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martedì 25 settembre 2018

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (376)

Giuseppe Leuzzi

Apple doveva 14,3 miliardi di euro di tasse all’Irlanda – almeno 14,1 miliardi, quanti ne ha quantificati l’Antitrust europeo. Non ha contestato la decisone, Indirettamente riconoscendo che è mite. L’Irlanda così ha prosperato facendo da sede europea del grande business Ict con diecine di migliaia di posti di lavoro qualificati, grazie all’esenzione fiscale. E poi ha incassato l’assegno. Tutto questo è stato possibile in Europa, all’interno della Unione Europea. Ma se la Regione Sicilia avesse dato anche solo la metà dei benefici fiscali che ha dato l’Irlanda, questo non sarebbe stato consentito.

I monopoli dell’informazione vanno in Irlanda per via dell’inglese. Ma perché la Sicilia non può diventare la base europea della Cina, del Giappone, dell’India?

I grillini che scalzano il proprio miracolato governo era da vedere. È vero che è un governo delle novità. O è una commedia, roba da comici? Ma il Sud che li ha plebiscitari? Un comico genovese può tanto al Sud? Poi dice che la colpa è del Nord. 

L’amico mafioso
Si può dunque frequentare per dieci anni una persona, anche con buona amicizia, che ora è arrestata per mafia. Non per concorso, o in associazione. No, per mafia: “A tutti gli effetti partecipe di una delle più importanti famiglie mafiose della Piana di Gioia Tauro”, dice il comunicato degli inquirenti.  
Che il sindaco di un paese di montagna condizioni gli appalti della piana di Gioia Tauro, come dice ancora il comunicato, questo non è possibile. L’ingenuità invece sì. Ma questo non esime, l’imputazione resta lo stesso pesante.
Lo sgomento emerge stranamente non per sé, per la propria imprudenza o sconsideratezza, ma per l’arrestato. Persona franca e socievole. Vicino di casa, di quartiere. Buon padre. Buon amministratore, da assessore e da sindaco. Stimolatore delle attività culturali. Capace di rilevare e far chiudere centinaia di allacci idrici abusivi, per orti e allevamenti. Pieno di progetti, già finanziati.
Riesce difficile, malgrado la secca imputazione, immaginare questa persona al soldo della cosca Alvaro di Sinopoli. Per soldi? Per potere? Dunque, gli Alvaro sono potenti.
Questa è la sorpresa più dolorosa: che una famiglia mafiosa che imperversa da mezzo secolo, con grassazioni innumerevoli, tentati omicidi, forse rapimenti di persona, traffico di droga, investimenti da tempo confiscati al centro di Roma, il Café de Paris a via Veneto, il California a via Bissolati, la Sacrestia al Pantheon, sia in attività.
O che non sia vero il paradigma del tutto mafia di De Raho – nei quattro anni a capo della Procura di Reggio Calabria non usciva di casa, giusto per andare in ufficio. Se lo stesso giorno si sequestrano per mafia i beni di Mario Ciancio Sanfilippo, giornalista e editore, l’editore di giornali e di televisioni più importante del Sud, già presidente della federazione degli editori di giornali, duecento ettari di aranceti attorno a Catania, barone.  

La violenza al Sud
“La vita promessa” di Ricky Tognazzi, corazzata di settembre su Rai Uno, segue lo schema del “Padrino”. Imperniato su una Madre Coraggio e non su un Padrino, una combattente e non un mafioso, ma gli ingredienti sono gli stessi. New York e la Sicilia. La glottologia linguistica. E la stessa caratterizzazione Nord-Sud, che lo spaesamento accentua, Little Italy, con lo stesso veneto bravo che il povero Moschin allora interpretava. Ma qui accentuata, aggravata: il Nord buono è rinforzato da un milanese munifico, in aggiunta al veneto vittima, mentre il Sud è cattivissimo in tutto, e non solo nella mafia, stupido, raggiratore, traditore, inumano.
Il cattivo è uno che le ucciso il marito amato, ha ridotto all’ebetudine l’amato primogenito, e l’ha stuprata. Una violenza condivisa che si ripeterà, si presume, a New York, dove il mafioso ha deciso d’inseguirla, lasciando poderi e poteri  in Sicilia. Che sarebbe un caso di follia, il soggetto diventando perseguibile, poiché la madre sua vittima non avrà problemi a denunciarlo. Ma Spanò, si chiama così il boia, è inattaccabile: pure Madre Coraggio ha il suo lato oscuro, dello stupro riassaporando il godimento.
La madre vittima è anche un po’ Visconti, di “Rocco e i suoi fratelli”. Ma senza la tragedia – al Sud Visconti rifaceva la tragedia greca, dopo “La terra trema”, e prima dei gelati squagliati della maturità, del “Gattopardo”. Ed è giovanile e bella - per essere perseguitata dal cattivo fino a New York.
Un progetto ambizioso. Le ambizioni le rivela anche la grande produzione, con scene in esterni, costumi e scenografie d’epoca, masse. Un remake d’autore, si direbbe, non ben congegnato. Ma forse per il di più che il tempo vuole, se lo premia con cinque milioni di audience, un quarto degli spettatori. Un tempo che non sa immaginarsi un altro Sud, anche al Sud
Il Sud ci scarica, caricandolo di violenza.

