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domenica 28 aprile 2019

La scoperta della Germania

La Germania non è più quella, spiega  Sergio Fabbrini sul “Sole 24 Ore”: lo dicono gli americani, lo ha detto Soros, bistratta la Francia. E “il nuovo partito nazionalista, Alternative für Deutschland, ha conquistato un terzo dei seggi al Bundestag nelle elezioni del 2017”. No, ne ha conquistato un terzo di un terzo, o poco più, il 12,6 per cento. Ma è vero che Afd è solo la punta di un iceberg.
Più vero è che il mutamento non è di oggi. Oggi è solo detto, mentre prima era fattuale e non propagandato, l’antinazionalismo avendo in Germania ancora forza censoria. Ed era probabilmente inevitabile: la Germania unita, senza più i russi a Berlino, russi allora temuti, è un altro animale che la Germania di Bonn. Quella con cui gli studiosi sono cresciuti, e che ha portato all’Unione Europea, fino all’euro. Ed è probabilmente più Germania, più intrinsecamente tedesca (continentale, centripeta), quella di Bonn dovendosi ritenere una parentesi. Ancorché in armonia col ’48 tedesco, il 1848, che fu una primavera democratica tedesca, protagonisti Marx, Wagner, eccetera, messa presto a tacere dalla reazione, e poi dal germanesimo, dal primato.
Una sintesi ne era però stata fatta, e detta:
“L’Europa ha vissuto ricca dopo la guerra per trenta anni senza la Germania, mai così prospera. Finché non ha sentito il bisogno della follia tedesca. E ora è senza futuro. Sì, è vittima degli inverni demografici, specie l’Italia - ma pure la Germania è una Schrumpfnation, un paese che si restringe. Dei debiti, della sanità e le pensioni insostenibili, e della globalizzazione: non più competitiva, rassegnata, implodente. Ma anche della Germania, che sa come l’Europa si annienti con le sue stesse armi, protervia e inquietudine.
“Nell’autodifesa che ritenne necessaria da germanofilo, nel ‘44, Croce sancisce nel titolo e nel testo un “dissidio spirituale della Germania con l’Europa”. Per la mancata latinizzazione e non solo. Di un’egemonia che non vuole associare ma asservire: “Nominor quia leo” - il dissidio lo sanciva già nel ’32 «Lo spirito tedesco in pericolo», studio e titolo di Curtius il latinista: non è che non si vedesse. La Germania qualche lezione nei trent’anni di guerra fredda l’ha imparata. Ma il fondo riemerge, ora che l’Europa non ha federatore esterno, non più Stalin e neppure gli Usa, che la globalizzazione proietta sul Pacifico. A Bonn molto pesava la Germania romanizzata, da Augusta a Colonia, di qua dal limes - esso stesso luogo di “paesaggi meravigliosi, resti di grande valore storico, vini sublimi”, Giorgio Pasquali notava. Su Berlino pesa  l’Ostelbien, di là dell’Elba.
………..
“La Germania dopo il Muro è un’altra. Non avendo più la temuta Russia, non ritiene di doversi schiacciare sull’Europa e l’Occidente, come faceva Bonn. L’ha pure detto, in più modi, ma l’Europa non ascolta” (G.Leuzzi, “Gentile Germania”, 2014).
Un mutamento che non appare difficile da individuare. Non fosse la Germania, così vicina, così lontana.

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