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lunedì 18 gennaio 2021

Secondi pensieri - 439

zeulig


Favole
– I genitori non sono innocui, e anzi pericolosi? Emma Dante ne dà questo risvolto. Le mamme? “Non potendo dire esplicitamente a un bambino, attento tua mamma è infida, la favola la traveste da matrigna. Che vuole solo sbarazzarti di te, mandarti in bocca al primo lupo che passa. Ce ne sono tante anche nella realtà”. I padri? “Inesistenti, Debitamente morti, oppure manipolati, succubi delle mogli, incapaci di prendere le difese delle figlie”.
La regista Dante si riferisce ai personaggi delle favole – lei è personalmente mamma felice di un bimbo adottato, voluto, inseguito per anni, curato, coccolato, insieme col marito. Il problema sono le favole. Erano già contro la famiglia? Sono un residuo dell’epoca del nomadismo, della procreazione intesa unicamente come fattore fisico, di pulsione, di gesto meccanico? Un’annotazione del futuro? È il futuro il ritorno al nomadismo, all’individualità nell’ambito di una tribù? Sono le favole fantasie freudiane anticipate? Sono liberatorie? Sono terroristiche – creano il rifiuto o l’incertezza invece di dissolverla? Certo, c’è il lieto fine – di solito.
 
Filosofia
– Induce alla religione? Non per deduzione, per limitazione.
“Kant conduce alla grazia”, dice Simone Weil, la filosofia porta alla religione: “Kant vi porta segnando i limiti della ragione, che non produce ciò che pensa, ma lo riceve”, coi suoi cento talleri possibili che nulla aggiungono ai cento talleri reali - il reale è il possibile certo, anche di noi desideranti, ma il contrario è pure vero: “Lo stesso per Dio”.
L’intelligenza serve a ripulire l’ambiente dei falsi dei: il falso Dio che somiglia in tutto al vero, eccetto che non lo si tocca, impedisce per sempre di accedere al vero. Alla nostra verità, non del Dio astratto.
 
Giustizia
– In Platone la giustizia c’è, e la più grande è quella politica, “Repubblica, II”: “Esiste una giustizia del singolo uomo e una giustizia dello stato intero; è verosimile che nella realtà più grande si trovi più giustizia”.
La giustizia più grande è “naturalmente” quella politica, realizzazione legata al tempo, al luogo e alla cultura in auge. La giustizia “più grande”, insomma, è fenomenica.
 
La giustizia non è il dono dell’onestà per tutti, ma la forza aggregante del viver bene civile. (Per questo la sovversione, quella vera, subdola, incisiva, non quella dei terroristi, è l’ingiustizia – la forza che destabilizza.
 
Heidegger – Kant ha già un Heidegger, “Antropologia”,184. Ma è un “musicista tedesco residente a Londra”, che propose e vinse una gara di bruttezza.
 
Intellettuale – “Gli studiosi hanno conoscenze; gli intellettuali hanno opinioni, che amano esprimere in ogni occasione”. L’approccio è di uno scrittore di gialli, Petros Markaris, ma calzante.
Markaris poi prosegue, sempre credibile: “L’espressione della propria opinione è intrecciata con due caratteristiche, ognuna delle quali ha una ricaduta sessuale… La prima è la lussuria dell’analisi. Devono analizzare tutto. Soffrono di una malattia per cui ancora non è stata trovata la cura: l’analisite. L’altra caratteristica è il piacere di ascoltarsi. Si ascoltano mentre parlano e si eccitano sessualmente”.  L’intellettualità come un’erezione, una forma dell’eccitazione sessuale.
 
Musica – Porta all’astrazione, fuori dal mondo? È risaputo che Prokof’ev, pur essendo pieno del tempo, nel 1917 si astrasse  nella sua dacia nei dintorni di Pietroburgo, “in assoluta solitudine”, a leggere Kant e comporre la sua sinfonia “classica”, Haydn inseguendo e Mozart, senza le incrostazioni di Beethoven. Mentre il popolo al fronte si ribellava e nelle città ribolliva la rivoluzione. Analogamente Richard Strauss, nell’estate del 1942, mentre Hitler gioiosamente suicidava la Germania nelle steppe, si dilettava a musicare “Capriccio”, la storia in cui l’abate Casti discute del primato, nel melodramma, della parola o della musica.
 
Occidente  - È in caduta per definizione. Libera? Regolata?
Non in tedesco – dove invece cade più spesso, nella trattatistica e nell’azione.
 
Politicamente corretto – “È come un’orda da Medioevo in giro per le strade a cercare qualcuno da bruciare al rogo. Non vedo perché non dovrei avere il diritto d dire qualcosa solo perché qualcun altro è contrario. Mi sembra un concetto fondamentale per la nostra libertà” - “Mr Bean”, Rowan Atkinson. L’attore comico si ritira dalle scene stanco di doversi censurare. Ma la cosa non è da comici: dove c’è l’ipocrisia, nel mondo anglosassone per esempio, il mondo di Mr Bean, colpisce duro.
 
Protegge le minoranze, in teoria, dal sopruso. In realtà cancella, poiché ne cancella la diversità – l’identità. La riprova è nella minoranza - talvolta perfino il singolo, individuo - che si impone come maggioranza, come una maggioranza autoritaria e senza limiti, col buon diritto che sempre le maggioranze si avocano.
Semplificando, comprime o riduce l’individualità stessa, e il suo potenziale di crescita, che si suppone protegga: della scrittrice indiana che vuole Shakespeare a processo, della insegnante femminista che si rifiuta di fare a scuola Omero, l’“Odissea”, delle scrittrici americane di recete, di origini messicane, che hanno chiesto la censura di un romanzo sull’immigrazione dal Messico scritto da una non messicana.
 
Molto politicamente corretto, specie nell’accezione cancel cuture, è eccessivo, perfino borderline – se ne parla perché strano. Ma s’innesta su un fondo vasto e spesso, della minoranza che per principio fa aggio sulla maggioranza.  Non riequilibra i rapporti, non chiede giustizia e nemmeno risarcimento, vuole solo ammutolire, imporsi per imporsi. Una deriva della tolleranza verso l’intolleranza.
 
Storia – È maltrattata in Germania, paese di storici. Heidegger la vede “quando l’aereo porta Mussolini da Hitler” (o era l’inverso?). Marx opinava già nel 1842: “La Germania ha dimenticato la storia perché non vi succede storia”. Hegel l’aveva preceduto, “Sulla costituzione della Germania”, 1802, che la celebre frase apre: “Deutschland ist kein Staat mehr”, la Germania non è più uno Stato. La Germania, che è solo Stato?
 
Tempo – Non scandito, non esiste: se non è scandito, da una misura esterna, è tempo-non-tempo. È il suo modo di essere nella pandemia in corso, bandita la scansione in lavoro, festa, pendolarismo, caldo, freddo, bello, brutto, stagionale. La sua varia articolazione dissolta in un dìffuso grigiore, insistito. Con la sola eccezione, non grata, della fila, e l’impegno a evitare ogni incontro, tanto più quelli personali.
S’immagini un tempo senza il ciclo giorno-notte, sonno-veglia, di nutrizione, riposo, e ogni altro istinto o occupazione, sesso, svago, curiosità.  
 
Vero – Un’ombra alla terza o quarta potenza per Platone, nel suo mito della caverna
La quale è in realtà una prigione.  Dove si vedono le ombre di marionette, agite da soggetti nascosti dietro un muro.


zeulig@antiit.eu

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