Cerca nel blog

venerdì 18 gennaio 2019

Il populismo viene da sinistra – 3

Lo stesso “eccezionalismo” americano (“perché in America non c’è un partito e un sindacato socialista”) già in Tocqueville, agli inizi di “La democrazia in America”, è il popolo. In quella che Tocqueville chiama la “costituzione sociale”: non l’insieme di norme e\o concessioni sovrimposte alla nazione, ma il modo stesso di vivere insieme di una nazione. La riserva di potere che ognuno si assume.
I “Federalist Papers” newyorchesi del 1788, di Hamilton, Madison e John Jay sull’accettazione della Costituzione americana, fanno espresso riferimento al populismo come forma di aggregazione politica. Tocqueville rileverà come l’individualismo, che è la forza della democrazia in America, sia anche il suo punto debole: atomizza il potere, si direbbe oggi, lasciando lindividuo solo di fatto di fronte allo Stato nelle grandi decisioni. La nozione dello Stato come di un mammut ostile finisce per generare passività di fronte alla burocrazia anche quando essa è imperfetta o improduttiva. In termini diversi, ma è l’analogo del populismo odierno in Europa, di fronte a “Bruxelles”, a “Roma ladrona”, ai “poteri forti”, ai “salotti buoni”. L’esclusione coltiva una rivalsa, non di per sé bene indirizzata.
Negli anni della guerra del Vietnam, questo fu il sentimento dominante in America. Della contestazione, giovanile, femminile, delle minoranze, per i diritti civili e contro l’estensione della guerra, e non solo: questo paradigma populista di sinistra fu motivo nazionale dominante. Anche se portò, dopo le presidenze democratiche di Kennedy e Lyndon Johnson, al voto massiccio per Nixon: un populismo di sinistra che trovava lo sbocco a destra. Si può dire del populismo che agisce - si aziona - per reazione.
Il populismo era stato acculato in America a destra nel dopoguerra, nella polarizzazione della guerra fredda, in parallelo con la “costruzione” di un tradizione costante, vecchia di due secoli e mezzo, di liberalismo politico. Ad essa veniva utile dire anti-americano il populismo dell’Otto-Novecento, fino ad assimilarlo al fascismo mussoliniano e facendone il prodromo del mccarthysmo. Lo storico Richard Hofstadter si è distinto in questa ricostruzione. Il populismo facendo retrogrado, xenofobo, antisemita, cospiratoriale. All’origine dell’“anti-intelettualismo nello stile di vita americano” e dello “stile paranoide della politica americana”. Ogni possibilità di risentimento popolare, del resto, era in quegli anni temuta come un’apertura al “comunismo”.
L’analisi di Hofstadter bizzarramente si conformava con la storia americana. Singolarizzando la minaccia populista, nell’intento di costruire una tradizione americana liberale forte di due secoli e mezzo, riportava però a galla elementi populisti trascurati di forte impatto nella vita nazionale. Di destra ma collegati alla tradizione culturale centrale, liberale o meno che sia stata. L’anti-cattolicesimo, per esempio, dominante fino alla seconda guerra, che escludeva dalla società civile molti immigrati europei - italiani, iberici, irlandesi, polacchi. Il razzismo, e la schiavitù mascherata, che conformavano le relazioni sociali in quasi la metà degli Stati Uniti, fino agli anni 1960 e oltre. La violenza politica, costante per tutto l’Ottocento, e anche, sebbene individuale e sporadica, per il Novecento – ma il “gioco sporco”, di minacce e ricatti, è costante e normale nella politica americana.
Queste le radici. Oggi, ovunque in Occidente la globalizzazione ha prodotto ineguaglianza massicce di reddito e condizione. È il lato oscuro della nostra storia, del Millennio, di cui non si parla. – il dumping sociale asiatico. Ristrutturazioni a catena, con ridimensionamenti del personale o demansionamenti, senza alternative. Le delocalizzazioni, con semplici e radicali chiusure di impianti – le case automobilistiche ne fanno a mezze dozzine, anche a dozzine. L’unico rimedio consistendo nel taglio di retribuzioni e garanzie sociali. Il mercato tedesco del lavoro che si porta a esempio delle “riforme” necessarie si alimenta con una marea di assistititi dalla carità pubblica, circa 10 milioni di persone.
In contemporanea, il prolungamento dell’aspettativa di vita di pari passo col progresso della medicina preventiva e terapeutica, ha prodotto masse di percettori di reddito fisso (pensioni) che inevitabilmente con gli anni si deprezza e porta comunque all’impoverimento. Anche per la simultanea introduzione del divieto di cumulo lavoro\pensione. 
La platea delle frustrazioni è in larga espansione, a ritmi elevati. Senza soluzioni né argini: l’impoverimento, senza possibilità di reazione, sembra ingovernabile. La frustrazione si scarica sulla politica quale mancanza di immaginazione e di risposte.
(fine)

Nessun commento: