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mercoledì 11 agosto 2021

La mafia al potere

Fa quasi trent’anni questo non aureo libretto, con cui s’inagurava la stagione celebrativa della mafia. Un anno dopo le stragi in cui furono assassinati i giudici Falcone e Borsellino, quindi in tono deprecatorio, ma con esito accrescitivo del fenomeno, di Riina per intenderci, e altre belve. Un volumetto che è andato anche in molte scuole, dove Violante animava giornate contro la mafia.
È la prima bozza di relazione della Commissione parlamentare Antimafia , per la parte attinente agli interrogatori di Tommaso Buscetta, Leonardo Messina e Gaspare Mutolo, tre pentiti illustri, tra novembre 1992 e febbraio 1993, spiega Violante, in qualità di presidente della Commissione, nella prefazione alla pubblicazione in supplemento a “l’Unità”.
In trent’anni, tre generazioni di mafiosi si erano sterminate. Ma questo resta nel sottofondo: i tre vengono fatti parlare della mafia come di un’organizzazione inafferrabile, intelligente, e vincente. Formalmente sono interrogati, da Violante medesimo in qualità di presidente, ma le sue domande sono solo interpunzioni a lunghi monologhi.
Nel primo interrogatorio il presidente della Commissiona parlamentare Antimafia si lascia portare per mano da Buscetta. Buscetta sa anche che “gli americani sapevano tutto del golpe Borghese” – e lui sapeva tutto degli americani, “gli” americani? Il caso Calvi, il banchiere trovato appeso sotto un ponte di Londra, fu gestito da Pippo Calò (chi era Calò, per fortuna non serve più spiegarlo). Sindona i mafiosi, che lo proteggevano, lo ritenevano pazzo. “Lima serviva a denigrare Andreotti” – Buscetta-Violante hanno a cuore l’irreprensibilità del divo Giulio. Lunica cosa che si evita è il coinvolgimento della mafia nell’affare Moro.
Leonardo Massina esordisce con i quattro quarti: “Io sono la settima generazione che appartiene a Cosa Nostra” – che quindi c’era con la Rivoluzione francese, oppure con Napoleone. E prosegue: “La mafia è un organismo democratico, uno dei più importanti organismi democratici” – anche se, ingenuamente?, aggiunge: “Si vota per alzata di mano, niente scrutinio segreto”. Quanto a lui, è mafioso per passione, per ascendenza o destino familiare: “Io ho sempre lavorato, ho avuto un lavaggio, una macelleria, ho sempre guadagnato di più col mio lavoro che con Cosa Nostra”.
Mutolo, il più inaffidabile dei tre pentiti, specie nei processi in America, è in grado di prevedere gli attentati di Firenze, Roma e Milano, e questo è inquietante, molto (era isolato e controllato da due anni): dopo la conferma in Cassazione delle condanne per il maxiprocesso di Falcone, dopo le stragi Falcone e Borsellino, “ci saranno altri attentati… Ci sono agganci in diverse città, Napoli, Milano, Roma, Firenze”. E afferma, su insistenza di Violante, che Contrada - ora in qualche modo scagionato - era in confidenza con tutti i capimafia.
Luciano Violante,
Mafia&Potere


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