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sabato 7 dicembre 2019

Il mondo com'è (388)

astolfo


Barba – È segno di libertà, secondo la “Storia della barba”, alla voce “Barba”. Che la vuole anche in correlazione con la conoscenza: più barba più saggezza. Fu decorazione consueta tra gli ecclesiastici, papi compresi, ai tempi dell’esilio avignonese per la perduta libertà. Successivamente proscritta da Adriano V, in obbedienza al diritto canonico, barbis rasis per i preti, fu ripresa in segno di lutto nel secolo che seguì al sacco di Roma. In Oriente è sempre stata il segno della distinzione maschile e della saggezza.
II rigido papa Fieschi sarà contraddetto a fine Cinquecento dal cardinale Cesare Baronio, cresciuto dal 1557 all’ombra di Filippo Neri, che aveva adottato anche lui la barba in segno di lutto,  nell’Oratorio. Richiesto di una consulenza da Carlo Borromeo, Baronio stabilisce nel “De Clericorum Barbis”, sull’autorità di Ezechiele (“Sacerdotes caput suum non radunt”) c di una lunga serie di Padri, ai quali l’onore del mento conferiva un aspetto venerabile, che la barba è un segno di virilità, che distingue l’uomo dalla donna, e che “la barba è segno di buona salute”. Infatti, spiega il cardinale, “come l'albero senza fronde, la faccia abrasa appare deforme”.
Più vicino a Baronio e a Filippo Neri viene l’imperatore Giulia­no, autore di un “Misopogone, o il nemico della barba”, da intendere come barbosità, poi­ché l’apostata, glabro in carriera in obbedienza alla tradizione (l’uso romano non voleva la barba), si rifece pelosissimo appena incoronato — un rapporto rafforzato dal comune spirito ecumenico e dall’insofferenza per l’immagine pubblica e per la porpora.

La barba è vecchia materia di discordia. A un certo punto la barba ritornò rivoluzionaria anche fuori delle chiese. Per Marx il suo avvento segna la fine della borghesia: “La rivolta degli uomini moderni con la barba sta minando le basi su cui la borghesia focalizza la sua attenzione. La sua caduta e la vittoria della barba sono ugualmente inevitabili”.
Poi la borghesia ha vinto, ma imbarbarendosi. Mentre Marx il 28 aprile 1882 ad Algeri, dov’era in vacanza per risollevarsi dalla morte della moglie, è andato dal barbiere e si è fatto tagliare la barba. I ruoli della barba si sono invertiti?.

Bérillon – Coevo, tra Otto e Novecento, del criminologo quasi omologo, se non per una consonante, fu uno psichiatra francese, famoso per praticare l’ipnosi. E per avere individuato nella Grande Guerra la bromidrosi fetida, e la polichesia della “razza tedesca”. La polichesia è la quantità di cacca che si produce. Quella dei tedeschi Bérillon attestava abnorme: “I francesi si rendono conto di essere in territorio tedesco dalla dimensione degli stronzi”.
Aveva dei precedenti, sul vino puro, bevuto in moderate quantità: “L’uso moderato del vino naturale nuoce alla salute, se uno è artritico, degenerato, o sedentario. L’uso del vino puro esercita un’azione particolarmente dannosa sul carattere delle donne. Le rende irritabili e bisbetiche. È qui il punto di partenza di buon numero dei problemi nei matrimoni. C’è di certo una relazione tra l’uso del vino puro e molti dei dissensi coniugali che portano al divorzio”. Sfuggì forse in quanto astemio alla deportazione durante l’occupazione tedesca nella seconda guerra, e morirà a novant’anni nel 1848.

