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Dolce vita fine Ottocento, vuota
Un romanzo “borghese”,
di chiacchiere, affari e corna, in una città di mare senza mare ma di commerci,
tra poeti, scrittori, giornalisti, pittori, grandi avvocati, e commercianti giovani
e avventurosi, loro sì. Nien’altro accade che le loro conversazioni, al caffè -
“tutti insieme «abitano» il caffè”, e “in questa città non è possibile
incontrare le persone in casa, stanno sempe al caffè” – con qualche gita in
mare, e le case in campagna, dover non vanno. L’unico filo è una borsa di studio
governativa che i più giovani si contendono, i pittori e i poeti, spiantati,
mantenuti, l’uno quindi contro l’altro, ma senza animosità. Nemmeno negli adulteri,
quelli consumati e quelli respinti. La seconda parte si intitola “Le cose maturano”,
ma di poco o niente, un affare andato male (una speculazione fallita sulle
granaglie russe… ), un adulterio stanco.
Un diverso Hamsun,
non legato alla terra, né alla povertà. D’intreccio e linguaggio piano –
ripetitivo, inconsistente, insignificante - e non coinvolgente, Che palesemente
non approva lo stile di vita dei suoi intellettuali ma non lo dice, lo rappresenta,
in conversazioni interminabili non risolutive. A specchio dell’egotismo di ognuno,
per quanto minimo. A tratti anche dolente, come di commiserazione per un mondo
vuoto. Ma inquietante: se non fosse datato, si direbbe di oggi. La politica è
indifferente, le donne insoddisfatte, e non sanno perché, e più spesso single, si
vive fuori, ognuno per sé, non c’è scambio nelle conversazioni. Si dice che “in
politica non bisogna mai perdonare, bisogna vendicarsi”. E gli scrittori,
specie i giovani, sono “avari, aridi e accorti”.
Si ripubblica, con
adattamenti lessicali, la traduzione del 1942, di Longanesi: Hamsun doveva
essere nell’Italia di Mussolini in guerra Gran Scrittore, se se ne traduceva
anche questa critica della dolce vita.
Un romanzo del 1893,
a 34 anni, pubblicato a Copenhagen, tre anni dopo “Fame”, che aveva consacrato
Hamsun autore di successo. Un romanzo della borghesia intellettuale, in una “città
di mare” non nominata, ma Kristiania-Oslo per vari riferimenti. In linea con
quanto si produceva a Parigi nel cosiddetto Fine Secolo, contemporaneo de “Il
piacere” di D’Annunzio, della sua “Trilogia della rosa”. Ma su tono ironico, seppure
accennato, critico. Un romanzo “costruito”, che mima la superficialità e
vuotaggine del mondo che racconta. Quindi noioso, come di proposito, non il solito Hamsun che trascina,
seppure col minimalismo.
Knut Hamsun, La
nuova terra, GM libri, pp. 317 € 18
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