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sabato 19 gennaio 2019

Il male si annida nella chiesa migliore

Stendhal, il racconto “La duchessa di Paliano”, rifatto per seicento pagine, a ridosso della traduzione delle “Cronache italiane”, 1858. A riprova che la (buona) letteratura è buona e fa bene.
L’autore lo presenta come il romanzo di Porta Pia, contro il potere temporale dei papi. Licenziato in Firenze l’8 maggio 1864 ma promesso alla contessa Filiberta Passerini-Petrucci per il suo matrimonio quattro anni prima. La promessa non fu mantenuta  per “gli strepitosi avvenimenti che subito occorsero, e i quali, conducendo le armi del Re nelle Marche e nelle Umbrie, mi ridettero la patria libera e disposta alle sorti migliori” – c’era chi ci credeva veramente.
Cesare Trevisani è sconosciuto oggi anche a google. Ma pubblicava romanzi storici con i maggiori editori del secondo Ottocento, Lemonnier a Firenze, Daelli a Milano – questo in quattro volume tascabili, i romanzi andavano molto. Rifacendosi a Guerrazzi – non cita mai Manzoni (e ovviamente non Stendhal). Di fede dunque laica. Ma mosso da buoni propositi: qui muove scandalizzato “tra il Guizot protestante , che sorge a difendere la necessità del potere temporale dei papi, e il Renan cattolico che leva a Cristo la divinità”. In questo senso dunque contemporaneo.
È il romanzo nero dei nipoti di Paolo IV, 1555-1559. Il cardinale irpino Carafa, arrrivato al soglio a ottant’anni, papa di transizione, di vita morigerata, riformatore sincero e grande italiano, che cercò l’alleanza dei Turchi, e promosse l’Inquisizione a Roma, l’Indice dei libri proibiti, e l’istituzione del ghetto. Trevisani sceglie il suo pontificato, tra i tanti che aveva disponibili per contestare il potere temporale, per “l’esempio di un papa che, senza il temporale, sarebbe stato, come gran sacerdote, modello di pietà, di zelo e di religione, aggirato da perversi congiunti”. Con “nefandezze” e “calamità” “che si fanno appena credibili a chi consideri come in quel tempo sulla Corte di Roma, denunciata dai clamori dei riformisti, stessero aperti gli occhi di mezza l’Europa”.

Cesare Trevisani, I nipoti di papa Paolo IV

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