Bertillon – Ricorre nel film di Polanski sul caso Dreyfus, “L’ufficiale e la spia”, come l’esperto grafologo che avalla come autentiche, di mano di Dreyfus, le false scritture che vengono sottoposte alla sua perizia. E quando le scritture risultano di un altro ufficiale, non si rassegna: “Si vede che gli ebrei hanno imparato a copiare la grafia” dell’ufficiale spia.
La sua fu la “prova”, artatamente falsificata, del processo. Polanski ne fa una macchietta. Di fatto era un personaggio importante della criminologia all’epoca. Con una lunga esperienza alla questura di Parigi. E da una ventina d’anni prima del caso, dai primi anni 1870, creatore del primo laboratorio di analisi criminale, inventore delle foto segnaletiche, da allora utilizzate per la catalogazione dei criminali condannati, e dell’antropometro, un sistema di riconoscimento biometrico fondato su 14 misurazioni. Si sbagliò sul Dreyfus per professo e mai disconosciuto antisemitismo.
Alphonse Bertillon era figlio di uno statistico famoso e fratello minore di un demografo altrettanto famoso, Jacques, il precursore dello standard di classificazione delle malattie Icd (International Classification of Disease”), con un sistema, pubblicato nel 1893, denominato “Classificazione delle cause di morte Bertillon”. Al padre Louis-Alphonse, antropologo amico di Michelet, e poi demografo, risaliva una prima nomenclatura delle cause del tasso di mortalità.
Nonno materno di Alphonse e Jacques, i due fratelli, padre della madre Zoé, era Achille Guillard, al quale si fa ascendere la parola demografia e la relativa disciplina, o ambito di studi.  

Biki – La stilista di cui si celebrano i vent’anni della morte è nome d’arte di Elvira Bouyeure (sposata B.) Leonardi, figlia cioè di una sorella dei Crespi del “Corriere della sera”, industriali tessili. Quindi cugina di Giulia Maria Crespi, che negli anni Sessanta già gestiva il giornale. In qualità di vedova del conte Marco Paravicini, una bella figura di socialista, ex giovane della Resistenza, sposato nel 1953, morto in un incidente d’auto nel 1957, apprezzato al giornale per le sue qualità umane, più che da azionista. Nel 1961 Giulia Maria aveva bocciato la candidatura di Spadolini, direttore del “Resto del Carlino”, designato da Missiroli a succedergli alla direzione del “Corriere della sera” (Missiroli aveva voluto Spadolini praticante giornalista al “Messaggero” nel 1947, e ne 1953 lo aveva chiamato al “Corriere della sera” come editorialista). Nel 1968 invece chiamò Spadolini, per la mediazione del bel Giovanni Sartori, amico di famiglia del marito defunto.
Nel 1972 Biki entra nella storia del “Corriere della sera” vendendo la sua quota a Angelo Moratti, che si portava compratore per conto dell’Eni - del presidente dell’Eni Girotti, che voleva far contare la quota dell’Eni stesso in Montedison.
Nel 1961 Biki si era fatta nominare commendatore della Repubblica. Fu alla sua festa per la commenda che Missiroli apprese che Giulia Maria lo aveva liquidato.

Scisma d’Oriente – La divisione della chiesa dopo la separazione di Bisanzio fu più volte per essere superata, ma sempre fu impedita da questo o quell’interesse particolare. L’occasione migliore  per superarla fu la possibilità che un orientale diventasse papa, molto concreta nel Quattrocento con Bessarione. Glielo impedì la barba, secondo una tradizione aneddotica: i cardinali in conclave non la gradivano. Ma più concretamente la Francia, che non voleva dismettere il peso preponderante che aveva, anche dopo Avignone, sulla chiesa di Roma,  e giunse con ogni verosimiglianza ad avvelenare il possibile papa orientale.

Nel conclave di Callisto III, nel 1455, l’elezione di Bessarione fu bloccata da Alain de Coëtivy, cardinale d’Avignone. Nel 1472, narra Benedetto Orsini, vescovo di Alessio in Albania, nella “Verità essaminata”, “permise Iddio che il detto cardinale finisse in breve tempo la sua vita, con grandissimi dolori colici, e tutti l’altri suoi seguaci finirono con poca loro riputazione l’un dopo l’altro”: reduce da un’ambasceria al re di Francia Luigi XI, “s’ammalò in Torino, “con sospetto di veleno”, e a Ravenna morì. Lo stesso giorno e degli stessi sintomi del podestà veneziano di cui era l’ospite, Antonio Dandolo – che era sbarbato.  

astolfo@antiit.com

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