavelli travolge la tipologia che Aristotele fa dei  regimi (e che fonda, ancora oggi, la saggezza politica) perché è l’idea stessa del fondamento che lo orripila. Descrivere la politica è figurare la battaglia”.
Un ‘altra versione deI fatti, volendo, rispetto a quella ora dimenticata ma a lungo famosa di Merezkovskij, il romanziere Fine Ottocento amato da Freud, nel diffusissimo “Leonardo da Vinci”. La vita romanzata dello scrittore russo era centrata sulle conversazioni e le dispute tra i due grandi toscani alla corte di CesareBorgia. Lo storico evita il romanzesco, ma non se ne priva: scrivendo in punta di penna, Boucheron muove i due personaggi come in un racconto di fiaba, come si addice all’epoca e ai luoghi. Ma con ausilii precisi, dei poligrafi Leonardo e Machiavelli e dei loro contemporanei. Il giusto, senza farsene soverchiare, e senza le noiose note di precisioni.

Patrick Boucheron, Léonard et Machiavel, Verdier, pp. 219 € 7,20

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