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sabato 10 febbraio 2024

Secondi pensieri - 535

zeulig


Alternativo – Detto di informazione, cultura, storia, memoria, è equivalente di passeggero, transeunte. Una “antitesi” che coopera a irrobustire (ridefinire, accrescere, migliorare) la tesi – l’ordinamento, il maincurrent, “il pensiero”. È un movimento di scarto, anche quando si vuole rivoluzionario.
La persistenza è più forte dell’innovazione, per quanto radicale, sia essa il diluvio, o la scomparsa dei dinosaur, o Heidegger. Un movimento anche di progresso (miglioramento, affinamento), alternativo solo in quanto aggiuntivo. Una innovazione-contestazione destinata a “normalizzarsi”, a diventare established.
Ha avuto senso proprio – movimento di lungo periodo, caratterizzante – sotto le forme della “cultura alternativa” e dell’“informazione alternativa”, nel momento storico detto del Sessantotto, che per molti aspetti è stato un mutamento caratterizzante, epocale (una larga ondata democratiscistica: giovanilismo, femminismo, infomalità – nell’abbigliamento, il gusto, l’agire, i rapporti). Vive poco nella scansione ripetitiva – come è l’uso in America, dove un movimento alternativo esclusivo e irrevocabile s’impone ogni poco tempo, è il metronomo dell’opinione pubblica, che si vuole oscillante. Della stessa consistenza delle campagne pubblicitarie, per definizione deperibili (legate a una merce, a un prodotto). In tempi recenti i movimenti #metoo e #blacklivesmatter, con cerimoniali annessi (“danni” milionari, ginocchia piegate, mani sul petto), la cancel culture, la critical theory, l’ideologia woke.  
 
Anima – “La tradizione classica distingue tra cervello e mente, ora domina la visione fiscalista che riduce tutto a neuroni e sinapsi, considera il cervello un computer straordinario. E l’io, la coscienza, la libertà, l’estetica, la volontà, l’anima?” – Gianfranco Ravasi, cardinale.
 
Destra-sinistraSi sono formati una successione di governi in Italia tra sinistre e destre: Monti, Conte, Draghi. Anche (Draghi) tra estreme sinistre (Leu) e destre (Lega, Forza Italia). Le caratterizzazioni restano storiche, non programmatiche (programmi, impegni, azioni).
In Francia si è passati, con la stessa maggioranza parlamentare, da governi a guise socialista a governi a guida di destra.
In regime costituzionale stabile e garantito, le differenziazioni non sono più di valori, uguaglianza contro interesse, ma solo politiche – tattiche: adeguate alle situazioni contingent, guerre, migrazioni, investimenti\disinvestimenti, fiscalità, servizi pubblici.
 
 
Neofascismo La raccolta “Scritti corsari” assemblata da Garzanti dopo la morte di Pasolini comprende anche il testo inedito contro Carlo Casalegno, odiato più del “miserabile fascista di dieci anni fa” - uno sconosciuto che Pasolini ricorda di avere inseguito per un buon quarto d’ora attraverso tutta San Lorenzo tanto il suo sdegno era inesausto. A Casalegno Pasolini imputa, per un articolo sulla “Stampa” contro di lui e Moravia, “la mania che ha preso gli italiani di darsi continuamente dei fascisti tra di loro”. Mania che però egli stesso aveva avviato qualche mese prima sul “Corriere della sera”, con “Il fascismo degli antifascisti”. Con leggerezza, certo, alla Pannella, alla Ottone, i vaffanculisti dell’epoca, certo tirati ai quattro pizzi, sobri, inappuntabili. Molto borghesi.
 
Molto si parla di fascismo in un mondo che ne è lontano, del tutto. Senza leggi speciali e senza squadre punitive, semmai, allora, un “fascismo” organato sulla comprensione e sull’inclusione. Fascismo sta in questo caso per tutto ciò che si detesta, senza un significato specifico
Di Eco fa ancora testo l’urfascismo, ma non è più del “fascismo eterno” di Croce quando si ricredette su Mussolini – ma allora critico del fascismo come del marxismo, e del sindacalismo soreliano, che dice e spiega antimoderni, sopravvivenze ottocentesche e positiviste, con tendenza al reazionsario – all’ordine esclusivo. 
 
Molto linguaggio va visto nella tradizione italiana. Del post-Risorgimento dei “primati”, cioè, pur nella retorica del piccolo e del posto al sole, della potenza.. O anche odierno, quotidiano: “Mar Rosso, l’Italia si schiera”, dice il giornale per dire che una nave italiana, piccola, vi si indirizza. Un linguaggio che si vuole imperiale, ma da mosca cocchiera. E non “patriottica”, giacchè si riferisce a una realtà sottostante che invece è e si vorrebbe tranquilla, marginale anche, specie nelle Grandi Questioni. Nel vasto mondo, come già nell’Europa franco-tedesca – accettato come tale.
Un linguaggio di potenza che convive con (si nutre di) l’esatto opposto, dell’Italia povera e proletaria, di cui tutti abusano. Un misto di vittimismo e vanagloria, dal parmigiano alla pizza e alla “dieta mediterranea”.
Il made in Italy, l’orgoglio, la bandiera, la preminenza, non è invenzione della destra. La dottrina dei primati è tanto becera quanto insidiosa. Ma non facilmente imputabile – in Italia nasce col Risorgimento (ma era lo spirito del tempo). E non trascurabile, nemmeno agevolmente individuabile, prima che imputabile, tanto è incarnata.
 
Verità – “Si possono accertare i falsi ma non si può accertare la verità: la verità è evidente” - Gerardo D’Ambrosio, Sostituto Procuratore a Milano, 1969.
 
Woke – Il “risveglio” è già passato di moda, come la Critical Theory, e la Cancel Culture. Una moda, dunque. Ma con danni considerevoli. Sulla polarizzazione della società americana, e per conseguenza “occidentale” (europea), divisiva in termini politici. E per l’effetto boomerang inevitabile.
“Il Sole 24 Ore”, giornale degli affari, ne può fare un bilancio positivo in termini aziendali: quelle che si sono posizionate woke (green, rosa, #blacklivesmatter) ne beneficiano. La civiltà dei diritti, allora, finisce per accrescere il gerarchismo, nemmeno dissimulato, e le disuguaglianze. Niente di diverso dall’ormai cinquantennale neo-capitalismo, il capitale dal volto buono, anzi del “bello-e-buono” autoproclamato, su pochi e agevoli presupposti: più merci, più consumi, più felicità. Mentre le disuguaglianze crescono a vista d’occhio, tra i felici forse più numerosi ma sempre più ricchi, e masse sempre sterminate sempre meno felici – senza più prospettiva o quasi. Una deriva in affari visibile, quasi prensile. Esempi minimi: le retribuzonini mostruose che i manager si attribuiscono, i decili più ricco e meno ricco della statistiche americane del reddito, i tassi di povertà al raddoppio ogni venti anni.
Woke è una strategia, una delle tante, per migliorare la  redditività se non la produttività, a vantaggio degli azionisti, del capitale. Potendosi disinteressare, grazie al distintivo  woke, di altri stakeholder, quali i lavoratori, il reddito dei lavoratori-consumatori, l’impatto della produzione (p.es. quella automobilistica, sia pure elettrica) nel territorio, nella comunità, nella società, nell’ambiente. Un affinamento del neocapitalismo, seduttivo invece che corrosivo,  ma sempre acquisitivo. Con buona coscienza (innovazione, transizione green, risparmio del territorio, salute, quote rosa).


zeulig@antiit.eu

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