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domenica 28 aprile 2019

Secondi pensieri - 383

zeulig


Complotto – Ci fu una teologia del sospetto, del gesuita siciliano Sorge e altri illustri isolani, sulle tracce della triade filosofica del “sospetto”, Marx.-ietzsche-Freud, c’è ora una psicologia del complottismo. Che la mente vuole portata “naturalmente” al sospetto – “la nostra mente cerca le streghe”, Matteo Motterlini. Questo può essere, la mente rifugge dal complotto, perché lo teme. Ma ritenendolo possibile lo avvera. In entrambe le maniere: il complotto si avvera, le poche volte che c’è e si avvera, perché è temuto. Ma agisce – incute timore, frena, reprime, oppure espone, manda all’avventura - anche le molte volte che non si avvera perché non c’è. 

Depressione – Sotto forma di malinconia sta per compiere il millennio. Su una deriva per lo più letteraria, riguardante i poeti. Ma anche apologetica, di molti santi. Con esiti sorprendenti sulla sessualità (dei santi) e sulla follia (dei poeti).
A partire dal Trecento, sulla base del trattato “Della malinconia”, diffuso pastiche greco-arabo messo assieme da Costantino l’Africano qualche tempo dopo il Mille, il rapporto ascesi- continenza-follia era divenuto saggezza corrente: Robert Bur­ton lo codificherà giocosamente nell’“Anatomia della malinco­nia”, seducendo John Ford, il commediografo, Sartre tristemen­te nella “Nausea”, che in origine s’intitolava “Mélancholie”, Moravia al suo modo insofferente nella “Noia”, fino alla sintesi operata da Marco Masini, il cantautore, “Malinconoia”. Su tracce diverse — la scissione tra spazio e tempo che è inerente alla nostra co­noscenza e la rende menzognera — muove l’altro riferimento d’obbligo, la “Melencolia” di Diirer, come ha dimostrato Giancar­lo Bizzi.
“I religiosi degni di rispetto, digiunando di giorno e vigilando di notte, soffrono di una riduzione del sangue, che si trasforma in bile gialla e poi, per effetto di una lenta umidificazione, in bile nera, che genera la malattia melanconica”, afferma Co­stantino, e conclude: “Il coito aiuta a guarire la malinconia”. Costantino, segretario dell’avventuroso Roberto il Guiscardo, il normanno che voleva conquistare l’impero d’Oriente con le sue armate apulo-calabresi, mutato in medico della scuola salernitana, non faceva che rovesciare la sentenza più ubiqua di tutta l’antichità: “Meglio pazzo che libidinoso”. L’esercitazio­ne era divenuta corrente a partire da Ippocrate e le bili.
La critica è perplessa, ma Baudelaire dovrebbe allo spleen che l’attanagliava (“Mélancholie” è il titolo di un poemetto in prosa che non ebbe la forza di scrivere) la sua natura femminea, a giudizio del fedelissimo Nadar. Djuna Barnes, esteta e fricatrice, lettrice appassionata di Burton, non è d’accordo, e nel suo “Ladies Almanack” parla di “anatomia e malinconia”. Che è il tema del cristiano “Ritratto della malinco­nia” di Romano Guardini: “Il cuore della malinconia è l’eros: desiderio d’amore e di bellezza”.
Lo specialista Erasmo vi aveva invece accostato “l’apparente follia dei santi”, da lui specialmente indagata. Il professore tedesco R. v. Krafft-Ebing, volendo dargli credito, esperto peraltro massimo di questi fenomeni, legò i tre fondamenti stabilendo una cor­relazione stretta “fra il sentimento religioso e quello (sic!) ses­suale, anche in campo decisamente psico-patologico”, per “la parentela spesso appurata fra religione, libidine e crudeltà”.

È che, secondo Aristotele, la malinconia è la base di tutti i carat­teri. Le familiari lettere di san Paolo ne sono la teologia. Prima che il Settecento la riducesse a ipocondria, e con lo stress del mondo moderno tracimasse nella malattia sociale della depres­sione. Il primo straripamento è avvenuto nel Cinquecen­to, quando la malinconia divenne sinonimo di follia, strego­neria, genio. Agrippa d’Aubignè poneva la malinconia sotto Sa­turno, per l’autorità degli antichi. Rudolf e Margot Wittkover, e Klibansky, Panofsky, Saxl, ricondurranno a Saturno gli artisti.
A questo punto, oltre al solito Aristotele, “l’uomo di genio è malinconico”, è sull’autorità di Platone che si stabilisce la disposizione dei malinconici alla scienza e all’eccellenza. Starobinski, che ha studiato la malinconia da giovane all’uni­versità, in “L’artista come saltimbanco” equipara la buffone­ria alla malinconia, in “La malinconia allo specchio” trova le­gami assai specifici tra malinconia e letteratura, e ha pure indagato i nessi tra malinconia e reazione.
Forse pesa l’ottica dell’epoca, che rivede il passato al gusto del momento. Perché, spiega Antonio Socci, “dalla «Summa Theologica», dove Tomma­so raccoglie tutta la tradizione, si apprende che l’opposto dell’acedia non è affatto la sollicitudo (ogni sorta di attivismo), ma il gaudium (godimento)”. Evagrio Pontico, cui si deve la classificazione dei vizi capitali, ne aveva individuati otto, ai sette ora canonici aggiungendo la tristezza, l’acedia - l’acedia, malamente tradotta in accidia o ignavia, non è la poltroneria ma la tristezza, e resta peccato mortale. Il vero motto di san Benedetto, nel VI secolo, quando l’Europa era un deserto, è: “Ora et labora et lege et noli contristari in laetitia pacis”.
Anche la questione erotica s’imbriglia con quella creativa. Si forma un triangolo interattivo malinconia-creatività (santità)-eros, e non per i noti tecnicismi fisiologici. L’incrocio, ger­minato anch’esso nel Cinquecento a opera di Jacques Ferrand con la “Malinconia erotica”, rivisitata da Umberto Saba come Ma­linconia amorosa, è meglio individuato nel classico “Vita sexualis” di Mori Ogai, l’antropologo nipponico delle forme di vita euro­pee: “Per gli scrittori come per i poeti il desiderio sessuale svol­ge un ruolo affatto singolare. La questione è legata al problema degli uomini di genio quale la espone Cesare Lombroso e alla conseguente teoria di Möbius e della sua scuola, in base alla quale i poeti famosi e i filosofi senza eccezione sono dei malati mentali”. Paul Julius Möbius è nella storia per aver sancito, nello studio dallo stesso titolo, l’inferiorità mentale della donna.
(continua)

Dio – È uno capriccioso, più che un creatore? Così insinua Pavese spìnoziano - senza saperlo? - nei “Dialoghi con Leucò” (“Gli uomini”): “Un tempo le cose accadevano. Di ogni cosa veniva la fine, ed era un tutto che viveva. Adesso invece c’è una legge e c’è una mente”.
Viene con la creazione anche l’immortalità – sempre Pavese: “Lui s’è fatto immortale e con lui noi suoi servi”. Per questo capriccioso anche negli argomentazioni: “Non sarebbe signore se la legge che ha fatto non potesse interromperla. Ma l’interrompe poi davvero?”.

Uguaglianza – Un certo laicismo-ugualitarismo è distruttivo, specie in pedagogia. Isolare un figlio, deprivarlo della religione, del quartiere (comunità), della socialità (tribù) è come imporre la povertà perché la ricchezza è disuguaglianza.

zeulig@antiit.eu

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