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lunedì 2 dicembre 2019

Alla radice delle guerre di religione

Un racconto scomodo, un pamphlet in forma di racconto. Da parte di un autore poco politicizzato, Anatole France, e non sospetto di antisemitismo (uomo del cuore di Léontine Lippman, sposata Caillavet, la futura madame Verdurin di Proust, scrittore apprezzato da Proust, che ne farà Bergotte) sosterrà con questo racconto-parabola che l’intolleranza e la violenza si generano per la fede nel Dio unico, con corteo inevitabile di popolo eletto.
Riscoperto cinquant’anni fa da Sciascia, che ne fece anche la traduzione, come il “racconto perfetto”, il “Procuratore di Giudea”, qui tradotto come “Prefetto”(il titolo e la funzione  reali di Ponzio Polato, che Flavio Giuseppe, a cui France si rifà, scfambia per Procuratore), è oggetto da un paio d’anni di continue riedizioni, almeno quattro. Questa, in originale con traduzione, si avvale di una predentazione di Giovanni Iudica, il giurista della Bocconi. Che ne fa una perorazione contro l’intoleranza, seppure al modo quieto, non militante, di France.
La figura di Pilato, più che il suo vero titolo o la sua funzione, attrae da qualche tempo: Caillois prima di Sciascia, e poi Agamben, Schiavone.
Anatole Fance, Il prefetto di Giudea, La vita Felice, p. 62 € 7

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