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Scelta difficile tra libro e sigarette
Orwell fu commesso, dopo essere
stato studente (borsista) a Eton, poliziotto in Birmania, barbone in Inghilterra, per un anno e mezzo plongeur
a Parigi, il lavapiatti dei grandi alberghi, l’infimo grado del reparto cucine:
lavorò in una libreria londinese dell’usato. Non era il suo mestiere – non ne
avrà uno – ma ricorda le cose che durano. E ha preso a scrivere. Lasciò la
libreria per un’inchiesta – un progetto dell’editore progressista Gollancz – tra
i minatori e gli operai dell’Inghilterra settentrionale alle prese con la crisi
post crac del 1929, “La strada di Wigan Pier”.
Un Orwell leggero, come suole nei saggi e ricordi. Che sono poco legati alla politica, non come si penserebbe
dell’autore primo e più importante dell’antisovietismo, quando ancora la guerra
non era conclusa – la stessa “Fattoria degli animali” è una satira, più che un
libello politico. Dopo il lavoro in libreria e tra i minatori sarà volontario in Spagna,
ma irresoluto e anche scandalizzato – uno spilungone di un metro e 88 in mezzo
a plotoni di contadini incurvati e insicuri. Anche qui con ragione: abbandonò la
guerra quando i comunisti, cui si era avvicinato perché perlomeno erano
disciplinati, decisero di eliminare gli anarchici – di ucciderli. Ma era uno
scrittore di cose: amava guardarsi attorno e vedere.
In
“Libri contro sigarette”, il pezzo forte di questa piccola raccolta, mostra che
non è per i soldi che molti non leggono. E si diletta a calcolare che la sua
spesa annuale in libri, di lui grande, grandissimo lettore, circa 25 sterline,
è meno di quanto un fumatore spende per tabacco e sigarette – anche lui, benché
soggetto a tubercolosi. Contando i libri che ha in casa, 442, e calcolando un
numero eguale di libri suoi in altri posti, ne valuta il costo per fasce di prezzo,
a seconda se i libri sono comprati nuovi o usati, o sono regalati, in
recensione, in prestito. Dividendo il costo dei libri per i suoi anni di vita
attiva, e aggiungendo altre piccole spese, calcola la sua spesa annuale in 25
sterline. Che compara con le circa 20 sterline l’anno da lui spese in birra e
tabacco prima della guerra, da giovane senza arte. E con le 40 sterline che ora
spende in tabacco. Non solo: un libro letto per passatempo costa meno, per ora
di svago, che il biglietto al cinema – e, si può aggiungere, è un bene che
resta, perfino si eredita.
Morale? Nessuna. Se la spesa per
i libri rimane bassa è perché un libro, per quanto interessante, ci diverte
meno che le corse di cani, un film o il pub, non perché costa.
L’argomento è contestabile - anche se Garzanti fa questi piccoli libri del costo di un pacchetto di sigarette. Ma
Orwell non fa teoria del management. Anzi, da ex libraio, trova che la professione allontana dai libri: troppe bugie ai clienti, e troppi volumi da spostare in continuazione - lui personalmente, che tanto li amava, dopo non ne ha comprati più, se non in casi eccezionali. Questa conclusione però si arricchiscequi di una prefazione
di Romano Montroni, il genio delle Librerie Feltrinelli – di come si porta la
gente a comprare anche libri.
George Orwell, Memorie di un libraio, Garzanti, pp. 96
€ 4,90
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