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domenica 21 gennaio 2018

La scoperta della Germania fu ebraica

“Dubito che gli scrittori tedeschi, anche «ariani», si siano sentiti mai di casa in Germania”. Il saggio del titolo è un pamphlet violento, come molti degli scritti di contorno, contro la Germania. Non solo contro Hitler: contro la Germania. Amaro ma ragionato, a distanza la lettura emglio argomentata, per stringatezza, e più vera, del Terzo Reich, citabile in ogni riga. Anche nelle materie contestabili.
Sono gli ebrei che hano “scoperto” la Germania, gli scrittori ebrei: “Hanno scoperto e descritto il paesaggio urbano e il paesaggio spirituale del cittadino”. Il caffè, la fabbriva, il bar, l’hotel, la banca e la piccola borgehsia, i centri per i ricchi e i quartirei dei poveri, “il peccato e il vizio, il giorno e la note, il carattere degli abitanti delle grandi città”. Hanno scoperto la Germania per i tedeschi, e per l’Europa. Tesi conetstabile, ma forte: “La maggior parte degli scrittori tedeshci di origine non ebraica si limitò alla descrizione del paesaggio”. Alla “poesia della zolla”, alla piccola patria: “In Germania esiste, assai più che in altri apesi, una Heimatliteratur delle regiomi, dei territori, delle caserme, spesso di alto valore artistico, ma ineluttabilmente inaccessibile agli Europei. Per l’estero esisteva solo «la Germania», i cui interpreti letterari erano per la maggior parte scrttori ebrei”.
C’è poi Lutero antesignano di Hitler, tesi ancora più ardua, all’apparenza: la storia della Germania rivoltata. Da un punto di vista cattolico, ribadito a ogni piega, sempre commosso, nel rispetto della tradizione e del Cristo generato da Israele. “Sotto la guida prussiano-luterana il popolo tedesco ha sempre mostrato il desiderio latente di stare al di fuori della cristianità europea, o addirittura di marciare contro di essa. Non si può negare che gli ultimi roghi delle stregje siano avvenuti in Germania, e in nessun’altra parte. Il ghetto degli ebrei tedeschi è stato sopresso dall’imperatore francese Napoleone. E non è un caso che l’unico elefante della storia nel negozio di porcellane, cioè Martin Lutero, fosse un tedesco. Il suo successore, o per meglio dire uno de suoi successori nel negozio di porcellane, è Adolf Hitler. Non sono gli ebrei – come dceva il motto di spirito – difficili da battezzare, sono i tedecshi”.
Un’invettiva tragica contro la Germania, profondamente, radicalmente, tedesca: contro se stesso. A partire dalla rilettura dei Nibelunghi. Una lettura devastante, poiché il ciclo privilegia il male sul bene, Caino è un erore, Abele uno perfido. L’annientamento di Hitler e della Germanai persegue com un riflesso di autoannientamento. Per il contrasto fra “prussianesimo e cultura tedesca”, che Roth dice “un conflitto che non ho mai superato”. L’ultima prosa, quattro giorni prima della mrte, è “La quercia di Goethe a Buchenwald”, che il campo di concentramento preserva: ironica, dolente.
Una delle tante scelte degli oltre 1.300 articoli scritti da J. Roth per giornali e riviste. Centrata sul nazismo al potere, subito analizato e denunciato. In una con la Germania, che in Hitler si identifica. Con una verità almeno, se non tutte, inoppugnabile: già nel 1934, nel 1933 Roth sapeva, il mondo sapeva, non c’era illusione possibile sulla natura di Hitler, del nazismo, della sua mitografia.
Una serie di scritti molto tedeschi, da spasimo, che passavano (passano) per anti-tedeschi. Di uno scrittore molto tedesco, nell’antinazionalismo come nel tradizionalismo. L’attaccamento alla tradizione estende alla chiesa, di cui da buon austriaco si sente parte, al punto da difenderla dall’Inquisizione – di cui la dice ripetutaente vittima.”Non si ripete mai abbastanza – anche se ci si vergogna – che i tedeschi di oggi non odiano gli ebrei per il fatto che hanno crocefisso Gesù Cristo, ma per il fatto che lo hanno generato”.
Su prussianesimo e cultura tedesca, peraltro, convergeva anche Spengler – benché fantasticasse anche di una Grande Germania, accanto all’Africasa e a Isola Nuova: nei pensieri sparsi (“A me stesso”, p. 22), registra la “vittoria del pragmatismo prussiano sull’ottuso carattere tedesco”.
Joseph Roth, Autodafé dello spirito, Castelvecchi, remainders, pp. 119 € 6

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