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sabato 10 febbraio 2024

Dell’infanzia amorevole, e felice

In una con “Il Fantasma”, racconto ancora più profuso, dove Amore e Morte dialogano e duellano tra marce nuziali, tazze di porcellana e servi astuti, il racconto del “Monaciello”, lo spirito impertinente di ogni buona casa napoletana, cattivo ma buono. La nonna vecchissima nella lontana Libia ne rivive la memoria col nipotino, come di un’epoca fatata da bambina nell’isola felice della sua lunga vita quale fu la casa paterna a Napoli, sul mare, di Santa Lucia. Il racconto delle prime inquietudini d’amore, che redime passo passo, con l’innocenza e la devozione, l’impulso anarchico, e distruttivo, dello spiritello (prigioniero) di casa.
Due delle prime prove di Anna Maria Ortese, dopo “Angelici dolori”, con cui nel 1937 aveva debuttato, poco più che ventenne e autodidatta, patrocinata da Bontempelli. Nel 1940, ospite a Venezia di Paola Masino, compagna di Bontempelli, scrive e pubblica i due racconti, “Il Monaciello” su “Ateneo Veneto” nel 1940, “Il fantasma” su”Nove Maggio” l’anno successivo.
Due divagazioni, in puro stile da fiaba romantica, un po’ gotica, alla E.T.A. Hoffmann, che forse la allontanano dai lutti drammatici che la inseguivano, in una vita da sradicata, ogni pochi mesi una città e un mondo diversi. La seconda, affastellata, è irrisolta: Ariel, il Grande Amore,  si rivela il mondo  e i Parenti - la famiglia - battono la Morte, ma è il Fantasma il potere salvifico della musica? Di una scrittura però sempre viva in ogni virgola, come fosse un dono del cielo.
Notevole che la bellezza eterea del “Fantasma”, che “non avrà avuto più di quindici anni”, fosse divinata nel 1941, su una rivista del Guf, come “una vergine ebrea, tale era la bianca e soave bellezza di quel volto”.
Anna Maria Ortese, Il Monaciello di Napoli, Adelphi, 119 € 12

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