L’influencer di paese
C’è un esperto delle dinamiche social e delle tecnologie facebook, nonché protagonista delle stesse,  a Taurianova, “piana di Gioia Tauro, 15 mila residenti, reddito medio 663 euro al mese, Comune sciolto per mafia tre volte nell’ultima generazione”. È un muratore di 52 anni, Francesco Gangemi, disoccupato dal 2011, che “ha comprato, dice , «un diploma di geometra in Puglia» e oggi vive con al pensione della madre”. Su face book raccoglie “circa 600 euro al mese quando va bene, ma a Taurianova fanno la differenza”, e ha attirato l’attenzione di Federico Fubini.
Gangemi il giornalista di Milano deve accogliere “nel tinello di casa di un amico”. Ma è un esperto del web.  È diventato un influencer politico su facebook senza alcun titolo speciale – c’è qualcuno che ce l’ha? Ma sa che grafica ci vuole, il font Impact tutto maiuscolo, la frase breve, la brutalità, “altrimenti nessuno clicca”. Lui personalmente è un moderato: alle elezioni voleva votare “quelli di CasaPound perché portavano la spesa a casa, poi però ho messo due schede bianche”. E non ce l’ha con nessuno in particolare: “Post brutali? La gente vuole quelli”. Tanto meno ce l’ha con gli immigrati, anche se è un critico dell’immigrazione: “Qui a Taurianova non creano problemi, vanno a lavorare la mattina presto e sono integrati: abbiamo anche una moschea a pochi chilometri da qua”.

Il volgare illustre
Pavese, pur essendo stato al liceo più prestigioso di Torino e all’università di Lettere, aveva problemi con l’Italiano. O comunque ne volle fare un uso personalissimo. Annotò serie interminabili di parole del lessico italiano a lui ignote o non familiari per lui strane. Per derivarne una scrittura che Gian Luigi Beccaria dirà “volgare illustre”. “Il dialetto è nobilitato senza abbassare la lingua”, nota Beccaria di questo particolare uso: “Più che abbassamento della lingua al dialetto o innalzamento del dialetto alla lingua, si tratta di un’allusione al dialetto da parte della lingua”.
Di Alvaro si può dire lo stesso, che ha fato studi meno regolari di Pavese – ma poi si è esercitato col giornalismo. E più ancora degli scrittori calabresi in Calabria: Padula, Perri, La Cava, Delfino, Zappone, lo stesso Répaci benché toscanizzato. Il “volgare illustre” implica un forte radicamento, come Beccaria notava di Pavese, dopo Fenoglio e lo stesso Alfieri.

Pavese passò a Brancaleone solo sette mesi, da agosto 1935 a marzo 1936.  Per lo più impiegati in domande di grazia, anche per le insistenze familiari. E nelle lettere che ne scrisse non ha un solo cenno di simpatia. Il mare vi è “inutile”, la stella del mattino è lo steddazzu, la casa è un seminterrato - la casa non era un seminterrato. Ma le foto delle sue biografie lo ritraggono in almeno un paio di casi circondato da molta bella gioventù, non per caso evidentemente, le foto all’epoca non si rubavano, benché fosse un confinato politico.

Il ritorno – O nostos
Succedeva a Pavese come già a Ulisse: “Amo il mio paese alla follia,” Pavese scriveva di Santo Stefano Belbo, ma perché vengo da molto lontano”. Come di una memoria, discontinua, irrelata col luogo. Si ama la memoria di sé infanti, non il luogo nella sua realtà?
L’emigrato del resto non vi ha più un ruolo. Né ne ha la voglia quando ne avesse l’opportunità, e anche quando si applica, il mondo in realtà cambia in continuazione, le tela d Penelope è una finzione.

leuzzi@antiit.eu

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